La Corea del Nord ha riattivato un reattore al plutonio e sta implementando lo sviluppo di una tecnologia missilistica in grado di raggiungere gli Stati Uniti.
Le rivelazioni arrivano dopo che due settimane fa Pyongyang ha effettuato un test nucleare (annunciato come un “bomba H”, anche se gli esperti sono scettici sulla tipologia, così tecnologica, di ordigno) e domenica ha lanciato in orbita un missile balistico, ufficialmente con la scusa di piazzare un satellite. Entrambe le attività sono state condannate dalle Nazioni Unite, che si sono riunite di urgenza per discutere i casi.
Nelle valutazioni annuali dei pericoli, la National Intelligence americana diretta da James Clapper ha detto, come riportato da Dave Clark della sede di Agence France Presse di Washington, che il Paese rappresenta una minaccia persistente ed imprevedibile. “Il programma di armamento nucleare della Corea del Nord e i programmi missilistici in evoluzione sono una minaccia continua” ha aggiunto in audizione al Comitato servizi armati del Senato americano Vincent Stewart, il direttore della Defense Intelligence Agency.
La volontà di tenere in piedi il reattore al plutonio, secondo Clapper, è una testimonianza che la Corea del Nord vuole continuare l’opera di costruzione di un ordigno atomico, nonostante le sanzioni internazionali. Il reattore di Yongbyon è stato messo fuori servizio nel 2007 nel quadro di un accordo di aiuti per il disarmo, ma la Corea del Nord ne ha iniziato la ristrutturazione dopo il suo terzo test nucleare nel 2013 (il quarto è quello di due settimane fa: attualmente la Corea del Nord è l’unico Paese al mondo a compiere test su esplosioni atomiche). Gli esperti ritengono che il reattore sia in grado di produrre circa 6 chilogrammi di uranio militare all’anno, un quantitativo che potrebbe bastare per una bomba.
IL MISSILE BALISTICO
Intanto la Corea del Sud ha rilasciato le prime immagini dei detriti del missile balistico lanciato domenica 7 febbraio, raccolti in mare a largo dell’isola di Jeju. Secondo quanto dichiarato dal ministero della Difesa sudcoreano e ripreso dalla CNN, il booster “separato dal corpo principale [del razzo] è esploso in circa 270 pezzi”. Il grande numero di detriti, secondo gli esperti, starebbe ad indicare che il missile era dotato di un sistema di autodistruzione per complicare le analisi a chi ne avesse trovato i resti.
Funzionari delle Difesa americana che hanno parlato con i giornalisti del canale all news, sostengono che il satellite sganciato dal razzo è in orbita, ma non sta emettendo nessun segnale: ossia, continuano a sostenere che il millantato scopo pacifico dell’esplorazione spaziale, con cui Pyongyang ha difeso il lancio del missile, è una copertura per un test balistico militare.
LA CINA E LA GEOPOLITICA
Mentre Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud hanno lavorato per un nuovo programma di sanzioni più corpose, la Cina, partner storico dei nordcoreani, ha posto il veto all’Onu, perché non ritiene giusto colpire l’economia di Pyongyang già malmessa. Il concetto è stato ripreso da un editoriale apparso domenica sul sito dell’agenzia statale Xinhua, poco dopo il lancio del missile balistico.
Pechino in realtà teme due cose: primo, che la crisi economica possa produrre profughi che scappano attraversando i suoi confini; secondo, che se la crisi dovesse spingersi troppo oltre, il paese collassi lasciando spazio alle teorie di riunificazione delle due Coree. Quest’ultimo scenario ha un importante valore geostrategico, perché vedrebbe le forze occidentali americani piazzate appena oltre il confine cinese, visto che in Corea del Sud c’è una corposa presenza militare americana, e i sudcoreani sono il primo partner commerciale americano nel settore Difesa. Il lancio di domenica ha avvicinato l’intesa tra Washington e Seul sul THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), un sistema di protezione missilistica: la Cina ha già storto il naso sul dispiegamento del sistema.
Le pressioni internazionali su Pechino stanno aumentando in questo ultimo periodo, perché si pensa che i cinesi siano gli unici in grado di trattare con il lunatico Kim Jong Un. Tra l’altro la Cina rappresenta oltre l’80 per cento del mercato di esportazione. Ma forse nemmeno la Cina può fermare Kim.
La posizione ufficiale del governo cinese è di essere contraria ai test e al programma nucleare nordcoreano e dunque le ultime due violazioni sarebbero una sorta di mancanza di rispetto nordcoreana verso Pechino. Fino a quando i cinesi tollereranno questo comportamento per perseguire il proprio interesse al mantenimento dello status quo in Asia nord orientale? Il test arriva in un momento in cui era in discussione un incontro tra Kim e il presidente cinese Xi Jinping, per consolidare i rapporti tra i due Paesi che ultimamente si erano sfilacciati. Facile che dopo il test il vertice salti, anche perché la Cina aveva inviato a Pyongyang un negoziatore esperto come Wu Dawei con il compito di convincere la leadership nordcoreana a non completare il test. Ma Kim ha risposto con forza: non solo ha mandato a casa il diplomatico cinese a mani vuote, ha pure anticipato il lancio, facendolo cadere nel giorno di una delle più importanti feste cinesi, la vigilia del nuovo anno lunare (e del Super Bowl in America).
Su tutto le relazioni Usa-Cina. Tutto in un momento dove le relazioni sono già tese per l’assertività cinese nel Mar Cinese Meridionale, la sicurezza informatica, le questioni valutarie e dei diritti umani, la Corea del Nord è diventata un’altra fonte di tensione. L’aspetto ironico della questione, come ricorda il National Interest è che la collaborazione sul disarmo nucleare nordcoreano veniva descritto come un esempio di quanto funzionavano bene i rapporti tra Washington e Pechino.
Dopo il lancio di domenica, il governo sudcoreano ha deciso di sospendere le collaborazioni con la Corea del Nord che si operano nella regione industriale di Kaesong.
KIM RASTRELLA I TRADITORI: LE ULTIME DAL REGIME
Il tentativo di implementare l’arsenale bellico, è una delle volontà principali del leader nordcreano Kim Jong Un, il quale ha avviato una campagna di rastrellamento nei confronti di potenziali spie, traditori, ed in generale di tutti coloro non allineati con il regime o almeno di quelli che lui considera tali. I media sudcoreani, ma sono notizie da prendere con il beneficio del dubbio, sostengono che l’ultimo a finire al patibolo sia stato il capo delle Forze armate Ri Yong Gil, ucciso con l’accusa di corruzione.
La BBC scrive di un appello lanciato da due no profit americane che sarebbero alla ricerca di chiavette usb in disuso da spedire in Corea del Nord. Ogni anno diverse migliaia di unità flash vengono contrabbandate da funzionari del governo che hanno clandestinamente tradito la dittatura comunista (essere scoperti significa la condanna a morte o al carcere duro) per importare nel paese film di Hollywood, musica occidentale e “altro materiale, come ad esempio la versione in lingua coreana di Wikipedia”. Tutte cose vietate dal regime.“Dopo il cibo e l’acqua, la cosa che le persone in Corea del Nord vogliono è la conoscenza”, ha detto Alex Gladstein di Human Rights Foundation alla BBC.