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Stefano Parisi e Giuseppe Sala tra Expo e Palazzo Marino

Stefano Parisi

Stefano Parisi ha deciso: si candida a sindaco di Milano, accettando così le richieste di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

Parisi, manager e imprenditore, sfiderà Giuseppe Sala, fresco vincitore delle primarie di centrosinistra.

Due tecnici, segno di una politica debole dice Umberto Bossi. Segno di partiti moribondi, ha scritto il saggista Gennaro Malgieri.

Certo, la selezione della classe dirigente nei partiti da tempo è fiacca.

Eppure né a Sala né a Parisi difettano le passioni civili, dunque politiche. A Parisi, ad esempio, di certo non è mancato il coraggio di esprimere opinioni e valutazioni anche toste –  su lavoro, riforme, Confindustria, e non solo – quando magari faceva più comodo volare basso ed essere silenti.

D’altronde le esperienze di Parisi – da Palazzo Chigi a Confindustria passando per interventi sui giornali, anche su Formiche.net – non disegnano un profilo di un tecnico asettico e snobistico rispetto alla politica e ai partiti.

Ciò detto, s’intravvede un rischio da scongiurare, se possibile. Che la campagna elettorale non verta su numeri – veri, falsi o presunti – di Expo e dei bilanci dell’Esposizione universale. Perché meriti e numeri di Expo non sono solo appannaggio di Sala, dunque del Pd o di Renzi, ma di Milano e dell’Italia.

Magari si sbaglierà, ma si scorge che sul rendiconto consuntivo 2015 della società Expo possa montare davvero una polemica distruttiva e speciosa che settori di centrodestra intendono cavalcare.

Veniamo al dunque. In queste ore tra Roma e Milano circolano queste indiscrezioni. I vertici di Expo, dopo un passaggio in cda, hanno chiesto ai soci della società (ministero dell’Economia, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Camera di Commercio di Milano) disponibilità a versare nel complesso circa 48 milioni di euro per completare le opere di “smantellamento” di Expo.

Al momento, secondo una prima ricostruzione, le strade sarebbero due: o i soci ripianano questo disavanzo oppure la perdita potrebbe essere, in tutto o in parte, spostata alla società Arexo che erediterà le attività di Expo.

Forse, visto che tra i soci ci sono istituzioni di diverso colore politico, sarebbe opportuno trovare una bella soluzione bipartisan senza scannarsi troppo mediaticamente per concentrarsi sui programmi elettorali e non su polemiche elettoralistiche.

Un sogno o un auspicio?


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