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Petrolio, ecco perché l’export Usa è benvenuto. Parla Tabarelli

“Il rientro di Washington sul mercato petrolifero rappresenta una notizia importante, dovuta a due fattori: i prezzi attuali del greggio e la domanda mondiale in aumento”. A spiegarlo è Davide Tabarelli, presidente e fondatore di NE-Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente.

A dicembre, dopo 40 anni, il Congresso degli Stati Uniti ha rimosso nuovamente i limiti alle esportazioni di greggio da parte degli Usa, imposti nel 1970 dopo lo shock causato dall’embargo arabo. Il 20 gennaio è arrivata a Fos, vicino Marsiglia, la Theo-T, la nave cisterna che ha trasportato il primo carico di petrolio americano destinato all’export.

L’ACCORDO DI OBAMA

“Il rinnovato export Usa – spiega Tabarelli a Formiche.net – è frutto di un accordo tra il presidente Barack Obama e i Repubblicani: la Casa Bianca ha avuto il voto del Gop, maggioranza in parlamento, per estendere le agevolazioni per le energie rinnovabili; in cambio i Repubblicani, sostenuti dall’industria petrolifera, hanno ottenuto la rimozione dei limiti alle esportazioni”.

LA STRATEGIA DI RIAD

Washington rientra sul mercato in un momento caratterizzato da forti tensioni, dovute al crollo del prezzo del petrolio a causa dell’alto livello di produzione dell’Arabia Saudita in funzione anti Iran (da poco sollevato dalle sanzioni dopo l’accordo internazionale sul suo programma nucleare), ma, sottolinea Tabarelli, anche in funzione anti Usa.

“Sicuramente un nuovo produttore come gli Stati Uniti – rileva – preoccupa Riad, che si sente tradita per l’accordo con l’Iran e teme anche l’indipendenza energetica americana raggiunta con l’estrazione di petrolio e gas dalla roccia. Sul medio periodo, o almeno finché i prezzi rimarranno così bassi, gli Usa ridurranno un po’ la produzione, almeno quella minima parte che andrà fuori mercato per i più alti costi di estrazione, uniti a quelli di trasporto”.

USA NECESSARI

Questo segnerà la fine dell’export americano? “Assolutamente no”, rimarca Tabarelli. “Rispetto allo scorso anno la produzione Usa si è contratta solo dello 0,1%. E poi il prezzo del greggio è destinato a risalire, prima o poi. In fondo non è tanto il costo ad essere inusuale, non distante media con quello degli anni, ma la grande instabilità del mercato. E a parte questo, c’è una domanda mondiale di petrolio che è in aumento e che non potrà essere soddisfatta solo da materie prime a basso costo”.

LA PREVISIONE SAUDITA

Sul prezzo del petrolio, dal Forum di Davos – racconta il Financial Times – il presidente di Aramco, Khalid al-Falih, ha detto ieri che i i livelli attuali non dureranno e che si prevede il recupero del mercato nel 2016, perché un prezzo al di sotto dei 30 dollari al barile è “irrazionale”.

UNA BUONA NOTIZIA

“Quando il prezzo tornerà a salire dopo l’isteria mondiale di questi ultimi tempi e si stabilizzerà credo intorno ai 50 dollari al barile – aggiunge l’esperto – ci sarà bisogno del petrolio americano, di quello dell’Artico ora abbandonato e anche di quello iraniano”. In un mercato che richiede sempre maggiore energia, conclude Tabarelli, “il rientro di un grande produttore come gli Usa, che già oggi produce 9,2 milioni di barili giorno, è senz’altro una buona notizia”.



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