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Chi è Hamil Mehdi, il presunto foreign fighter arrestato a Cosenza

Si chiama Hamil Mehdi ed è nato in Marocco. Ha 25 anni ed è residente nel comune di Luzzi, in provincia di Cosenza. È arrivato in Italia nel 2006 con permesso di soggiorno regolare illimitato e lavora come venditore ambulante con licenza. È il più grande di quattro fratelli, al momento tutti seguiti dai servizi sociali in territorio italiano. Un giovane immigrato, apparentemente integrato nella società, che però ha insospettito il Servizio centrale antiterrorismo della Digos.

LE ACCUSE

Per gli investigatori, Mehdi ha tutte le caratteristiche di un potenziale foreign fighter. Si è recato più volte in diversi teatri di guerra. Si tratterebbe di un soggetto ad “elevata pericolosità sociale”, pronto ad immolarsi in nome della jihad, secondo le autorità turche, che lo hanno bloccato il 10 luglio alla frontiera mentre cercava di raggiungere la Siria.

Quel viaggio ha insospettito i servizi d’intelligence e di investigazione. L’accusa della Procura di Catanzaro nei suoi confronti è di “auto addestramento ai fini di terrorismo internazionale”, punibile con l’articolo 270 della legge antiterrorismo approvata ad aprile del 2015. Nella sua casa sono stati rinvenuti manuali di combattimento.

LA GIUSTIFICAZIONE

Dalle indagini risulterebbe che Mehdi avrebbe provato ad arruolarsi nell’Isis come volontario, ma una volta in Turchia è stato fermato. Da quel momento il monitoraggio della Digos nei suoi confronti è stato sempre più intenso e dalle intercettazioni è emerso il suo interesse a fare parte dell’organizzazione terroristica.

Il ragazzo si è difeso spiegando il motivo del viaggio in Turchia: “Mi avevano già contestato di appartenere all’Isis ma io l’ho sempre negato. E adesso lo ribadisco. Sono andato in Turchia solamente per pregare”.

IL PRECEDENTE

A dicembre scorso, Khadgia Shabbi, una ricercatrice libica dell’Università di Palermo, è stata fermata su ordine della Procura del capoluogo siciliano con l’accusa di istigazione a commettere reati di terrorismo. La donna avrebbe fatto propaganda jihadista sui social network, creando una pagina Facebook dedicata a ciò. Nel suo appartamento sono stati trovati video, volantini, manuali di istruzione e immagini preparati con la finalità di arruolare nuovi militanti dell’Isis.



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