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La Repubblica, il passaggio di testimone fra Mauro e Calabresi sotto lo sguardo di Scalfari

“Papà dei giornalisti italiani? Non saprei. Di Ezio Mauro mi sento più un fratello maggiore ma di Mario Calabresi, sinceramente, mi sento il nonno”. Ha esordito così Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, in occasione della festa dei 40 anni del quotidiano che ha fondato nel 1976 che si è svolta ieri, 14 gennaio, all’Auditorium Parco della musica. Sala piena, in prima fila il presidente della Camera Laura Boldrini, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il commissario di Roma Franco Gabrielli e il commissario prefettizio Francesco Paolo Tronca. Sullo sfondo famose prime pagine di quel giornale che, 40 anni fa, costava 150 lire e contava 24 pagine. A presentare la serata due storici giornalisti delle pagine di spettacolo e cultura di RepubblicaErnesto Assante e Gino Castaldo.

NONNO EUGENIO 

Quando Scalfari è salito sul palco la sala ha applaudito, in piedi, per almeno un minuto. “Ernesto, io Gino proprio non lo capisco penso che da un orecchio non ci senta più”, ha detto il fondatore di Repubblica dopo un primo scambio di battute con i presentatori lasciandosi poi andare a qualche breve reminiscenza dei primi numeri della Repubblica di 40 anni fa, fondata insieme a Carlo Caracciolo, all’epoca presidente e amministratore delegato della società editoriale La Repubblica. “Io e Caracciolo eravamo un vero e proprio tandem, ma avevamo un patto: mai viaggiare insieme, uno dei due doveva sopravvivere”. Castaldo incalza e chiede in che modo si mettessero d’accordo: “Ci chiamavamo e dicevamo dove fossimo diretti, a meno che lui non fosse alle prese con le sue garbate avventure. In quel caso perdevo le sue tracce”. Dalla storia all’attualità. Quarant’anni dopo a dirigere il giornale arriva Mario Calabresi, che nel ’76, frequentava la seconda elementare: “Mario mi ha convinto a non rinunciare al mio pezzo domenicale“, perché fa parte dell’atmosfera di Repubblica che il nuovo direttore vuole respirare “e ho accettato” anche se “per lui sarò un nonno, e i nonni si sa, non contano niente”. Risate dal pubblico. Conclusione di Scalfari: “Da nonno, però, gli dirò quando sbaglia, come non riescono a fare i genitori”. Applausi.

CHI C’ERA ALLA FESTA PER I 40 ANNI DI REPUBBLICA. FOTO DI PIZZI

FRATELLO EZIO

È il turno di Ezio Mauro. “Ci dicono sempre che noi di Repubblica ci sentiamo migliori degli altri, e un po’ è vero, ma come mai?”, chiede Assante al suo ex direttore. Risponde Mauro: “Perché facciamo parte di un club – detto cléb alla francesce, non clèb all’italiana – ci siamo scelti, nel nostro giornale non ci sono correnti, la famiglia viene prima dei singoli”. Mauro ha ripercorso i suoi 20 anni alla direzione del quotidiano, passando dai primi anni della Seconda repubblica a eventi drammatici come quello dell’11 settembre – “Ci ricordiamo tutti dove eravamo. Io ero vicino a Ilvo Diamanti. Ci sforzammo subito di capire le motivazioni di quell’assurdo progetto di martirio”. Il climax della narrazione è arrivato quando si parlava degli ultimi anni di Berlusconi: una canzone dei Beatles è partita in sottofondo e Mauro ha svelato la ricetta della resilienza di Repubblica: “Noi ci ripetevamo sempre, nothing is gonna change my world” ma “penso che il meglio debba ancora venire”. Insomma the best is yet to come, ma per lui o per Repubblica? È sceso dal palco ed è salito il “nipote” di Scalfari, Mario Calabresi, che ha lasciato la direzione di La Stampa a Maurizio Molinari.

TUTTE LE FACCE DI MARIO CALABRESI, NUOVO DIRETTORE DI REPUBBLICA. FOTO DI PIZZI

NIPOTE MARIO

“Quando ho fatto l’esame per l’iscrizione all’albo, mi chiesero perché volessi fare il giornalista – ricorda Calabresi – risposi perché sono curioso, e aggiunsi che quando ero piccolo andavo dal portiere a farmi raccontare tutto quello che succedeva nel palazzo. Superai l’esame, ma mi presero in giro”. Calabresi ha ricordato anche la prima volta che lesse Repubblica: “Quando ero piccolo mia madre non voleva che leggessi le “brutte” notizie, ma per me era una tentazione. Era l’agosto dell’80, era scoppiata la bomba alla stazione di Bologna e mi ricordo che trovai Repubblica in un cassetto. Aspettai che tutti uscissero per andare al mare, mi nascosi e iniziai a sfogliare il giornale. Lì decisi che da grande avrei voluto fare il giornalista”.

EUGENIO SCALFARI BENEDICE MARIO CALABRESI, NUOVO DIRETTORE DI REPUBBLICA. LE FOTO

RIMARREMO BUONI AMICI

Chiusi i ricordi, archiviati i racconti, ascoltate le buone intenzioni, sul palco è arrivato Francesco De Gregori, che proprio nel ’76 divenne famoso con il suo album, Rimmel: “Posso dire che la mia carriera sia iniziata con Repubblica, che in questi anni è stata una buona compagnia”.  “Rimarremo buoni amici” cantava De Gregori nel 1976; “Ho visto gente andare e tornare, perdersi e poi tornare”, intonava nel 2003; “Può sempre servire qualcuno”, canta nell’ultimo album del 2015. Queste le tre melodie scelte per la festa di compleanno del giornale che lo ha accompagnato per 40 anni.



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