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La guerra energetica fra Italia e Germania all’ombra della Russia

Ci sarebbe il gas, e in particolare il raddoppio della pipeline North Stream, alla base della posizione italiana di aprire un dibattito politico sulle sanzioni alla Russia e fermarne il rinnovo automatico di sei mesi.

L’IRA DI RENZI

Giovedì, durante il Consiglio europeo in programma a Bruxelles – spiega il Financial Times – il premier Matteo Renzi solleverà il problema. L’Italia, evidenzia il quotidiano britannico, è irritata per la condotta dei vertici dell’Unione che da un lato hanno deciso di abbandonare South Stream, un altro progetto di gasdotto che avrebbe collegato la Russia all’Europa e del quale Eni era uno dei maggiori investitori; dall’altro concedono il potenziamento di un altra infrastruttura energetica – North Stream, appunto – sostenuta dalla Germania. A questo proposito, il giornale finanziario cita fonti anonime dell’esecutivo italiano, che evidenziano l’incoerenza del nuovo gasdotto con le misure Ue contro l’attivismo di Vladimir Putin in Ucraina. “Facciamo i rigorosi sulle misure economiche” (e sulla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento del Vecchio Continente, dicono diversi osservatori), e “al tempo stesso alcuni Paesi, o società possono raddoppiare la portata di North Stream”.

IL DOPPIOGIOCHISMO DI BERLINO

Il riferimento è proprio a Berlino. Secondo Ft, scrivono Alberto D’Argenio e Luca Pagni su Repubblica, Renzi proverebbe disappunto per il “doppiogiochismo” di Angela Merkel che “è dura sulle sanzioni” ma “fa affari con Mosca dimostrando di anteporre i propri interessi economici alla diplomazia collettiva. In effetti il premier in privato non lesina le critiche alla Cancelliera, usando anche espressioni piuttosto esplicite, e da tempo ha in animo di complicarle i giochi in Europa se non altro per contrastare l’impostazione economica basata sul rigorismo” (per questo, aggiungono, “non è nemmeno un caso che l’Italia, la scorsa settimana, abbia bloccato la decisione sulle sanzioni alla vigilia dell’avvio della procedura contro Roma sulla registrazione dei migranti e nel mezzo dello scontro con Bruxelles sulle banche”.

LA STRATEGIA DI PALAZZO CHIGI

Una sorta di conferma che la posizione italiana sulle sanzioni non sia stata ispirata da valutazioni della Farnesina, come alcune analisi della stampa avevano ipotizzato, ma piuttosto dalla voglia di Palazzo Chigi di far valere in Europa il consenso maturato dai democratici alle ultime elezioni comunitarie e, di riflesso, l’interesse italiano. “D’altra parte – rileva sul tema il quotidiano del gruppo l’Espresso – il Renzi che si schiera contro gli automatismi della politica Ue indirettamente critica anche Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione con il quale ha ormai confronti tesi basati sul rapporto di forza del Pd che a Strasburgo è determinante nella grande coalizione che garantisce la fiducia al lussemburghese”.

LE AZIENDE NEL PROGETTO

La società che cura l’esercizio del gasdotto è North Stream AG (già North European Gas Pipeline Company). Ha sede a Zurigo ed è costituita da Gazprom (Russia, 51%), Ruhrgas (Germania, 15,5%), Wintershall (Germania, 15,5%), N.V. Nederlandse Gasunie (Paesi Bassi, 9%) e Gaz de France-Suez (Francia, 9%). Anche l’Italia è presente nel progetto tramite Saipem, che ha posato i tubi in mare, Snamprogetti, responsabile della parte ingegneristica di progettazione, e PetrolValves (di Castellanza), che ha realizzato tutte le valvole necessarie alla sua costruzione.

IL PROBLEMA (VISTO DA SNAM)

Il nodo, però, non è solo politico, ma anche energetico e industriale, come ha rimarcato a Repubblica l’ad di Snam Carlo Malacarne. “C’è un problema di uniformità. Con la Germania e le aziende del consorzio North Stream che da un lato fanno accordi con Gazprom per portare il gas in Europa, ma dall’altra rendono necessario lo sviluppo delle infrastrutture per portare quel gas nel resto d’Europa. Peccato che il costo degli investimenti necessari, siano suddivisi tra tutti i paesi membri. L’Europa dovrebbe salvaguardare anche il corridoio a sud. Perché non c’è solo il gas russo che avrebbe dovuto arrivare con il South Stream o quello azero in arrivo con Tap. C’è anche quello in arrivo dalla Turchia e dai giacimenti al largo di Israele”.

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