E’ stato un discorso diverso, molto più breve rispetto a quello dello scorso anno, quello tenuto dal Papa nella Sala clementina davanti a cardinali e vescovi della curia romana. Non è un discorso qualunque, quello pronunciato in occasione del consueto scambio di auguri natalizi: è una sorta di “stato dell’unione” in versione meno solenne.
(ECCO I CARDINALI CHE HANNO FATTO GLI AUGURI AL PAPA. LE FOTO)
LE MALATTIE CHE “HANNO CAUSATO NON POCO DOLORE”
Francesco è tornato sull’elenco delle quindici malattie curiali che avevano fatto sobbalzare più d’una porpora, sottolineando come alcune di queste “si sono manifestate nel corso di quest’anno, causando non poco dolore a tutto il corpo e ferendo tante anime”. Il Papa ha comunque chiarito che questo “è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper riformanda”. Ma il nucleo del discorso è stato il catalogo “non esaustivo” di “virtù necessarie” per chi presta servizio in curia. L’obiettivo – ha sottolineato il Pontefice – “è quello di tornare all’essenziale”, concetto questo ribadito più volte.
“CHI RINUNCIA ALLA PROPRIA UMANITA’ RINUNCIA A TUTTO”
Il Papa ha aperto il catalogo parlando di missionarie e pastoralità, ricordando che quest’ultima è “una virtù indispensabile specialmente per ogni sacerdote”. Ha proseguito poi menzionando la idoneità e la sagacia. Idoneità che “richiede lo sforzo personale di acquistare i requisiti necessari e richiesti per esercitare al meglio i propri compiti e attività, con l’intelletto e l’intuizione. Essa è contro le raccomandazioni e le tangenti”. La spiritualità, invece, è “la colonna portante di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana. Essa è ciò che alimenta tutto il nostro operato, lo sorregge e lo protegge dalla fragilità umana e dalle tentazioni quotidiane. L’umanità è ciò che incarna la veridicità della nostra fede. Chi rinuncia alla propria umanità rinuncia a tutto”.
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“AGIRE CON VOLONTA’ RISOLUTA”
Francesco ha quindi segnalato l’esemplarità e la fedeltà. Esemplarità “per evitare gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza. Fedeltà alla nostra consacrazione, alla nostra vocazione, ricordando sempre le parole di Cristo”. Ma il Papa ha anche citato la razionalità, che serve per evitare gli eccessi emotivi e l’amabilità “per evitare gli eccessi della burocrazia e delle programmazioni e pianificazioni”. L’innocuità “ci rende cauti nel giudizio, capaci di astenersi da azioni impulsive e affrettate”, mentre la determinazione “è l’agire con volontà risoluta, con visione chiara e con obbedienza a Dio, e solo per la legge suprema della salus animarum”.
“LA CARITA’ SENZA VERITA’ DIVENTA IDEOLOGIA DEL BUONISMO DISTRUTTIVO”
Le due virtù principali, però, sono la carità e la verità; virtù “indissolubili dell’esistenza cristiana”, al punto che “la carità senza verità diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa ‘giudizarismo’ cieco”. Impossibile, poi, non dire qualche parola sull’onestà, che “è la rettitudine, la coerenza e l’agire con sincerità assoluta con noi stessi e con Dio. Chi è onesto – ha detto Bergoglio – non agisce rettamente soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui”. Maturità, invece, “è la ricerca di raggiungere l’armonia tra le nostre capacità fisiche, psichiche e spirituali”.
UMILTA’ E DOVIZIOSITA’
Altre virtù “necessarie” menzionate dal vescovo di Roma sono state il rispetto e l’umiltà, che “è la virtù dei santi e delle persone piene di Dio, che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e di non poter fare nulla senza la grazia di Dio”. Quindi ha proseguito con la doviziosità e l’attenzione. Doviziosità che il Papa ha spiegato ricordando che “più abbiamo fiducia in Dio e nella sua provvidenza più siamo doviziosi di anima e più siamo aperti nel dare, sapendo che più si dà più si riceve”. E’ inutile – ha detto – “aprire tutte le Porte sante di tutte le basiliche del mondo se la porta del nostro cuore è chiusa all’amore, se le nostre mani sono chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare e se le nostre chiese sono chiuse nell’accogliere”.
SERVE “SOBRIETA'”
Il catalogo si chiude con impavidità e prontezza, affidabilità e sobrietà. “Essere impavido significa non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà”; significa “agire con audacia e determinazione e senza tiepidezza; fare il primo passo senza indugiare”. La prontezza, invece, “è il saper agire con libertà e agilità senza attaccarsi alle cose materiali che passano”. Essere pronto – ha chiosato – “vuol dire essere sempre in cammino, senza mai farsi appesantire, accumulando cose inutili e chiudendosi nei propri progetti, e senza farsi dominare dall’ambizione”. Affidabile è “colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova solo; è colui che irradia intorno a sé un senso di tranquillità perché non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata”. La sobrietà, ha aggiunto il Pontefice prima di concludere il discorso con una preghiera attribuita a Oscar Romero, “è uno stile di vita che indica il primato dell’altro come principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli altri. Chi è sobrio è una persona coerente ed essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare e vivere con il senso della misura”.
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