Nella sala del trono di Palazzo Doria Pamphili in due ore di dibattito, quasi un seminario di teologia, il nome di Jorge Mario Bergoglio non viene mai evocato. Viene citato Giovanni Paolo II, Giovanni XXIII, Benedetto XVI, addirittura Pio IX, e un pure una colonna del laicismo come Norberto Bobbio, ma Papa Francesco mai. Sarà un caso?
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Siamo alla presentazione dell’ultimo libro di Marcello Pera, filosofo ed ex presidente del Senato in quota berlusconiana, organizzata dalla Fondazione De Gasperi. Che per l’occasione ha radunato intorno al tavolo Giuliano Ferrara, l’ex presidente della Cei Camillo Ruini, il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gerhard Muller, mentre a moderare c’è l’ex rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi.
Diritti umani e cristianesimo, è il volume in questione, in cui Pera analizza il rapporto che c’è tra, appunto, i diritti dell’uomo e doveri verso Dio. Più avanzano i primi e più recedono i secondi, è la tesi dell’ex presidente del Senato. Una Chiesa che fa troppe concessioni ai diritti umani è una Chiesa debole, che abdica alle sue funzioni, dunque. Come non intravedere in questa osservazione una critica nemmeno troppo velata al magistero di Bergoglio? “Siamo di fronte a una fortissima crisi spirituale e morale in Europa e in Italia, assistiamo a una deriva molto pericolosa. In nome di una pretesa di diritti umani si stanno scardinando i principi del cristianesimo”, osserva Pera. Che cita, a scanso di equivoci, il diritto al matrimonio gay (“che chiameranno come gli pare ma sempre quello è”), il diritto all’eutanasia e anche il diritto alla vita a tutti i costi (“con la forzatura della legge 40”).
“I diritti dell’uomo devono discendere dai doveri verso Dio”, spiega Pera, “perché se il dovere di non uccidere contempla il diritto a non essere ucciso, il dovere della carità non contempla automaticamente il diritto alla carità da parte di chi ha bisogno”. Nell’antico e nel nuovo Testamento, ricorda il filosofo, “la parola diritti non viene mai menzionata, mentre ora sembra che la Chiesa non debba far altro che riconosce diritti. E ogni concessione se ne porta dietro un’altra”. Insomma, Pera sembra evocare il ritorno a una visione tradizionale del magistero, tutto il contrario della strada innovativa che sembra intrapresa da Bergoglio.
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La platea (dove s’intravedono Gianni Letta, Lamberto e Donatella Dini, Francesco D’Onofrio, Andrea Pastore, Franco Marini) segue con attenzione. Ma mentre il cardinale Muller preferisce non entrare nel vivo della polemica limitandosi a condannare tutti coloro che “si appellano a un Dio per giustificare la violazione dei diritti umani”, con riferimento allo Stato islamico, Camillo Ruini mette in guardia dalla “rottura del vaso di pandora dei diritti che si sa da dove parte ma non si sa dove si arriva”. “La Chiesa odierna fa troppe concessioni perdendo di vista i valori universali e questo è sbagliato”, aggiunge Ruini, che condanna l’arretramento anche di fronte “ai diritti stabiliti dalla magistratura accompagnati da una forte pressione della stampa”. Ruini su questo fronte sembra però più moderato di Pera, ammettendo che comunque “alcuni diritti irrinunciabili dell’uomo si ritrovano anche nella parola di Dio”.
“Oggi la Chiesa si piega ai diritti generati dallo Stato e dalla Corte Costituzionale. Ma anche Norberto Bobbio era contrario all’aborto!”, afferma l’ex senatore. Si cita il discorso di Ratzinger a Ratisbona e pure quello davanti al Bundestag. E anche l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII. Neanche una parola, come abbiamo detto, su Bergoglio. Su di lui Ruini in questi ultimi due anni non si è mai espresso ufficialmente, ma basta ascoltare le sue parole per intendere la profonda distanza tra lui e l’attuale Papa. Mentre Pera tanto era in sintonia con Ratzinger tanto è distante culturalmente e teologicamente da Papa Francesco. E questo, nella sala del trono di Palazzo Doria Pamphili, si è capito benissimo.