Skip to main content

Basta frottole, in Spagna non ha vinto l’anti politica

Ma quale anti politica; a differenza da quel che scrive la Repubblica, il voto spagnolo è più politico che mai, del resto lo è stato anche quello francese o quello polacco. In Spagna hanno preso un fracco di consensi due partiti nuovi nati in aperto contrasto con i due vecchi e per contestare idee e modi della politica condotta dagli elefanti: i socialisti da una parte e, dall’altra, gli ex franchisti riciclati da Manuel Fraga Iribarne. Ciò vuol dire antipolitica? No, anche in Spagna abbiamo assistito a un fenomeno che attraverso l’intera Europa: la crisi delle famiglie politiche finora dominanti, quelle che a Bruxelles si riconoscono nei socialisti o nei popolari, e la ricerca di uno spazio nuovo, a sinistra con Podemos (che viene dopo Syriza), al centro con Ciudadanos, a destra con il ridimensionamento di Mariano Rajoy.

In Spagna non sono emersi partiti neofascisti (come Alba Dorata in Grecia) o xenofobi come in Olanda, Danimarca, Svezia, Ungheria, né la destra ufficiale si è spinta più a destra come in Polonia, tuttavia anche il mondo dei conservatori rassicuranti che aveva dominato la scena dopo la fine della guerra fredda è attraversato da una crisi d’identità rappresentata in modo efficace dai successi di Marine Le Pen (non a caso vuole cambiare nome al Front National scrollandosi di dosso la polvere del papà ex paracadutista in Algeria e ammiratore di Giorgio Almirante).

Restando a Madrid, le nuove Cortes ci mettono di fronte a uno spettro politico che ha molto da dire anche all’Italia. A sinistra si conferma chiaramente che esiste un bacino elettorale di attacco al sistema (con metodi democratici) il quale mette insieme spezzoni del vecchio gauchisme e giovani delusi del moderatismo socialista. E’ un’area politica ben presente in Italia anche se qui non ha trovato né un leader né un veicolo e si disperde fino a permeare il Movimento cinque stelle. La sinistra Pd (come del resto della del Psoe) vorrebbe recuperarla riverniciando di rosso la sua retorica politica, ma incontra un limite: più va a sinistra meno possibilità ha di andare al governo e di governare (la parabola di Syriza costretta dalla forza delle cose a gettare l’austerità più o meno temperata, ne è l’ultima dimostrazione).

Con Ciudadanos, ha trovato una sede in cui esprimersi anche quel centro liberal-democratico che non si riconosce nei due grandi partiti. In Italia non è stato ancora possibile, però lo sfaldamento di Forza Italia potrebbe favorirlo. Il risultato in termini di voti non è esaltante, ma si candida ad essere l’arbitro di qualsiasi governo. Vedremo nei prossimi giorni. Al di là delle alchimie madrilene, è interessante che la Spagna confermi questa trasformazione dello spettro politico europeo, dentro il quale ci sono fenomeni nuovi, dal nazional-populismo dei “patrioti” lepenisti o dei “veri finlandesi” alla cattura di un consenso traversale, confuso ideologicamente, ma gonfio di protesta come ha fatto in Italia Beppe Grillo.

Quel che accade in Europa dovrebbe mettere a tacere la querula polemica che circonda Matteo Renzi. Il figlio di Berlusconi, il traditore della eredità post comunista, il traghettatore verso un confuso centrismo che fa perdere il patrimonio della gloriosa sinistra tricolore, il renzismo variante moderna del trasformismo, senza dimenticare le accuse al “dittatorello” con i pantaloni troppo corti. E se invece fosse più semplice (almeno sulla carta)? Renzi ha capito che le vecchie famiglie politiche stanno scoppiando e cerca una soluzione quanto meno a sinistra. Ha portato il Pd nel partito socialista europeo (prima stava un po’ dentro e un po’ fuori) per far capire che lui non rifiuta la paternità, ma sa bene che il patrimonio non basta, bisogna trasformarlo in capitale produttivo. Ciò vuol dire liquidare le ipoteche del passato senza soggezione e abbattere logori tabù. Ci è riuscito? No, non ancora, anche se ne ha fatta di strada. Può darsi che la gestione del governo lo consumi (segnali ce ne sono) e il suo cammino s’interrompa a metà, ma anche la Spagna dimostra che quella è la via e occorre percorrerla fino in fondo.

Stefano Cingolani



×

Iscriviti alla newsletter