Per Rcs, il gruppo editoriale del Corriere della sera, si è aperta una fase cruciale con le banche finanziatrici. Tutto ruota intorno agli impegni che Rcs, ora guidata dall’amministratore delegato Laura Cioli (che ha da poco sostituito Pietro Scott Jovane), avrebbe dovuto rispettare entro la fine di settembre. In caso di mancato rispetto di questi impegni e delle condizioni legate ai prestiti (in gergo finanziario covenant), la società avrebbe dovuto “chiamare” la seconda parte dell’aumento di capitale già deliberato dal consiglio di amministrazione nel 2013.
GLI IMPEGNI NON RISPETTATI
E questo è proprio quello che è accaduto. Partiamo dai parametri di bilancio che non sono stati rispettati e che hanno determinato lo stato di impasse finanziaria in cui Rcs ora si trova. Innanzi tutto, al 30 settembre scorso, non risultava rispettato l’impegno di un rapporto massimo pari a 4,5 volte tra la posizione finanziaria netta e il margine operativo lordo (ebitda). In secondo luogo, i proventi entrati nelle casse della società editoriale con le cessioni di attività non più rientranti nel business principale (“no core”) sono stati pari a 191 milioni, inferiori ai 250 milioni fissati negli impegni presi con le banche. Inoltre, guardando ai covenant finanziari in senso stretto, non è stato rispettato quello che impone una posizione finanziaria netta negativa per una cifra inferiore o uguale a 440 milioni. E l’indebitamento finanziario, al 30 settembre scorso, si attestava a 500 milioni tondi tondi: dunque, anche questo parametro risultava sforato.
L’IMPORTANZA DELLA CESSIONE DEI LIBRI
E ora che si fa? Il mancato rispetto degli impegni fa scattare la seconda parte dell’aumento di capitale già deliberato dal consiglio di amministrazione nel 2013 (la ricapitalizzazione complessiva ammontava a 600 milioni). Si tratta, in particolare, di 190 milioni di risorse da trovare tra i soci azionisti, tra cui peraltro figurano anche alcune delle banche finanziatrici. Ma quella dell’aumento di capitale è un’ipotesi che Rcs al momento sembra volere scongiurare. Ecco perché, una volta non rispettati gli impegni presi, la società si è subito attivata con gli istituti di credito per chiedere loro che tenessero conto della cessione, recentemente annunciata, al gruppo Mondadori di Rcs Libri. Basti pensare che l’incasso dell’operazione, atteso nei primi mesi del 2016, innalzerebbe a 319 milioni, quindi sopra la soglia di 250, i proventi complessivi dalle cessioni di attività non rientranti nel business principale. Inoltre, grazie alla vendita, l’indebitamento finanziario netto sarebbe ricondotto entro i limiti di 440 milioni.
LA DIALETTICA CON LE BANCHE
Insomma, Rcs ha chiesto alle banche di ignorare il mancato rispetto degli impegni, tenendo conto già oggi di una vendita i cui proventi arriveranno nelle casse della società solo nel 2016. Il gruppo editoriale, già nei primi giorni di ottobre, vedendo come stavano andando le cose, aveva domandato agli istituti di credito un cosiddetto “waiver”, che i finanziatori cioè rinunciassero a fare valere i propri diritti derivanti dagli impegni presi. Ma le banche hanno risposto “no, grazie”, sicché all’inizio di novembre Rcs ha avanzato nuove richieste ai finanziatori, e in particolare quella di “astenersi sino al 30 aprile 2016 dall’esercitare i diritti e le facoltà spettanti in conseguenza del mancato rispetto degli impegni”.
Le banche, questa volta, si sono dette disponibili a concedere una tregua sul debito, quel che in gergo finanziario si chiama “stand still”, fino alla fine di aprile del 2016, ma ad alcune condizioni. Tra queste, che la società convochi entro il 20 dicembre un’assemblea degli azionisti per estendere a un periodo successivo al 30 giugno 2016 la delega sulla seconda parte di aumento da 190 milioni. Le banche, inoltre, hanno chiesto di potere visionare già entro la fine di novembre il nuovo piano industriale e finanziario predisposto dall’ad Cioli (dovrebbe trattarsi di un aggiornamento del piano già messo a punto da Jovane). Questo spiega perché sul Sole 24 ore del 14 novembre si leggeva: “I soci Rcs sono chiamati in assemblea il prossimo 16 dicembre per decidere se rinnovare la delega per un ulteriore aumento di capitale fino a 200 milioni, eseguibile entro il 30 giugno 2017. Contemporaneamente il nuovo ad e direttore generale, Laura Cioli, appena insediatasi, ha promesso la presentazione di un nuovo piano industriale entro il 22 dicembre”.
FINANZIATORI E AZIONISTI
Quali sono le banche dalle cui decisioni dipendono le sorti di Rcs? Sono quelle che nel giugno del 2013, nell’ambito di una complessa riorganizzazione passata anche per un aumento di capitale, avevano concesso alla società un finanziamento di importo massimo di 600 milioni: alla guida c’è Imi (gruppo Intesa), ma sono della partita anche Ubi, Bpm, Bnp Paribas, Mediobanca e Unicredit. Intesa e Mediobanca, peraltro, figurano tra i grandi azionisti della società editoriale, con quote rispettivamente pari al 4,18 e al 9,93%, che si affiancano a quelle del gruppo Agnelli (16,73%), di Diego Della Valle (7,33%) e di Urbano Cairo (4,62 per cento).