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Tutte le accuse del Vaticano a Chaouqui, Maio e Vallejo Balda

Francesca Immacolata Chaouqui

Il cosiddetto Vatileaks 2 è esploso solo qualche settimana fa e la magistratura vaticana ha già deciso di mandare a processo cinque persone accusate di essere responsabili della fuga di notizie riservate. Udienza fissata per il 24 novembre alle ore 10.30.

I NOMI

Si tratta di mons. Lucio Vallejo Balda (che è ancora detenuto nelle galere d’Oltretevere), la giovane pierre Francesca Immacolata Chaouqui, i due giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, autori di due diversi libri scritti attingendo a piene mani nei documenti vaticani, e Nicola Maio, già collaboratore della commissione per la riforma delle finanze della Santa Sede di cui Vallejo Balda era il segretario.

LE ACCUSE

Per il monsignore, Chaouqui e Maio, le accuse sono pesanti. I tre sono stati citati a giudizio “perché all’interno della Prefettura per gli affari economici e di Cosea si associavano tra loro formando un sodalizio criminale organizzato, dotato di una sua composizione e struttura autonoma, i cui promotori sono da individuarsi in Angel Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, allo scopo di commettere più delitti di divulgazione di notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato”. In concorso tra loro, si legge ancora nel comunicato diffuso dalla Sala stampa, “Vallejo Balda nella qualità di segretario generale della Prefettura per gli affari economici, Chaouqui quale membro della Cosea, Maio quale collaboratore di Vallejo Balda per le questioni riguardanti la Cosea, Fittipaldi e Nuzzi quali giornalisti, si sono illegittimamente procurati e successivamente hanno rivelato notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato”.

LA NOTA DEL VATICANO

In particolare, prosegue la nota, “Vallejo Balda, Chaoqui e Maio si procuravano tali notizie e documenti nell’ambito dei loro rispettivi incarichi nella Prefettura per gli affari economici e nella Cosea; mentre Fittipaldi e Nuzzi sollecitavano ed esercitavano pressioni, soprattutto su Vallejo Balda, per ottenere documenti e notizie riservati, che poi in parte hanno utilizzato per la redazione di due libri usciti in Italia nel novembre 2015”. Nel decreto di rinvio a giudizio si avverte che “Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, non comparendo, saranno giudicati in contumacia”. Per proporre le prove a difesa ci sarà tempo fino al 28 novembre.

NUZZI E FITTIPALDI “INCREDULI”

Fittipaldi si è subito detto “basito” per il rinvio a giudizio, argomentando che “non è un processo contro di me ma contro la libertà di informazione. In tutto il mondo i giornalisti hanno il dovere di pubblicare notizie e segreti che il potere, qualunque esso sia, vuole tenere nascosti all’opinione pubblica. Mi si accusa addirittura di aver minacciato per avere notizie: è falso e ridicolo. Sono pronto a querelare per calunnia, ora non vorrei che si mettesse in moto una macchina del fango per delegittimare le mie inchieste. Forse sono ingenuo, ma credevo indagassero su chi ha commesso gli illeciti che ho denunciato, non su chi li ha svelati”. Più spavaldo Nuzzi, che su Facebook scrive: “Possono fare quel che vogliono, ma finché ci sarà il mondo ci saranno giornalisti a dare notizie scomode”.

“SODALIZIO CRIMINALE ORGANIZZATO”

E’ interessante leggere integralmente la relazione del Promotore di giustizia della Città del Vaticano con cui si chiede il processo per i cinque coinvolti nella Vatileaks 2. Si parla esplicitamente di “sodalizio criminale organizzato” tra Vallejo Balda e Chaouqui che aveva in Maio “l’esecutore”. La “squadra” avrebbe lavorato dal marzo del 2013 (quindi agli albori del Pontificato) fino a qualche settimana fa. A scandalo non ancora scoppiato, Balda era già stato interrogato dalla Gendarmeria lo scorso 9 ottobre. In quella sede, si legge nella Relazione, il cellulare del monsignore e il suo computer avevano rivelato una fitta corrispondenza con Nuzzi. La cosa più grave, però, è l’aver consegnato al giornalista “via WhatsApp” – scrive Corrado Zunino su Repubblica – una lettera indirizzata al Papa sub secreto pontificio e poi un documento di cinque pagine della Cosea contenente ben 87 password che consentivano di navigare tra i materiali della commissione.

L’OBIETTIVO DI MONS.BALDA ERA IL CARDINALE PELL

Zunino, dalla lettura del documento ufficiale, aggiunge che il vero obiettivo di Balda era George Pell, accusato “di voler decidere in solitudine e, nella sostanza, di non voler riformare nulla”. Un punto oscuro nella dichiarazioni del monsignore è quello riferito ai suoi rapporti con l’altra parte del “sodalizio criminale”, la Chaouqui: “Mi sentivo compromesso per situazioni personali”, ha detto, riferendosi alle pressioni e alle “minacce” che gli sarebbero state fatte sia dalla pierre sia dai due giornalisti.

“MINACCE E PRESSIONI” DENUNCIATE DAL MONSIGNORE

Chaouqui è stata interrogata quattro volte e alla fine – si legge nelle cronache odierne – ha ammesso di aver passato a Nuzzi un documento in cui si attestava l’intenzione del Vaticano di aprire un fondo sovrano in Lussemburgo per attività finanziarie dello Ior, operazione in realtà mai realizzata. Da quanto emerge dall’atto di citazione in giudizio, comunque, si evince “la forte influenza” esercitata dalla donna su Balda: tre testimonianze concordano nel ricordare che i due “si chiudevano ore nelle stanze del monsignore” e che la Chaouqui “gli propose di trascrivere su carta intestata dello Ior il testo di una lettera retrodatandola al 30 settembre 2014: Monte dei Paschi di Siena aveva aperto quattro conti all’istituto vaticano e, per cautelare la banca da indagini della magistratura italiana, si era reso necessario trasferire quei fondi all’Apsa”.


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