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Banca Marche, Etruria, Chieti e Ferrara. Ecco i diktat di Bruxelles

Di sicuro c’è che Etruria, Carichieti, Carife e Banca delle Marche sono salve, anche se tra le polemiche visto che azionisti e obbligazionisti subordinati hanno perso l’investimento. Di meno certo c’è la vendita delle attività ripulite dalle sofferenze, i cui proventi andranno a rimborsare in parte le banche che hanno partecipato al salvataggio, coordinate dal Fondo di risoluzione della Banca d’Italia su imput del governo. Quale sarà la cifra che verrà spuntata? Chi comprerà gli istituti? Impossibile saperlo oggi. Tutti dubbi da sciogliere. Nell’attesa, rimettiamo le lancette indietro e proviamo a sciogliere i dubbi che hanno accompagnato in questi giorni il salvataggio delle quattro banche. Ma soprattutto le ombre sulla bocciatura (ufficiosa, e non è un dettaglio) dell’intervento del Fitd da parte dell’Ue.

DUE PROGETTI, UN DUBBIO

Tutto parte da questa semplice domanda. Perché l’Ue avrebbe respinto il progetto del Fitd e dato invece disco verde a quello del Fondo di risoluzione quando tutti e due i piani di salvataggio prevedevano l’esborso di soldi privati ma pur sempre sotto una regia pubblica, ovvero Bankitalia? Della serie, il progetto de Fondo interbancario prevedeva finanziamenti destinati alla ricapitalizzazione da parte dei 208 istituti aderenti. Così come nel caso del Fondo di risoluzione, dove saranno 600 banche a metterci i quattrini, non un soldo dei contribuenti, sembra. E allora perchè il Fitd si è beccato l’accusa di aiuto di Stato?

PERCHE’ L’UE HA DETTO NO AL FITD

Formiche.net ha consultato ambienti vicini allaBanca d’Italia. E svelato l’arcano. Il punto è questo. Per stessa ammissione di Via Nazionale, i due interventi sono nella sostanza identici: soldi privati in mano pubblica. Solo che, mentre il piano del Fondo di risoluzione prevedeva lo scorporo delle attività cattive da quelle sane (quattro good bank e una bad bank), conformandosi alla nuova disciplina europea per le crisi bancarie (Brrd) che prevede tale meccanismo, il piano del Fitd prevedeva la “semplice” ricapitalizzazione degli istituti, senza lo scarico delle perdite e delle sofferenze dai bilanci. Un piano, rimarcano ambienti di Palazzo Koch, “fuori” dal perimetro delle regole europee. Il discorso dell’aiuto di Stato quindi, c’entra poco o nulla con il niet al piano del Fitd. Che sarebbe potuto passare solo in caso di applicazione diretta e immediata del bail-in, vale a dire il coinvolgimento nel salvataggio dei correntisti e obbligazionisti più danarosi. Ma il governo ha fatto prima.

BOCCIATURA POCO UFFICIALE (E MOLTO UFFICIOSA)

Risolto il primo giallo, ne salta fuori un altro. E cioè, dove sta la comunicazione che ufficialmente respinge il salvataggio targato Fitd? Al momento, non c’è. Fonti della commissione Ue consultate da Formiche.net parlano di decisione ufficiosa, molto ufficiosa, ma senza documenti. La commissione, mentre il governo approvava il decreto salva-banche, domenica 22 novembre, si affrettava a comunicare in una nota il suo appoggio al meccanismo messo a punto da Palazzo Chigi e Bankitalia.

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