Ancora problemi per Bernardino León, accusato di aver favorito una delle parti coinvolte nel complesso scenario libico, Tobruk in questo caso. Nonostante le smentite del diplomatico, il nuovo polverone produrrà effetti. Il più immediato riguarda proprio l’emissario Onu, che dovrà accelerare, malgrado le attese, il passaggio di consegne al tedesco Martin Kobler.
COSA È SUCCESSO
Ieri, racconta la stampa internazionale, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha annunciato per i “prossimi giorni” un cambio alla guida della missione. Si tratta, di fatto, di un repentino cambiamento di posizione da parte del Palazzo di Vetro, che solo sabato scorso aveva ribadito “piena fiducia” in León, attirando per questo le critiche del parlamento di Tripoli, secondo cui la permanenza del diplomatico spagnolo a capo di Unsmil rischiava di “mandare in frantumi quel che resta del dialogo politico”. Una delle ragioni di questa ostilità l’ha spiegata il Guardian, che ha pubblicato una serie di mail dell’inviato dell’Onu. Secondo quanto scrive il quotidiano britannico, ancora impegnato nel suo ruolo di mediatore, León si sarebbe accordato per un compenso di circa 50mila euro al mese (1140 dollari al giorno) per volare ad Abu Dhabi a guidare l’Accademia diplomatica degli Emirati arabi uniti, uno dei Paesi accusati di sostenere nelle retrovie uno dei protagonisti del conflitto civile che l’inviato, per conto dell’Onu, doveva far terminare. Gli Emirati, infatti, sono considerati spalleggiatori del governo di Tobruk e del suo capo di Stato maggiore, il generale Khalifa Haftar (che di recente ha polemizzato anche con León), tanto da essere sospettato di aver bombardato, al fianco dell’Egitto, le milizie di Alba libica che controllano Tripoli.
LA MAIL INCRIMINATA
Il Guardian riporta una missiva partita il 31 dicembre 2014, 5 mesi dopo aver avuto l’incarico Onu, in cui León scriveva dal suo indirizzo elettronico personale al ministro degli Esteri emiratino, Abullah bin Zayed. “Non intendo lavorare ad un piano politico che includa tutti”, scrisse, dicendo anche di sapere come “delegittimare completamente” l’assise di Tripoli, il General National Congress. Nella stessa conversazione, l’emissario conferma: “Tutte le mie mosse e proposte sono state confrontate con (ed in molti casi messe a punte dal) Parlamento di Tobruk e Aref Nayed (ambasciatore libico negli Emirati) e Mahmud Jibril (l’ex premier libico ora residente negli Emirati)”.
IL COMMENTO DI TOALDO
“Non è solo il nuovo lavoro di Leon ad inquietare”, commenta a Formiche.net Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra, “ma, qualora fossero autentiche, soprattutto il contenuto delle mail pubblicate” dal giornale britannico. Nelle missive, “Leon promette ad un certo punto di separare i ricchi mercanti di Misurata dagli islamisti, ed infatti è quello che è successo con il suo processo. Promette di non includere tutti, ed anche questo è successo. E alla fine di tutto questo prende un lavoro ben pagato dagli stessi a cui ha fatto quelle promesse. Mi riesce difficile pensare che il suo successore (Martin Kobler, ndr) avrà una qualsiasi credibilità con i libici. Temo che se avremo ancora un qualche processo di pace sarà gestito totalmente dai libici”.
LA DIFESA DEL DIPLOMATICO
Il diplomatico spagnolo ha respinto le critiche, spiegando al Guardian che “il testo non significa nulla” e di averne scritti “altri simili alle altri parti”, poiché il suo obiettivo “era conquistare la fiducia” di tutte le parti in causa. Il quotidiano britannico afferma però di aver sentito León lunedì. Quest’ultimo ha dapprima negato che l’accordo con gli emiratini fosse già preso. Ieri, però, ha reso noto l’incarico ad Abu Dhabi, in un think tank “fondato solo lo scorso anno con l’intento di promuovere la politica estera degli Emirati e addestrare il proprio corpo diplomatico”.
GLI ALTRI TRAVAGLI
Non è il primo caso in cui l’emissario dell’Onu è in difficoltà dall’inizio del suo incarico, chiuso formalmente oggi riferendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nei mesi, le sue proposte per un governo di accordo nazionale, dato spesso per certo ma ancora lontano, sono state ripetutamente rispedite al mittente, tanto da spingere alcuni osservatori e politici, anche in tempi non sospetti, a chiederne le dimissioni. Persino dai prudenti diplomatici di stanza in Vaticano, come l’ambasciatore di Libia presso la Santa Sede, Mustafa Rugibani, candidato a primo ministro alle prossime elezioni in Libia, era giunto l’appello a darsi maggiormente da fare per arginare la crescita nel Paese dei jihadisti dell’Isis, soprattutto in due città come Sirte e Derna. Le ragioni della débacle a cui s’è assistito finora sono molteplici e dietro tutte ci sarebbe proprio l’azione scomposta delle Nazioni Unite. Per Carlo Panella, firma del Foglio e di Libero, autore del “Libro nero del califfato” (Bur editore) e sin dal principio critico del diplomatico, il “primo punto agli atti è che la missione di mediazione Onu, gestita, malamente come al solito, dallo spagnolo Bernardino León non solo sta fallendo, ma ha involontariamente favorito l’impianto e l’esplosione delle forze del Califfato”. Non solo. Secondo Panella, le Nazioni Unite, in Libia, non hanno “valutato correttamente neanche il peso determinante – in negativo – degli interventi militari diretti e indiretti” delle potenze regionali che si contendono il futuro del Paese. E della loro capacità di orientare, da qualsiasi punto la si guardi, i destini dell’ex regno di Muammar Gheddafi. Un’accusa che oggi sembra prendere la forma delle mail pubblicate dal Guardian.