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Vi racconto i metodi della disinformazione targata Putin. Parla Kevin Klose

Vista da Washington, una delle battaglie più difficili da vincere nelle ormai quotidiane tensioni tra Russia e Occidente è quella contro una minaccia insidiosa e subdola, che potrebbe minare sul lungo periodo la tenuta degli equilibri politici europei e la sicurezza del Vecchio continente: la disinformazione messa in atto dalla Russia.

In che cosa consiste e come funziona il controllo dei media da parte del Cremlino? Come ha inciso sulla crisi ucraina e nella lotta allo Stato Islamico? Quali sono i suoi obiettivi? E quali le conseguenze per i Paesi occidentali?

Sono alcuni degli aspetti analizzati da Kevin Klose, giornalista e scrittore, per 25 anni al Washington Post, per il quale è stato anche a capo dell’ufficio di Mosca.

Cosa le fa pensare che il Cremlino stia facendo disinformazione?

Vladimir Putin ha detto chiaramente, in più di un’occasione, quanto sia in disaccordo con il modo di governare delle democrazie liberali dell’Occidente. E come la storia sia dalla parte del modello di Mosca, basato su un’autorità centralizzata molto forte. La descrizione del mondo data in questo momento dalla Russia è quella di una vittima che ha tutto il mondo contro di sé. Ma le cose non stanno così.

Cosa si intende per disinformazione?

Intendo che c’è un controllo molto accurato e sofisticato dei media russi da parte del governo, che li finanzia. Un esempio è Sputnik, il sito con cui il Cremlino diffonde capillarmente e in più lingue le proprie idee, ma anche canali tv che arrivano ogni giorno nelle case di mezzo mondo, come RT, Russia Today. Questo fa sì che spesso quello che viene raccontato da questi mezzi sia inusuale e scorretto. Prendiamo il caso ucraino.

Che cosa è accaduto a Kiev?

I media russi raccontano che siano nati prima i disordini in Ucraina e che poi Mosca sia intervenuta per difendere la popolazione annettendo la Crimea. Si tratta di un modo per giustificare le proprie azioni, per far finta che non ci sia una guerra provocata da un’azione commessa con la forza. In realtà è accaduto esattamente il contrario. Prima ha preso la Crimea e poi ha alimentato i disordini nell’Est. Questo è solo un piccolo esempio di come funzionino diversamente i nostri e i loro media.

Di recente la Turchia, un membro Nato, ha dato una versione differente da quella russa sull’aereo abbattuto al confine siriano. Così come Mosca dice di contrastare l’Isis, mentre gli Stati Uniti sostengono che lavori per rafforzare Bashar al-Assad. Sono altri casi di disinformazione?

È uno scenario davvero confuso. La Russia ha sicuramente relazioni più forti con Assad in Siria. Per loro è molto importante. Devo dire che è difficile conoscere di preciso ciò che accade in quel teatro ora. Ma se dovessi basarmi sui precedenti storici, sarei davvero scettico sulla vera ragione per cui Mosca è lì in questo momento. Cerco di essere realista. Forse la stessa idea su cosa sia l’Isis è diversa per l’Occidente e per la Russia.

Quali sono le differenze più evidenti tra l’informazione occidentale e quella russa?

Se un media è controllato dal governo non potrà mai essere trasparente e indipendente. Ciò fa sì che sia una differenza abissale con i media occidentali. L’informazione deve essere a servizio della gente, non di chi detiene il potere, altrimenti viene meno la sua funzione primaria.

Su cosa punta al momento la narrativa di Mosca?

I russi puntano molto sul fatto che ci sia disaccordo tra Paesi alleati in Occidente, per diverse ragioni. La prima è che diventa difficile formulare una proposta unitaria nei negoziati. La seconda è per dimostrare alla loro stessa popolazione che le nazioni occidentali sono incapaci di agire, confuse.

Pensa che il differente approccio adottato da Usa ed Europa sulla crisi ucraina dipenda solo dalla disinformazione o anche da interessi diversi tra le sponde dell’Atlantico dal punto di vista economico?

Questa differenze percezione è data da diverse cose. C’è sicuramente un interesse nazionale immediato, da parte dei singoli Paesi europei, nel tenere buone relazioni con la Russia, anche se i cittadini russi sono privati delle loro libertà personali. Siete una società capitalista, cercate mercati, siete la terza economia del mondo. Poi siete più vicini geograficamente alla Russia rispetto agli Stati Uniti. E, in più, c’è una lunga storia di legami culturali sin da quando gli Usa non esistevano nemmeno. Lo capisco. Ma la sfida posta in Ucraina è anche una sfida all’Europa, perché riesca a restare unita e a non dividersi.

Pensa che l’Italia, in questo momento, sia più orientata all’unità o a muoversi per conto suo? E quanto crede che Roma sia influenzata dalla disinformazione di cui parla?

Non posso parlare per i cittadini italiani, ma penso che l’Italia sia particolarmente vicina a Mosca, per via di legami storici e anche perché la Russia è interessata ad avere con Roma una collaborazione diversa da quella che ha con altre capitali europee.

Pensa che ciò potrebbe diventare un problema per le relazioni transatlantiche?

Potrebbe, perché guardando avanti ci si troverà di fronte alla decisione di rinnovare le sanzioni, che stanno avendo un effetto sull’economia russa. Putin vorrà dimostrare al proprio Paese che è ancora forte. La speranza, guardando all’Italia ma non solo, è che nel lungo periodo prevalga un atteggiamento solidale con le persone di ogni parte del mondo che stanno lottando per avere governi con libere elezioni non controllate dal partito dominante, per la libertà di parola. La solidarietà verso questi valori è fondamentale, perché è nell’interesse della nostra sicurezza nazionale avere intorno a noi governi e Paesi che tutelino le libertà individuali. Dobbiamo tenere questa posizione, è importante non solo per gli altri, ma anche per noi.

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