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Siria, la Russia sta davvero combattendo l’Isis?

La Russia è davvero in Siria per colpire lo Stato Islamico o, come evidenziano sempre più osservatori, sta utilizzando lo spettro del Califfato per colpire ciò che rimane dei gruppi ribelli ostili al dittatore (e suo alleato) Bashar al-Assad?

LA MAPPA DEI RAID

Una mappa dell’Institute for the study of war mostra come i raid russi iniziati ieri dopo il via libera della Duma, il parlamento russo, si siano concentrati su zone non controllate dai drappi neri, in particolare su tre province: Homs, Hama e Latakia.

Russian Airstrikes 30 SEPT 2015-1

GLI OBIETTIVI

Nel dettaglio – si vede dal grafico – i caccia russi hanno condotto venti attacchi aerei sulle città di Rastan e Talbisah a nord di Homs, in mano ai ribelli; su quelle di Al Latamneh e Kafr Zeita a nella provincia di Hama; mentre nella campagna nord occidentale della provincia di Latakia, le forze aeree di Mosca hanno rafforzato gli attacchi di quelle di Damasco.

IL NODO ASSAD

L’intervento, in fondo, è partito su richiesta diretta del presidente Assad, circostanza che fa ritenere alla Russia di essere l’unico Paese che agisce nel Paese su base legittima, “nel rispetto del diritto internazionale”. E, per Lara Jakesdeputy managing editor of news per il magazine americano Foreign Policy, già corrispondente dell’agenzia Associated Press, questo sostegno russo al dittatore rappresenta ancora un punto di distanza tra la Casa Bianca e il Cremlino, che dopo i colloqui e i battibecchi dei giorni passati, non sembrano ancora aver trovato un accordo sul destino di Damasco e su un’attività comune di contrasto ai drappi neri che infestano la Siria e non solo. Secondo l’esperta un accordo tra le due potenze sarebbe possibile (e per certi versi auspicabile), a patto che la Russia smetta di dichiarare irremovibile, anche pubblicamente, il proprio appoggio ad Assad, come confermerebbero appunto i raid.

QUELLO CHE NON TORNA

Il ministero della Difesa di Mosca respinge le accuse e sostiene che gli attacchi aerei mirati hanno colpito otto posizioni dello Stato Islamico. Anche se nei fatti quella russa, – ha spiegato sulla Stampa Maurizio Molinari – è stata un’offensiva “tesa a colpire i gruppi ribelli che più insidiano le ultime roccaforti di Assad: Ahrar al-Sham, Esercito della Conquista e Jabhat Al-Nusra”. Apparentemente è solo un caso che quest’ultima sia la filiale siriana di al-Qaeda; e ad ogni modo gli sforzi riposti nell’attaccare i nemici di Assad sembrano di molto superiori a quelli dedicati a colpire i tagliagole di Abu Bakr al-Baghdadi.

I COLLOQUI PROSEGUONO

La situazione evolve rapidamente. Il Pentagono ha comunicato che i colloqui militari tra gli Stati Uniti e la Russia per evitare incidenti durante le loro operazioni in Siria stanno per cominciare. Una videoconferenza è in programma alle 17, ora italiana, e vi parteciperà anche Elissa Slotkin, uno dei maggiori funzionari del dipartimento della Difesa, che si occupa di sicurezza internazionale. Ma il clima non sarà dei più sereni.

LO SCAMBIO DI ACCUSE

Da un lato Vladimir Putin ha definito “un attacco informativo” le notizie di vittime tra i civili causate dagli aerei russi: “ci siamo abituati”, ha detto.
Dall’altro oggi il senatore statunitense John McCain, che guida la Commissione Servizi armati, ha rimarcato le ambiguità russe confermando le indiscrezioni pubblicate da alcuni media Usa – Wall Street Journal su tutti – secondo cui i raid russi in Siria “hanno colpito dei ribelli addestrati dalla Cia”.

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