Si chiama Nord Stream uno dei dossier più incandescenti fra Italia e Germania. Il premier Matteo Renzi non ha lesinato critiche, anche in pubblico, verso la scelta di Berlino di affossare South Stream e di avviare il Nord Stream in simbiosi con la Russia. Una doppia morale, non solo energetica, rispetto a Mosca e a Putin che il presidente del Consiglio ha messo in cima all’agenda delle doglianze verso il governo tedesco. Della questione si parlerà oggi al vertice fra Merkel e Renzi.
Il gasdotto Nord Stream è al centro di una diatriba europea, perché aumenta la dipendenza del Vecchio Continente dal gas russo, esclude completamente l’Ucraina dalle linee di alimentazione (e dunque, sotto questo punto di vista si pone anche in modo contraddittorio riguardo alle sanzioni post-crisi ucraina imposte da Bruxelles a Mosca) e si presenta come un’impresa esclusiva tedesca, dove il ruolo marginale occupato da ditte austriache ed olandesi nel consorzio, «non è sufficiente a superare tale obiezione». L’impresa “Nord Stream 2” (il “2” indica il raddoppiamento, appunto) ha un uomo chiave, altrettanto controverso, che impersona tutte le contraddizioni del caso e che guida le dinamiche geopolitiche del gasdotto molto più del presidente, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder: si chiama Matthias Warnig, ed è il Ceo di Nord Stream.
Il progetto è gestito dalla società Nord Stream AG (North European Gas Pipeline Company) di cui il 51 per cento dell’azionariato è detenuto dal colosso dell’energia russo Gazprom; il 15,5 dalle due più grandi società di gas tedesche, Ruhrgas e Wintershall; ed un 9 per cento dalla olandese N.V. Nederlandse Gasunie (proprietaria di circa 12 mila chilometri di rete infrastrutturale energetica in Olanda e oltre tremila in Germania) e un altro 9 per cento dalla Engie, un’azienda energetica francese che opera nel settore della produzione e distribuzione di energia elettrica.
IL RAPPORTO CON PUTIN
Scrive nel suo libro “The New Tsar. The Rise and The Reign of Vladimir Putin” (Alfred A. Knopf, 2015) Steven Lee Meyers, corrispondente da Mosca del New York Times, che c’è un aneddoto che il presidente russo ama spesso raccontare. Nella stessa notte in cui è caduto il muro di Berlino, il 9 novembre 1989, Putin si trova nel quartier generale del Kgb a Dresda mentre una folla di manifestanti prende d’assalto il palazzo adiacente, occupato dalla Stasi, l’intelligence della DDR: il generale a capo della stazione è fuggito, e lui, tenente colonnello, è il più alto in grado presente. Contatta Mosca che nega i rinforzi, e così davanti all’avanzata del corteo, scende ai cancelli: avvisa con fare pacato che il Muro che divideva Berlino, la Germania, il mondo, è caduto anche grazie al lavoro della Russia, e avvisa i manifestanti che attaccare l’edificio del Kgb significava dichiarare guerra ai russi, che avevano già disposto pesante fuoco di protezione. La storia vuole che le proteste finiscono, Putin rientra nella sede del Kgb, dove offre protezione anche ad alcuni elementi dell’intell tedesca. È una delle vicende che ha contribuito «a foraggiare il Putinologist» ha scritto Gal Beckerman sul NYTimes: quella sera con Putin sembra esserci stato anche Warnig, che era il contatto nella Stasi dell’allora spia russa Vladimir. In molti credono che i due abbiano passato diversi anni a lavorare insieme nei servizi segreti, e si pensa che il tedesco abbia offerto la collaborazione della polizia segreta dell’Est per il reclutamento di infiltrati da mandare in Germania occidentale al servizio del Kgb. Circostanza sempre negata ufficialmente da Warnig, che ha detto di ave incontrato per la prima volta Putin nel 1991, quando occupava il ruolo di capo del Comitato relazioni estere del comune San Pietroburgo. Un file declassificato della Stasi, però, indica che Warnig era un agente dal nome in codice “Arthur”.
Il Guardian raccontava in un pezzo dello scorso anno, che uno dei ristoranti preferiti di Putin quando si reca a Berlino è il Café des Artistes, di cui ama i piatti forti tedeschi e le birre della Sassonia: il proprietario Putin «lo conosceva fin da bambino», si chiama Stefan ed è uno dei due figli di Matthias Warnig, nato quando aveva poco più di 24 anni, appena dopo il matrimonio.
CHI È MATTHIAS WARNIG
In un report della Jamestown Foudation, viene indicato il 1974 come anno in cui ha preso servizio nell’intelligence dell’Est (l’anno precedente, poco più che diciottenne, era diventato segretario della Libera Gioventù Tedesca, il movimento giovanile socialista ufficiale nella Repubblica democratica): da lì, scrive il think tank di Washington, è stato un susseguirsi di premi per il servizio e medaglie d’oro al valore. Dietro ai molti titoli, le ampie attività di Warnig: l’agente Arthur ha passato diversi anni a spiare il commercio energetico della Germania Ovest, ed era specializzato in dossier di spionaggio industriale ed economico. La sua copertura era il ministero per il Commercio estero. Tra le sue vittime anche la Dresdner Bank, di cui successivamente ne divenne capo della divisione russa (la prima di una banca occidentale nell’ex Unione Sovietica). Sotto di lui l’ufficio moscovita della banca tedesca intensificò il suo business con la Gazprom, la potentissima società statale degli idrocarburi russi; la Dresdner occupò anche il ruolo di advisor nell’acquisizione di Yukos da parte di Rosneft, cioè l’unione (controversa) delle due più grandi società petrolifere russe, sotto il colosso governativo Rosneft, di cui adesso Warnig è consigliere di amministrazione (Rosneft controlla il 5 per cento della produzione globale di petrolio, che in Russia viene trasportato da Transneft: Warnig fa parte anche di questo board). L’anno dell’affare Rosneft-Yukos era il 2005, in quello successivo l’ex agente Arthur sarebbe entrato al vertice di Nord Stream AG, società con sede in Svizzera che si occupa di gestire l’intero affare con cui la Gazprom trasferisce il gas in Germania.
Nato nella campagna di Brandeburgo nel 1955, carattere affabile, gioviale dicono di lui; secondo l’executive profile che Bloomberg gli dedica, n
UN ASSIDUO DEL CREMLINO
Nessuno in Germania ha un più vicino e cordiale rapporto con il presidente russo come l’ex cancelliere Gerhard Schröder, scrisse in un editoriale lo Spiegel, ma «questo non è del tutto vero» aveva rilanciato il Guardian rivelando che alcune fonti russe avevano detto al giornale inglese che Putin e Warnig si vedono almeno una volta ogni tre settimane. Una relazione resa forte dai molti tratti in comune (cresciuti in stati socialisti, ruoli nei servizi segreti) che s’è saldata con la frequentazione: quando l’ex moglie di Putin è rimasta vittima di un grave incidente stradale, Waring ha fatto in modo che venisse operata in Germania. E Putin, arrivato al potere, ha tenuto un posto di primo piano per Warnig.
Quando i due uomini più importanti della Banca Rossiya, Yuri Kovalchuk e Nikolai Shamalov, sono stati messi sotto sanzioni a causa dalla crisi ucraina, Warnig dev’essersi sentito molto in imbarazzo perché il suo paese aveva appoggiato (anche se non troppo di buongrado) la decisione. Lui li conosceva entrambi quei due di Rossiya, visto che nel 2003 aveva condiviso con loro una sedia nel consiglio di amministrazione di VTB Bank, quella che è stata soprannominata “la banca degli amici di Putin”.
Tempo fa girava un’indiscrezione: Mosca, prevedeva un rimpasto ai vertici di Gazprom, e secondo gli osservatori più informati, Putin stava pensando a Waring, un vecchio amico fidato che sarebbe così diventato ufficialmente uno dei più intimi consiglieri del presidente. Per ora Waring resta al suo posto: un ruolo centrale che, come anni fa quando girava per gli uffici di Washington per spiegare agli americani che Nord Stream era una necessità e un bene per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, dovrà servire a sedare i malumori europei sull’ampliamento. Uno dei compiti: cercare la sponda italiana come modo per allargare i paesi impegnati nell’operazione e mettere a tacere chi definisce l’infrastruttura un interesse unilaterale tedesco.