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Regionali Francia, il Front National ha vinto (non ha stravinto)

Alle elezioni regionali francesi ha vinto la “estrema” destra? Non sembra proprio. Intanto il 50% degli aventi diritto non ha votato e il partito dei non votanti continua ad essere largamente maggioritario. È il partito del qualunquismo, dell’egoismo, dello scetticismo, della protesta e non dell’assenza.

Si è trattato di elezioni regionali (oltretutto in regioni ridotte da 22 a 13, con forti dissensi “campanilistici”), con scarsi effetti “amministrativi”. Le regioni amministrano sostanzialmente i licei e le scuole superiori, la formazione professionale, i trasporti locali e hanno un ridotto budget per incentivi ad imprese locali. Ma queste elezioni hanno avuto una grande importanza per testare l’umore della gente, in una situazione particolarmente complessa per la Francia, come quella attuale. Risultato di questo test?

I francesi non credono più nelle loro attuali forze politiche convenzionali, “destra” e “sinistra” (assieme non sono arrivate al 25% degli aventi diritto al voto).

Premiano, come partito, il Front National (FN) che fu partito nostalgico della Francia coloniale e che ora è forza politica di nuova protesta popolare (42% degli operai, 39% dei giovani tra i 18 e i 35 anni ed è arrivato in testa nel 53,5% dei comuni dove si è votato). È un partito nazionalista (la mondializzazione deve essere negoziata), con frontiere in un’Europa delle Nazioni (tanto cara a Charles De Gaulle). È un partito oggi seguito dai ceti produttivi (operai, piccoli imprenditori, artigiani e commercianti) e dai giovani, che rifiutano in gran parte le ideologie del passato e soprattutto l’establishment destra–sinistra, ai loro occhi ingessato, noioso, annacquato, insignificante e poco francese.

Il vecchio establishment sta ora seriamente pensando di interrompere il rito della vetusta dialettica destra-sinistra, per proporsi unito (Socialisti-Repubblicani) al ballottaggio finale di queste regionali, al grido di “tutti insieme contro l’estrema destra”. In effetti il sistema elettorale francese per le regionali premia la lista del vincitore con un 25% dei seggi in più, lasciando alla suddivisione proporzionale tutti gli altri seggi per i partiti, che abbiano superato il 10% dei voti al primo turno (cioè quasi nessuno; forse, in una regione, solo i Verdi). Già nelle due regioni dove il FN ha superato il 40% dei voti, il segretario socialista ha proposto di ritirare il proprio candidato per battere con un “fronte repubblicano” il FN. Questa scelta non piace a molti socialisti e a molti repubblicani, che non vogliono rinunciare ai loro seggi nei parlamenti regionali; ma neanche alla loro voce in quelle assemblee (già ha cominciato il candidato socialista in Alsazia-Lorena, che ha detto che non si ritirerà al secondo turno ).

In effetti oltre a perdere i seggi, gli eventuali rinunciatari perderebbero anche la faccia, avendo spesso lottato per una vita intera contro un avversario, con cui dovrebbero ora fare l’accordo. Non è da sottovalutare la posizione dei centristi (Udi e Modem), schierati nel primo turno con i Repubblicani di Nicolas Sarkozy e ora pronti all’accordo con i socialisti per battere il FN, nella difficile difesa delle postazioni in prima linea , contro la discesa dei “barbari”, chiamati “estrema destra”.

La Francia deve ricostruirsi: ecco il messaggio che si è profilato in questo test elettorale. Ha problemi economici e sociali gravissimi; ha problemi di identità nazionale, mai secondari in queste terre antiche; ha problemi di sicurezza, che esplodono quasi quotidianamente, al di là delle stragi degli ultimi tempi.

È un grande Paese che comincia a detestare la piccola politica, quella dei François Hollande e dei Nicolas Sarkozy. Stanno cercando idee nuove e coraggio (non a caso Hollande è stato apprezzato quando è uscito dal guscio delle frasi fatte in occasione dell’attentato del 13 novembre). Non ne possono più di un establishment multiculturale, multietnico, “euro-dipendente”, poco “francese”, ma soprattutto conservatore nei fatti; la Francia d’en bas dei più, si sta rivoltando contro la Francia d’en haut, degli aristocratici dello Stato e della politica.

Il FN, con Marine Le Pen e i suoi cari, forse non sarà la soluzione, ma sta cominciando ad essere utilizzato come un taxi verso la soluzione. L’avvio di un cambio di rotta politica è stato dato, forte e chiaro: chi ama e rispetta questo Paese deve rendersene conto.


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