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Consob, tutte le capriole di Vegas sui bond di Banca Marche, Etruria, Cari Chieti e Cari Ferrara

Chi e perché ha cassato gli scenari probabilistici sui rischi dei bond bancari? E perché gli aggiornamenti dei prospetti sugli stessi bond non hanno consentito ai risparmiatori di revocare l’acquisto delle obbligazioni? Sono queste le due principali domande che una larga parte della politica e delle istituzioni si sta ponendo dopo l’azzeramento del valore delle obbligazioni delle 4 banche “risolte” (Banca Marche, Banca Etruria, Cari Chieti e Cari Ferrara), anche sotto l’incalzare delle proteste dei risparmiatori coinvolti. Interrogativi che – in ambienti renziani – inducono a porre in questione l’azione del presidente della Consob, Giuseppe Vegas.

VEGAS SOTTO PRESSIONE

Non sono giorni facili, infatti, per Giuseppe Vegas, da quattro anni alla guida della Consob. In troppi si domandano se la commissione per la vigilanza sui mercati e sulla Borsa abbia davvero fatto tutto, ma proprio tutto, per impedire la vendita di prodotti rischiosi a una clientela digiuna di nozioni di finanza applicata al risparmio. In settimana Vegas è stato ricevuto al Quirinale. Non prima però si essersi tolto qualche sassolino dalla scarpa in un colloquio con il quotidiano Il Messaggero, da cui è trapelato tutto il nervosismo del numero uno Consob. A cominciare dai dubbi sull’affidamento all’Anac di Raffaele Cantone degli arbitrati per il rimborso dei risparmiatori. “Naturalmente noi siamo pronti a collaborare con l’Anac, ma non sarà facile rimuovere le sovrapposizioni che fatalmente si creeranno se la nuova norma non combacerà alla perfezione con le leggi vigenti”, ha detto al vicedirettore del quotidiano romano, Osvaldo de Paolini.

QUESTIONE DI SCENARI

E poi, la questione più complessa, quella del mancato ricorso ai cosiddetti scenari probabilistici, ovvero prospettare al risparmiatore le possibilità che il proprio capitale vada in fumo o invece cresca nei mesi avvenire, anche a fronte di turbolenze finanziarie. Uno strumento prezioso – secondo molti addetti ai lavori – che avrebbe permesso ai clienti di fare sicuramente una scelta più conscia e ragionata prima di sottoscrivere qualsivoglia prodotto. Ma sulla cui applicazione Consob ha però tenuto in questi anni un atteggiamento ondivago, come dimostrato giorni fa da Formiche.netDal 2011 gli scenari probabilistici sono infatti spariti dai radar degli intermediari, che hanno così avuto campo libero nel piazzare i titoli. Perché? Secondo il presidente Consob, la colpa è dell’Ue, che li avrebbe di fatto vietati. “Se qualcuno ha sbagliato pagherà, non sono il primo a dirlo né sarò l’ultimo, purché non ci vengano contestate bufale come gli scenari probabilistici vietati da Bruxelles, sottolineo vietati”, ha detto Vegas al Messaggero.

LA DIRETTIVA 71 DEL 2003

Il fatto è che gli scenari probabilistici sono stati consentiti (seppure mai indicati esattamente in maniera esplicita) dalla stessa Ue in modo abbastanza esplicito da una direttiva europea del 2003, in cui si legge: “E’ opportuno che tali informazioni, che devono essere sufficienti e il più obiettive possibile nel descrivere la situazione finanziaria dell’emittente ed i diritti connessi con gli strumenti finanziari, siano divulgate in una forma facilmente analizzabile e comprensibile“. E ancora: “L’investimento in strumenti finanziari, come qualsiasi altra forma di investimento, comporta dei rischi. Sono quindi necessarie, in tutti gli Stati membri, garanzie a tutela degli interessi degli investitori,  attuali e potenziali per metterli in grado di valutare in modo fondato tali rischi e prendere pertanto le loro decisioni di investimento con piena cognizione di causa“. E pensare che, come prevede la direttiva, all’articolo 13, comma 4, Consob avrebbe il potere di chiedere all’emittente l’integrazione delle informazioni, pena la non approvazione alla domanda di vendere il prodotto al cliente. Gli strumenti c’erano, insomma, bastava applicarli. Ma la Consob, dopo averli introdotti nel 2009 li ha mandati in soffitta nel 2011: “Qualcuno – scrive Andrea Greco del quotidiano la Repubblica – che la lobby bancaria non gradiva clamori sui rischi dei suoi bond, mentre li sfornava a gran ritmo per argine le richieste regolatorie”.

IL CASO PORTOGHESE

Ma c’è un altro interrogativo, che mette in risalto tutte le lacune della vigilanza italiana. Si ritorna all’Europa a due velocità, dove i principi della direttiva del 2003 sono applicati da tempo e anche alla lettera. Ebbene, possibile che la Consob portoghese (Comissào do mercado valores) abbia imposto, per esempio, già con un regolamento datato ottobre 2012, il ricorso agli scenari probabilistici? Eppure stiamo parlando di un Paese finito sull’orlo del default solo un anno prima, con conti sballati e banche fallite. Hanno fatto tesoro dello scampato pericolo? Forse. E perché, se è vero come dice Vegas che l’Ue ha impedito il ricorso agli scenari, non lo ha fatto anche con il Portogallo? C’è poi anche la Francia a dare l’esempio con l’Autorité des Marchés Financiers che con il regolamento 5 del 2011 introduce nell’ambito della vendita di prodotti finanziari, il ricorso agli indicatori di rischio-rendimento sharpe ratio e Var.

LE POLIZZE UNIT LINKED

Tra l’altro – nota un addetto ai lavori – gli scenari probabilistici vigono ancora sulle polizze unit linked, basta vedere il regolamento emittenti Consob aggiornato all’8 gennario 2015. Insomma, rimarca il presidente di un’associazione dei consumatori: “Se gli obbligazionisti Carichieti o Banca Etruria avessero potuto leggere sui prospetti 2013 che c’era rispettivamente, rischio del 50% di perdere un terzo del capitale o rischio del 62% di perdere il 46%, avrebbero rimandato molto probabilmente al mittente quei consigli di investimento”.

GLI AGGIORNAMENTI E LA REVOCA

C’è un’altra questione che sta facendo discutere le associazione degli utenti e pure ambienti di rilievo del Pd renziano. Alcuni bond – almeno 50 milioni emessi da Banca Etruria a fine 2013, quando il dissesto era ormai prossimo – si potevano riavere in toto se, come consente il Testo unico della finanza, la Consob avesse esteso i due giorni (minimo di legge) di tempo lasciati dalla banca ai risparmiatori per la revoca integrale, quando dovette pubblicare un supplemento al prospetto per dire che i rischi erano aumentati”. Scrive Repubblica a proposito della Commissione che vigila sulle società quotate e la Borsa: “Prima ha dato la colpa all’Ue, che nel 2010 avrebbe imposto tempi così stretti per informare gli investitori nelle aggiunte ai prospetti (per gli aretini, tra l’altro, brevi e semifestivi: il 24 e 27 dicembre 2013). Tuttavia il Tuf italiano, al 95-bis comma 2, scrive che quel termine «può essere prorogato. La data ultima entro cui il diritto di revoca è esercitabile è indicata nel supplemento ». E Consob, che ha tra i maggiori poteri quello di congelare l’informativa finché non è ben fatta, poteva far estendere i termini. Invece no, anzi il prospetto dei quattro bond Etruria 2013 da 50 milioni non recava nemmeno la «data ultima» per riavere i soldi”.


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