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Chi battezza (e chi no) la Sinistra italiana

Il nome potrebbe essere Sinistra italiana. Ma ancora non è ufficiale perché non piace a tutti. Si vorrebbe trovare qualcosa di più smart, più moderno. La prima pietra sarà posta questa mattina, al Teatro Quirino a Roma, dove andrà in scena il primo appuntamento del nuovo partito di sinistra che nasce con la fusione di Sel con i fuoriusciti del Pd. Gli ultimi tre – Carlo Galli, Enzo Folino e Alfredo D’Attorre – hanno annunciato l’addio ufficiale al partito di Matteo Renzi giovedì, con una conferenza stampa a Montecitorio. L’idea germoglia da mesi. E unisce due debolezze. Quella di Sinistra, ecologia e libertà che, dopo anni, sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva. Una forza che non è riuscita a diventare la vera alternativa a sinistra del Pd. E che paga una leadership un po’ logora, quella di Nichi Vendola, sempre più defilato dalla scena politica nazionale. Dall’altra c’è l’esigenza di trovare una casa politica ai transfughi del partito renziano. “Inizieremo costituendo un gruppo unitario alla Camera, poi a gennaio ci sarà il battesimo della nuova formazione, che farà il suo esordio alle amministrative, dove presenteremo i nostri candidati”, spiega D’Attorre, uno dei registi dell’operazione, insieme a Stefano Fassina e a Nicola Fratoianni di Sel.

Alla conferenza stampa alla Camera si vede addirittura l’ex no global Luca Casarini, che fa parte da tempo dell’assemblea nazionale del partito vendoliano, mentre il grande assente è Pippo Civati. Il quale non si è ancora ripreso dalla delusione di non essere riuscito a portare a casa i referendum anti-Renzi. Un fallimento che Pippo ha imputato anche alla scarsa collaborazione delle altre forze di sinistra. Come Sel, appunto. Con cui i rapporti sono tesi. E forse è per questo che Civati si tiene fuori dall’iniziativa. “I nostri percorsi ora sono divisi, ma sono certo che più avanti s’incroceranno”, prevede D’Attorre. “Civati non c’è perché voleva fare il leader”, sussurra una vocina maliziosa all’interno del partito vendoliano. Insomma, la “podemos italiana” va per conto suo.

La scommessa è ora vedere se la nuova “cosa rossa” (“ma non chiamatela così”, avverte l’ex piddino Galli) riuscirà dove non è riuscita né la Sinistra Arcobaleno nel 2008 e nemmeno l’Altra Europa con Tsipras alle ultime Europee. Ovvero arrivare almeno al 10 per cento dei consensi. “Se c’è uno spazio politico che si sta allargando sempre più”, osservano in Sel, “è proprio quello a sinistra del Pd. E più il governo mette in campo politiche di centrodestra sostenute in Parlamento anche dai voti di Verdini, più quello spazio si amplia. Noi siamo qui per riempirlo”. Altrimenti se lo prende tutto Beppe Grillo, verrebbe da aggiungere. Inoltre, secondo D’Attorre, la slavina dei fuoriusciti dem diventerà una valanga. Perché un conto “è uscire senza avere alcuna prospettiva politica, altro è sapere che fuori dal Pd ce n’è un altro pronto ad accogliere e a rimettere le istanze sociali e il lavoro al centro della scena”. Insomma, nella “cosa rossa” sono sicuri che altri arriveranno. Corradino Mineo a Palazzo Madama aderirà, ma ne mancano ancora un paio per arrivare al gruppo anche in Senato, dove Sel sta nel misto. Una partita importante, invece, si giocherà a Roma. Ancora non si sa se Ignazio Marino sarà della partita, ma se l’ex sindaco dovesse scendere in campo con una propria lista, il nuovo partito di sinistra potrebbe addirittura sostenerlo nella corsa al Campidoglio.

E Bersani? E D’Alema? E Cuperlo? “No, i big della vecchia ditta resteranno nel Pd, a fare la loro battaglia interna con l’obbiettivo in mettere in campo una candidatura alternativa a Renzi al prossimo congresso, quando e se si farà. Nessuno di loro se la sente di rompere. Anche se ci guardano con un pizzico di invidia. Ma il partito non lo lasceranno mai. Per loro la ditta è tutto…”, racconta un transfuga dem. E Renzi? A quanto si apprende, il premier non ha fatto nulla per trattenere le fughe a sinistra. L’unico, raccontano, per cui il suo cinismo ha ceduto il passo a qualche goccia di dispiacere è stato Pippo Civati, col quale aveva condiviso i primi passi nella battaglia per la rottamazione della vecchia guardia. Ma parliamo ormai di ere geologiche fa. Per gli altri, Renzi non ha fatto una piega, anzi. “Prego si accomodino, tanto non vanno da nessuna parte. Non c’è spazio politico alla sinistra del Pd”, va ripetendo a ogni occasione. Starà ai protagonisti della futura “cosa rossa” tentare di smentirlo.

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