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Cosa serve a Finmeccanica dopo il contratto unico integrativo

leonardo

Bene l’accordo siglato per il contratto unico integrativo di Finmeccanica. Ma serve rassicurare i lavoratori, investire su nuovi prodotti e ristabilire le dimensioni dell’azienda. All’indomani della firma della trattativa per il nuovo contratto integrativo aziendale del gruppo Finmeccanica (leggi qui cosa si è deciso) ecco dubbi, proposte e consigli di Giovanni Contento, segretario nazionale della Uilm, all’amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti.

QUESTIONI IRRISOLTE

“L’accordo, che si è reso necessario dopo la costituzione della One company, ha disegnato una cornice, ma rimangono aperte una serie di questioni – commenta Contento in una conversazione con Formiche.net -. La piena applicazione del contratto integrativo si verificherà a partire dal 2017, sebbene una parte dell’accordo dovrebbe partire tra maggio e giugno”. Tra gli aspetti lasciati ancora irrisolti, e che dovranno essere approfonditi dalle commissioni, Contento elenca l’adeguamento dei sistemi informatici alle nuove disposizioni: “Per andare a regime è necessario ad esempio conformare i sistemi informatici, in modo tale da permettere l’armonizzazione delle busta paga, così come quella delle trasferte dei dipendenti”.

IL DUBBIO

Voluta, e portata avanti dal sindacato dei metalmeccanici per quasi sei mesi, l’intesa lascia in Contento un dubbio: “Questo accordo aumenterà o ridurrà il senso di appartenenza dei lavoratori all’azienda?”, chiede il segretario nazionale della Uilm ricordando l’importanza di questo elemento per lo sviluppo e la crescita di un’azienda. “Il dubbio – spiega Contento –  nasce dal fatto che alcuni lavoratori potrebbero aver visto l’accordo come una forzatura da parte di coloro che lo hanno voluto, tra cui noi. Esso inoltre avrebbe potuto togliere alcune specificità dai contratti di determinate società, seppur aggiungendone altre a chi non le possedeva”. “Il compito nostro, ma ancor più di Finmeccanica, – chiosa Contento – sarà adesso quello di fare in modo di creare la condizione per aumentare il senso di appartenenza dei lavoratori, che io considero importante al pari delle scelte politiche e industriali dell’azienda”. Un dubbio, che però dalla parole del segretario dei metalmeccanici, sembra tramutarsi in certezza:“Ritengo che una diminuzione di tale sentimento da parte dei lavoratori sarà inevitabile in una prima fase. Esso è però superabile solo se Finmeccanica deciderà di investire sul personale”. In che modo?  “Gli strumenti individuati per il welfare hanno bisogno di fondi. Adesso l’azienda dovrà riempirli di contenuti”.

COSA MANCA NELLA STRATEGIA DI FINMECCANICA?

Ma è sul futuro dell’azienda che Contento manifesta le maggiori preoccupazioni. “Mi sento sereno e sollevato che la parte più grossa dell’accordo sia stata chiusa ma adesso bisogna guardare avanti. Finmeccanica è ancora un grande gruppo in Italia, ma non possiamo dormire tranquilli”. Ecco perché: “Finmeccanica ha presentato un piano triennale 2016/2018 nel quale ci sono solo gli obiettivi finanziari e gestionali che vogliono realizzare. C’è poco o quasi niente sul piano industriale che ci proietti per i prossimi tre anni verso investimenti e nuovi prodotti, se non l’investimento ordinario di gestione”. Cosa manca? “Non ci sono scelte strategiche, l’attenzione è concentrata verso l’efficienza di tutti i programmi che erano in perdita, e rimane sullo sfondo la messa in discussione della manifattura”, dice Contento. “Fin dall’inizio Moretti ha sostenuto, salvo poi attenuare la questione, che tutta l’attività del manifatturiero non rappresenta core business. Ma le aziende, anche quelle tecnologicamente avanzate, se perdono la manifattura, perderanno anche la ricerca e la progettazione”.

GLI ERRORI DI MORETTI

Ed ecco invece cosa serve a Finmeccanica: “Fare investimenti su nuovi prodotti per acquisire nuovo mercato, creare una rete commerciale forte e ristabilire la propria dimensione”, sintetizza Contento. “Moretti ha messo in essere un’organizzazione aziendale in cui il gruppo dirigente è focalizzato esclusivamente sul business, che è anche in parte un fattore positivo. Ma il rischio è che l’azienda perda il suo ruolo”. Ecco perché: “Nel 2016 Finmeccanica fatturerà 12 miliardi, mentre nel 2011/2012 il fatturato era di 18 miliardi.  Si possono certamente cedere alcuni business – il riferimento è alla cessione di Ansaldo Breda  – ma parallelamente Finmeccanica deve pensare di accrescerne altri. Se riduciamo Finmeccanica ad una dimensione quasi provinciale, non farà più paura a nessuno e sarà difficile sedersi ai tavoli dove le dimensioni hanno una loro valenza politica”.

PICCOLO PUÒ NON ESSERE BELLO

Contento commenta anche la trasformazione di Finmeccanica in una società unica: “Se non si organizza una struttura commerciale capace di confrontarsi con i mercati esteri rischiamo di aver individuato un’ambientazione del piccolo è bello, che in un mondo sempre più globale rischia di essere marginale. Questa è la prima sfida di Finmeccanica, perché oltre al piano industriale con i dati di bilancio e misure per ridurre i debiti, è necessario guardare avanti,  e dotarsi parallelamente di una struttura finanziaria che faccia investimenti, e di una rete commerciale capace di sostenere il business delle varie divisioni nel mondo”.

NON SOLO GOVERNO

Ma per investire a lungo termine servono risorse certe, ha detto Moretti il mese scorso. “Moretti continua ad invocare l’aiuto del governo, componente che riteniamo essenziale – spiega il segretario nazionale della Uilm -. Ma l’industria di questo Paese era basata anche sulla convinzione che le aziende da sole potessero investire. E ciò vale ancor più per un’azienda come Finmeccanica. Moretti ha tagliato gli sprechi, gli abusi, ma adesso non può continuare a farlo quando ormai si inizia a rosicchiare il fondo. Bisogna guardare al futuro con scelte coraggiose perché l’industria è cresciuta anche rischiando. E Finmeccanica rischia solo se resta ferma”, commenta Contento.


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