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Tre leader dell’Isis uccisi in Libia nel giro di dieci giorni

Il 13 gennaio un cecchino misterioso ha ucciso un leader locale dello Stato islamico a Sirte, la capitale libica del Califfato: il suo nome era Abu Anas al Muhajer. Mercoledì scorso, il 20 gennaio, un altro leader militare dell’IS è stato trovato morto lungo una strada nei pressi di Harawa, città controllata dall’IS ad est di Sirte: l’uomo aveva un foro di proiettile in testa e il suo nome era Abu Mohamed al Dernawi, anche lui ucciso probabilmente da un cecchino. Domenica 24 gennaio, ancora un altro leader dell’Isis a Sirte è stato trovato morto ucciso da un colpo di arma da fuoco: si tratta di Abu Hamad al Ansari, probabilmente di etnia tuareg (viene da Ubari, nel Fezzan, sud libico), ucciso davanti l’edificio di una banca dopo essere uscito da una moschea, dettagli che fanno pensare che fosse pedinato dal killer. Gli ultimi due comandanti baghdadisti uccisi avevano un passato comune: provenivano entrambi da Ansar al Sharia, gruppo islamista libico (e non solo) che nell’area di Sirte è smottato nello Stato islamico, permettendo a questo di gestire il proprio network di contatti e dunque di diffondersi con maggiore forza e penetrazione.

Qualcosa di simile alla storia del cecchino di questi ultimi dieci giorni si era registrato a luglio, quando a finire sotto colpi di pistola fu Hussein (o Hassan) al Karamy, il capo religioso dello Stato islamico a Sirte: un uomo sconosciuto aveva aperto il fuoco contro di lui mentre lasciava la moschea al Shaabiya.

Da qualche settimana si è tornato a parlare dello “sniper ignoto che spara dai tetti di Sirte contro gli uomini del Califfato, un vendicatore invisibile le cui doti da supereroe spesso vengono esagerate, che rappresenta uno dei pochi elementi di ribellione alla presenza baghdadista in città, dopo che in agosto una rivolta interna spinta da un gruppo salafita locale con il sostegno di parte della popolazione, era stata repressa sanguinosamente dallo Stato islamico: le immagini, erano quelle di un massacro, corpi lasciati per strada per spaventare la popolazione, esecuzioni pubbliche, crocifissioni agli incroci delle vie cittadine, anche se i media del Califfato non marcarono troppo la vicenda.

Questa dura presa sulla popolazione sta continuando: la scorsa settimana tre uomini sono stati giustiziati pubblicamente con un colpo di pistola alla nuca, lasciando sul posto i cadaveri, mentre una presunta spia è stata crocifissa; domenica è stato giustiziato Milan Hassan Gaddafi con l’accusa di aver aiutato membri della sua tribù a fuggire (segno che chi semplifica la diffusione libica dell’IS solo come la sostituzione rancorosa del vecchio regime, sbaglia, come sbaglia chi sostiene cose analoghe in Iraq; ossia, il Baath come i gaddafiani sono una componente dell’attecchimento dello Stato islamico, ma non l’esclusiva).

 

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