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Sinodo, ecco perché Marx ha rampognato Pell

Il briefing dell’ora di pranzo, ieri in Sala stampa vaticana, è stato dominato come come previsione dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga nonché presidente della potente conferenza episcopale tedesca, schierata in prima linea nel sostenere al Sinodo le tesi novatrici in fatto di pastorale familiare. Talmente imponente la presenza di Marx che padre Lombardi, alla fine, si è quasi scusato con gli altri due ospiti convenuti, il cardinale uruguagio Sturla e l’arcivescovo irlandese Martin, per il poco spazio che avevano avuto a disposizione.

LA RELAZIONE VOTATA ALL’UNANIMITA’

Marx ha spiegato la linea del suo episcopato, quindi nel presentare per  sommi capi la relazione del circolo minore Germanicus – a detta degli osservatori il più completo anche da un punto di vista teologico – ha precisato che il documento è stato votato all’unanimità, ossia con il voto favorevole sia del cardinale Kasper, massimo teorico della “svolta”, sia del cardinale Müller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede e trai massimi esponenti del fronte opposto. Una sottolineatura non casuale, quella di Marx, dovuta anche alla puntualizzazione con cui si apre il testo del circolo minore: “Abbiamo percepito con grande turbamento e tristezza le dichiarazioni pubbliche di alcuni padri sinodali su persone, contenuto e svolgimento del Sinodo”.

L’INTERVISTA DI PELL AL FIGARO

La “tristezza” e il “turbamento” erano dovuti all’intervista concessa dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, al quotidiano francese Figaro. In quell’articolo, il cardinale australiano riduceva la battaglia sinodale a una “battaglia” tutta interna alla chiesa tedesca, tra “kasperiani e ratzingeriani”. Marx era sbigottito, arrivando a sostenere che “non c’è nessuna battaglia” e che “Ratzinger non è contro Kasper”. Venivano quindi biasimati i toni usati da Pell nell’intervista. Il porporato già arcivescovo di Sydney è da giorni al centro del mirino (mediatico soprattutto) per la vicenda della lettera che alcuni cardinali hanno consegnato al Papa lamentando gravi problemi inerenti la nuova metodologia decisa per i lavori sinodali e, soprattutto, per la composizione della commissione incaricata di stendere la relazione finale, a loro dire sbilanciata a favore dei novatori. Pell, uno tra i pochi a confermare di aver firmato la lettera, è stato presentato anche dal cardinale americano Timothy Dolan come colui che ha proposto la stesura della lettera. Da qui, diversi media lo hanno additato come una sorta di “cospiratore”, tesi risolutamente smentita pubblicamente da un altro firmatario, il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier.

LA “BATTAGLIA” DURA DA DECENNI

Ma che il tema sia la lotta tutta tedesca tra “ratzingeriani” e “kasperiani”, non è cosa nuova. La battaglia va avanti da due decenni almeno, fin da quando Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, rispedì al mittente la proposta con cui tre vescovi tedeschi (Kasper, Lehmann e Saier) chiedevano di riaccostare all’eucaristia i divorziati risposati. Sul tema della “battaglia” nella chiesa di Germania ne ha scritto qualche giorno fa anche Giuliano Ferrara, sul Foglio, scrivendo:“E’ interessante che [Pell] abbia chiamato in causa Ratzinger, un Pontefice emerito che ha rinunciato alla funzione ma non al munus petrino, e che infatti, pur nel ritiro conventuale, veste di bianco. Ed è interessante che abbia alluso come a una stagione da chiudere alla antica disputa teologica, particolarmente acuta sui poteri che un Papa ha diritto o no di decentrare alle conferenze episcopali nazionali, tra due teologi tedeschi del rango che sappiamo. Anche un altro collaboratore del Papa gesuita, il cardinale Maradiaga, aveva fatto allusione alla teologia tedesca”.

LA “CHIAMATA IN CAUSA” DI RATZINGER

“Parlava – dice sempre Ferrara – non di Ratzinger, ma del formidabile cardinale Müller (…). Avvenne circa un anno, un anno e mezzo fa, quando i portavoce del bergoglismo più spinto, prendendo spunto da una frase di un’omelia pontificale in Santa Marta, avevano irriso gli “specialisti del Logos”. Maradiaga fu anche lui irridente, e apertis verbis parlò del Grande Inquisitore come del titolare di una particolare pesanteur, una incapacità di capire quanto possa essere gaudiosa e leggera la pastorale, a paragone con la teologia, specie se questa sia nelle mani, appunto, di un “teologo tedesco”. A noi, allora, capitò di rilevare che era un modo, e non un modo come un altro, di chiamare in causa Benedetto XVI, specialista del Logos”.



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