Skip to main content

Chi era Abu Nabil al Anbari, il capo di Isis in Libia ucciso dagli Usa

Venerdì sera, mentre le telecamere inquadravano la mattanza di Parigi, due F15 americani sono partiti da una base nel Regno Unito per colpire il capo dello Stato islamico di Derna, in Libia. Quello contro Abu Nabil al Anbari, questo è il suo nome è stato descritto da alcuni osservatori come l’inizio delle operazioni militari per contenere l’avanzata libica del “Califfato”.

IL BOIA DEGLI EGIZIANI

Il Pentagono dice che ha “concrete ragioni di credere” che al Anbari sia l’uomo che si mostrava, incappucciato, nel video propagandistico con cui lo Stato islamico ha praticamente annunciato il suo “interessamento” libico, con un’esecuzione avvenuta nella spiaggia davanti ad un resort turistico di Sirte. Era il 14 febbraio del 2014. Furono uccisi, decapitati, 21 prigionieri copti egiziani: la vicenda suscitò lo sdegno del Cairo che due giorni dopo operò sulla Libia alcuni attacchi aerei, in partnership con gli Emirati Arabi; e a sostegno del governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale (l’altro è quello di Tripoli).

CHI ERA AL ANBARI

Il vero nome di al Anbari è Wisam al Zubaidi, ed era uno dei leader principali del più forte hotspot Isis fuori da Siria e Iraq. Abu Nibal era iracheno, è stato comandante di polizia sotto Saddam Hussein. Ai tempi dell’invasione americana fu catturato e tenuto prigioniero a Camp Cropper, vicino Bassora. Abu Bakr al Baghdadi è stato un suo compagno di carcere. Uscito dalla galera, ha guidato le attività di al Qaeda in Anbar, tra Falluja e Ramadi, da qui il suo nome de guerre. Poi è diventato emiro, vale a dire comandante dello Stato islamico, nella provincia di Salaheddin, nell’Iraq centrale.

Abu Nabil è stato segnalato la prima volta nel luglio scorso, quando le forze irachene hanno ucciso il capo militare dello Stato islamico e hanno preso il suo computer. Sembra sia stato mandato in Libia, via mare, direttamente dal “califfo” a settembre 2014: fa parte di quella catena di comando creata in Libia per permettere la diffusione del gruppo nel caos della guerra civile locale, una leadership formata da quelli che sembrano essere messi fidati di Baghdadi, i quali dovevano occuparsi del proselitismo e di “costruire” la struttura che avrebbe sorretto la wilayah locale.

DERNA

Derna, città legata ad istanze islamiste, è stato il luogo di attecchimento iniziale. Da lì poi gli uomini del “califfo” hanno cercato l’espansione verso Sirte. A Derna è finita anche l’avventura di al Anbari, colpito dal missile americano di venerdì. Quando a giugno un gruppo islamista radicale poco meno del “Califfato”, ma contrario all’Isis su alcune posizioni dottrinali e amministrative, è riuscito a scacciare i baghdadisti dalla città costiera libica, erano girate informazioni su un’esecuzione pubblica dello stesso al Anbari (si dice sia stato esposto al pubblico ludibrio, costretto a girare nudo per le vie di Derna, prima della forca). Evidentemente, stando a quanto riportato da Washington sull’airstrike di venerdì, quelle notizie non erano vere.

IL TERZO FRONTE

L’attacco aereo contro al Anbari potrebbe segnare l’apertura di un terzo fronte operativo contro lo Stato islamico; un teatro in cui all’Italia potrebbe essere chiesto un impegno più attivo. Ad agosto, alcuni giornali (tra cui il Foglio) avevano scritto che se l’allora inviato Onu nel Paese Bernardino Léon non fosse riuscito a trovare una mediazione negoziale tra Tripoli e Tobruk per arrivare ad una soluzione politica della crisi libica, la Coalizione a guida Usa già impegnata in Siria e in Iraq avrebbe iniziato una campagna di bombardamenti mirati contro gli obiettivi sensibili dello Stato islamico anche in Libia.

L’ultimo attacco aereo americano in Libia risale al giugno 2014, quando fu bombardato un edificio che ospitava una riunione di alti dirigenti di al Qaeda da tutto il Nord Africa a Ajdabiya, nei pressi della città orientale di Bengasi.

VIOLATO ANCORA IL NETWORK DELLA SEGRETEZZA

Colpire al Anbari significa anche che il network della segretezza che avvolge i personaggi più noti dello Stato islamico, comincia ad avere delle falle: pochi giorni fa è stato centrato da un missile Hellfire al centro di Raqqa Jihadi John, il volto mediatico del “Califfato“, l’uomo dei video di esecuzioni degli occidentali che hanno fatto balzare alle cronache i drappi neri dell’Isis; a questo si aggiunge che le intelligence americana e inglese si sono dette certe di aver intercettato delle conversazioni tra membri della provincia del Sinai dello Stato islamico che confermavano che l’abbattimento dell’Airbus russo della Metrojet fosse opera loro.



×

Iscriviti alla newsletter