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La guerra tra Iran e Arabia Saudita sarà un insieme di colpi clandestini

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Nel mese di ottobre del 2013, il titolare del blog Syria Comment, il professore Joshua Landis dell’Univesità dell’Oklahoma e direttore del Center for Middle East Studies, aveva stilato una lista delle cinque personalità più importanti tra le linee della ribellione siriana (escludendo elementi dello Stato islamico e di al Qaeda, e quelli dell’YPG curdo).

  • Hassane Abboud (Ahrar al Sham)
  • Zahran Alloush (Jaysh al Islam)
  • Ahmed Eissa el Sheikh (Suqour al Sham)
  • Abdelqader Saleh (Tawhid Brigade)
  • Bashar al-Zoubi (Yarmouk Brigade)

Gli unici due rimasti in vita, ora sono finiti ad occupare ruoli secondari e con loro le fazioni che guidavano. Ahmed Eissa el Sheikh nel marzo 2015 ha portato Suquor al Sham a fondersi con Ahrar al Sham: sono due delle più organizzate e storiche unità combattenti fin dall’inizio del conflitto, entrambe di matrice islamista, entrambe giurate nemiche dell’Isis. Secondo Aron Lund, analista del Carnagie Endowment for International Peace tra i più esperti del mondo sul tema della crisi siriana, la fusione aveva come fine fare da contrappeso al crescente ruolo della qaedista al Nusra (con cui tuttavia i due gruppi hanno condiviso spesso posizioni al fronte).

Sempre nel 2015, ad ottobre, il peso massimo del Free Syrian Army, il generale Bashar al Zoubi, potente membro del clan al Zoubi, è stato riassegnato ad incarichi di natura politica, mentre il comando del fronte sud dell’FSA è stato affidato a Abu Kinan al-Sharif.

Gli altri tre della lista di Landis sono morti. Abdelqader Saleh è stato ucciso proprio nel 2013, colpito da un missile del regime ad Aleppo: la sua morte ha coinciso con la frantumazione della brigata Tawhid che comandava. Hassan Abboud è stato ucciso insieme ad altri leader di Ahrar al Sham nel settembre del 2014, in un attacco mirato contro la leadership del gruppo, di cui si parlò molto per le implicazioni sul campo (qui un pezzo su Formiche.net).

Il giorno di Natale del 2015 stessa sorte è toccata a Zharan Alloush, capo dell’Esercito dell’Islam, importante (e forte) unità ribelle che combatte nella zona di confine con il Libano, nel Rif di Damasco e nella provincia di Homs, è stato ucciso da un missile che ha colpito il palazzo di Goutha (periferia di Damasco) dove si trovava. Evidentemente, qualcuno aveva cambiato casacca e passato le informazioni sui suoi spostamenti all’aviazione siriana.

Alloush era uno dei comandanti più famosi tra i ribelli siriani: Lund lo ha definito il più potente leader islamico disposto a sedersi al tavolo dei colloqui Onu per trovare una soluzione politica alla crisi. Aveva strettissimi legami con l’Arabia Saudita: se quella in Siria è una guerra proxy, dove potenze di ordine maggiore si affrontano sul campo attraverso attori locali, Alloush era il vettore di Riad, e aveva in questo un ruolo di primissimo piano.

Le qualità dimostrate dal leader del Jaysh al Islam (Esercito dell’Islam), facevano di lui uno dei personaggi destinati ad occupare un ruolo centrale nella futura transizione siriana. La sua morte segna un colpo duro per le opposizioni, e un favore enorme al regime, perché il potente gruppo ribelle era fortemente centralizzato e creato intorno alla figura di Alloush, circostanza che fa pensare a diversi analisti che l’Esercito è destinato a sfaldarsi (“in stile brigata Tawhid”) e a liberare al regime il fronte occidentale della capitale.

Nel tardo pomeriggio di martedì, Ahrar al Sham ha diffuso la notizia dell’uccisione di Abu Rateb, il leader del gruppo nell’area di Homs: è stato assassinato mentre si trovava alla guida della sua auto. Non sono state diffuse altre notizie.

Una lettura delle divisioni tra sciiti e sunniti: l’esercito alawita di Assad, aiutato dagli sciiti iraniani soprattutto nel coordinamento e nelle attività di intelligence, riesce a colpire il leader sunnita più forte del panorama ribelle, l’uomo su cui Riad ha grandi progetti per il futuro della Siria. Damasco segna un colpo vincente, mentre l’Arabia Saudita rilancia con l’esecuzione di Nimr al Nimr, uno dei predicatori sciiti più amati nella regione. I toni tra sauditi e iraniani, prima o poi caleranno, ma per il futuro c’è da aspettarsi una lunga serie di mosse e contromosse, coperte, segrete, clandestine, camuffate, come queste che hanno coinvolto Alloush e Nimr.

In uno sviluppo analogo, una cellula del partito/milizia sciita Hezbollah, lunedì ha attaccato un mezzo militare israeliano sulla linea di confine con il Libano. Il gruppo ha fatto sapere che si è trattata di un’azione di opportunità, ossia erano là, pronti a colpire e hanno colto l’occasione del passaggio del mezzo, senza troppa premeditazione. Gli israeliani sono ebrei, e apparentemente poco condividono con i sunniti: da poco tempo, però, Tel Aviv e Riad hanno riallacciato i rapporti diplomatici chiusi da diversi anni. La chiave? Anti-Iran.

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