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Banca Etruria, Maria Elena Boschi e un articoletto della discordia

Le facilonerie sono sempre da evitare. Così come i tartufismi di chi, sulle prime pagine di taluni quotidiani, ha invitato urbi et orbi ad abbassare i toni dopo il suicidio di Luigino D’Angelo. Abbassare i toni? La categoria giornalistica non ha alzato i toni, anzi: ha smussato, sopito, se non proprio dormito, su questi temi.

Ciò detto, il decreto del governo per la risoluzione (o salvataggio) delle 4 banche (Etruria, Marche, Cari Chieti e Cari Ferrara) forse non aveva reali alternative, come ha scritto qui Formiche.net, per evitare il disastro, ossia la liquidazione con effetti devastanti anche per i creditori. Davvero il governo e il Tesoro avevano la forza di non rispettare i diktat di Bruxelles e di Berlino che ha vietato l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi? E’ lecito dubitare.

Così come sono insopportabilmente giustizialistiche – come ha scritto su Formiche.net il giornalista Giancarlo Loquenzi – le tonitruanti richieste di dimissioni del ministro Maria Elena Boschi, figlia di Pier Luigi Boschi, per otto mesi vicepresidente di Banca Etruria, chieste dallo scrittore Roberto Saviano per un molto presunto conflitto di interessi.

Invece di stracciarsi le vesti per le accuse di Saviano, il governo potrebbe pensare ad altro. Ad esempio a rivedere un articoletto di legge che affida in sostanza solo alla Banca d’Italia il benestare per avviare l’azione di responsabilità contro gli amministratori delle banche andate praticamente a scatafascio.

Gli esperti hanno notato infatti che nella Legge di stabilità in esame alla Camera manca la previsione di meccanismi che consentano effettivamente a soci e creditori – dicono le associazioni dei consumatori – l’esercizio dell’azione di responsabilità. Infatti ci si riferisce solo al decreto legislativo 180 del 16 novembre 2015. Un decreto che costituisce la “cornice normativa” in cui si inserisce il cosiddetto decreto Salva banche approvato il 22 novembre dal governo. All’articolo 35 del decreto dello scorso novembre è scritto: “L’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e di quella dei creditori sociali contro i membri degli organi amministrativi e di controllo e il direttore generale, dell’azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, nonché dell’azione del creditore sociale contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento spetta ai commissari speciali sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d’Italia. In mancanza di loro nomina, l’esercizio dell’azione spetta al soggetto a tal fine disegnato dalla Banca d’Italia”.

In questo modo si impedisce ai consumatori di poter agire giudizialmente in sede civile contro gli ex vertici degli istituti di credito. C’è invece chi sostiene che da punto di vista penale gli ex dirigenti delle 4 banche, tra cui il padre della ministro Boschi, sono perseguibili penalmente.

Ecco, forse il governo può pensare di modificare questa norma. Parliamo di questo, invece di accapigliarsi sulle tesi di Roberto Saviano, noto artista del copia-e-incolla.

LO SPECIALE DI FORMICHE.NET SULLE BANCHE SALVATE: FATTI, COMMENTI, INTERVISTE E ANALISI

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