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FCA, Finmeccanica e il futuro del contratto dei metalmeccanici

Il nostro lavoro al tavolo contrattuale continua. Dal 5 febbraio abbiamo svolto con la controparte gli approfondimenti tematici stabiliti nella seduta del 28 gennaio. Finora, quindi, abbiamo trattato i temi del Welfare, dell’Assistenza sanitaria integrativa, della Previdenza complementare; della Formazione, della Salute e della Sicurezza. Seguiranno, negli incontri a venire, gli Aspetti retributivi, l’Inquadramento, le Regole contrattuali e della Partecipazione; l’Organizzazione del lavoro, gli Orari, la Flessibilità, le Politiche del lavoro.

Poi, dagli approfondimenti si cercherà la sintesi e in questo passaggio già si coglierà la fase negoziale nella sua essenza, quella, cioè che tende a realizzare un buon contratto per entrambe le parti sedute al tavolo. Ce lo siamo ripetuto più volte in sede negoziale, sia in plenaria che in ristretta: occorre realizzare un buon lavoro. Qualcuno ha detto “Comunque vadano le cose”; chi scrive è convinto che un lavoro fatto bene significhi esclusivamente realizzare un buon contratto per i metalmeccanici. Non possiamo nasconderci dietro un dito: la distanza tra i sindacati metalmeccanici e Federmeccanica-Assistal sta proprio nella voce del salario. La proposta della controparte, così com’è, significa limitare gli aumenti salariali (con i minimi di garanzia) del contratto nazionale solo al cinque per cento dei lavoratori. Dobbiamo trovare il modo affinché gli imprenditori metalmeccanici ripensino questo meccanismo, suggerendo un sistema condiviso che preveda aumenti per l’intera platea dei lavoratori interessati.

Un impegno significativo, dato che sulla trattativa tuttora aleggia la competizione per il rinnovo dei vertici di Confindustria. Di fatto Stefano Franchi, presidente di Federmeccanica, è tra i pretendenti alla successione di Giorgio Squinzi e gode dell’appoggio di Stefano Dolcetta, uno degli attuali vicepresidenti della Confederazione di via dell’Astronomia. Finché non si restringerà a due “competitor” la rosa dei papabili alla presidenza degli industriali, temiamo rallentamenti “strategici” della nostra parte datoriale, interessata a vederci più chiaro, quanto noi.

Di certo, un’influenza d’altro tipo è intervenuta sulla negoziazione in atto. Si tratta di un fatto sicuramente positivo, per quel che ci riguarda, ovvero il rinnovo del contratto nazionale dei 400 mila lavoratori appartenenti al settore alimentare. Il contratto in questione era scaduto a novembre dell’anno scorso ed il rinnovo si è caratterizzato per un aumento salariale di 105 euro, distribuiti in cinque “tranche” nei quattro anni di durata contrattuale. Ma non è tanto l’importo conseguito, di tutto rispetto, quanto piuttosto il metodo e di come lo si è determinato ad avere un profondo significato politico. L’incremento, come ribadisce lo stesso Stefano Mantegazza, non è legato ad alcun parametro né vincolato ad alcun ricalcolo. Si tratta di una crescita reale delle retribuzioni, a partire dal 2016, che conferma le scelte contenute nel documento appena approvato da Cgil-Cisl-Uil. Un dato oggettivo che dovrebbe aiutare a “smuovere” le certezze finora professate da Federmeccanica-Assistal.

Ecco perché in questa delicata fase appare velleitario leggere ragionamenti pur rispettabili, ma inopportuni, da parte sindacale, che criticano l’intesa di Cgil, Cisl e Uil in ambito di riforma contrattuale e che spingono eccessivamente a favore della contrattazione aziendale, rispetto a quella nazionale. E’ bene ricordare che la proposta di riforma dei contratti avanzata dai sindacati confederali a Confindustria non è risultata gradita a quest’ultima, ma ha ricevuto il via libera da tutte le categorie di Cgil, Cisl, Uil. La logica in cui è stato rinnovato il contratto degli alimentaristi risponde alla “ratio” della riforma accettata dall’intero sindacato, nessuno escluso.

Rispetto al viatico che ancora dovranno percorrere i metalmeccanici, il medesimo settore ha realizzato nel mese in corso importanti risultati. Il riferimento è all’intesa per il contratto unico integrativo per l’intero gruppo di Finmeccanica e al bonus contrattuale per i risultati 2015 che i lavoratori di Fiat Chrysler e di CnhI riceveranno in busta paga questo mese. Procediamo per ordine. Quello di Finmeccanica, una società diventata “One Company”, è un risultato importante. Dopo più di un semestre di trattative i circa 30mila lavoratori del gruppo Finmeccanica avranno tutti un unico inquadramento. Si è stabilito un premio di risultato che aggancia l’assegnazione del bonus a tre parametri. Ci sarà il premio per gli addetti se ci saranno risultati per tutto il gruppo, per tutta la divisione, per tutto il sito. Una sfida impegnativa. Ai medesimi lavoratori andrà, oltre l’incremento, un miglioramento del pacchetto welfare, della flessibilità degli orari, della formazione. La piena applicazione del contratto integrativo si verificherà a partire dal 2017, sebbene una parte dell’accordo partirà tra maggio e giugno prossimi. Ora Finmeccanica, però, deve assicurarsi una prospettiva, accrescendo nuovi “business” e ricevendo commesse. Basti guardare ai dati previsionali: nel 2016 Finmeccanica fatturerà 12 miliardi di euro, mentre nel 2012 il fatturato era di 18 miliardi. Il giro di affari deve crescere, non diminuire. Per farlo, il Gruppo deve dotarsi di una struttura finanziaria che faccia investimenti, e di una rete commerciale capace di sostenere il giro d’affari delle varie divisioni nel mondo. Insomma, bisogna guardare al futuro con scelte coraggiose perché l’industria è cresciuta anche rischiando. E Finmeccanica rischia se resta ferma.

Altre buone nuove. Per i lavoratori del gruppo guidato da Sergio Marchionne e John Elkann un bonus da quasi mille euro, in media 990 euro ,che Fca darà a tutti i dipendenti in relazione ai risultati di efficienza produttiva dell’anno scorso: meglio di quanto previsto per i lavoratori CnhI, per i quali l’importo medio è di 825 euro. Considerando gli anticipi già incassati, il totale variabile in Fca supera i 1.300 euro, in CnhI si arriva a 1.115 euro. I risultati variano a seconda delle performance realizzate da ogni singola unità produttiva così come misurate dal sistema “World Class Manufacturing”. A livello di gruppo  la media complessiva dei compensi erogati sarà uguale al 4,5% delle retribuzioni contrattuali. Tale importo, unito alle somme già erogate trimestralmente nello scorso anno, porta l’incremento retributivo medio riferito al 2015 al 6%. La nuova politica retributiva è stata introdotta nel luglio del 2015 e prevede di far partecipare direttamente tutte le persone ai risultati di produttività. Quindi, il contratto siglato nel mese di luglio scorso con Fiat Chrysler Automobiles e con Cnh Industrial ha dato nel 2015 i suoi primi frutti importanti ai lavoratori in termini retributivi.

L’unico rammarico è per i pochissimi siti che non hanno percepito il premio di efficienza, ma confidiamo che nei prossimi anni potranno conseguire gli obiettivi e rifarsi rapidamente. Ma c’è di più. Siamo in presenza di risultati relativi ad una scelta che parte da lontano e che ha visto la Uilm condividere con il gruppo automobilistisco una prospettiva di crescita, partecipazione e responsabilità. Con l’accordo di Pomigliano d’Arco del 15 giugno 2010 tra sindacati riformisti e il gruppo torinese delle  “automotive” si è vinta una scommessa in cui pochi credevano. Poi è seguita l’intesa  di Mirafiori, ed infine quella del dicembre 2011 che ha esteso a tutti gli altri siti il contratto applicato nel sito campano e in quello piemontese. E’ stata una svolta nelle relazioni sindacali, apprezzata da tutti i lavoratori, ma soprattutto il presupposto affinché Fca e CnhI rimanessero a produrre all’interno dei confini nazionali. I risultati eccezionali conseguiti dal gruppo in questione, a livello italiano, europeo ed internazionale, nonostante le difficoltà della congiuntura internazionale, dimostrano tutta la nostra lungimiranza.

Sono proprio il coraggio e la determinazione dimostrate nella suddetta vicenda che rappresentano come la Uilm non si sia mai tirata indietro quando c’era da scegliere a favore del lavoro, della produzione e del bene del Paese. Ora sul contratto nazionale di lavoro metalmeccanico la questione è ancor più delicata. E’ in discussione la stessa esistenza del ruolo del sindacato nazionale. Ecco perché occorre tutelare la funzione insopprimibile del contratto nazionale e lavorare affinché la contrattazione aziendale si estenda ancor di più. In questo contesto occorre far attenzione alle “mosche cocchiere” che ci spiegano il futuro mettendo, poi, a repentaglio, il sistema di relazioni industriali finora costruito. Si rischia di destabilizzare un sistema senza averne un altro con cui sostituirlo. Un errore da evitare. Rinnovare bene il contratto nazionale dei metalmeccanici è la scelta che ci tocca, rispettando i due livelli contrattuali e dando una adeguata risposta salariale ai lavoratori.

Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm

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