A Milano, nelle prossime elezioni per il sindaco, si giocherà una battaglia non soltanto amministrativa tra la vecchia centralità – quella del vecchio centrodestra – e la nuova centralità – quella in via di definizione – che è stata prevalentemente definita dell’ipotetico partito della nazione.
Non si tratta di una questione solo locale.
Sul versante del vecchio centrodestra, infatti, è in gioco proprio la distinzione tra il modello della giunta regionale lombarda (guidata da Roberto Maroni), che comprende tutto il vecchio centrodestra Ncd incluso, e il modello della nuova Lega Nord (guidata da Matteo Salvini), che sembra tentata da Marine Le Pen e pone una sorta di pregiudiziale anti Ncd.
La candidatura di Stefano Parisi in alternativa a Giuseppe Sala, pertanto, sembra avvenire in una logica di richiamo al vecchio centrodestra, la cui centralità è infatti proprio rappresentata dal governo regionale lombardo di Maroni e non dal più recente tripartito Berlusconi-Salvini-Meloni.
Lo sviluppo della campagna elettorale ci dimostrerà, dunque, fino a che punto saranno componibili la logica del vecchio centrodestra (ricomposto su Parisi quasi che non sia mai avvenuta la scissione dell’Ncd dal Pdl) con l’evoluzione recente del nuovissimo centrodestra tripartito.
La eventuale e tutt’ora improbabile vittoria elettorale di Parisi finirebbe necessariamente con la sconfitta della aspirazione renziana alla nuova centralità, della quale la candidatura di Sala è parte essenziale.
La centralità non può, infatti, essere vissuta contestualmente dal centrodestra vecchio modello e dalla nuovissima evoluzione della vocazione maggioritaria del Pd renziano.
Allorché si parla di partito della nazione, infatti, lo si fa in modi molteplici: è una pura e semplice versione della vocazione maggioritaria originaria – che vede nel successo elettorale una sorta di naturale completamento elettorale al centro del Pd che pur proviene da due movimenti politici (Pds e Margherita) -, o è una mutazione quasi antropologica del Pd renziano, come affermano frequentemente esponenti interni al Pd o esterni ad esso?
La candidatura di Sala – anche alla luce delle primarie – non ha sciolto del tutto proprio questo nodo, come risulta ancora oggi in riferimento alla sua idoneità ad essere idonea ad un tempo ad assicurare la continuità con la giunta di Giuliano Pisapia e a conquistare appunto una sua autonoma centralità, non soltanto meneghina.
Così come l’evoluzione della campagna elettorale di Parisi vivrà tra il richiamo del vecchio centrodestra oggi rappresentato dal governo regionale Maroni e l’evoluzione del nuovissimo tripartito che ha in Salvini una punta di diamante, la campagna elettorale di Sala sarà fortemente caratterizzata da quel che accadrà alla sinistra di Sala medesimo.
Da un lato la questione di fondo riguarda l’evoluzione stessa della Lega Nord, sempre più tentata di assumere una propria identità alternativa all’Ncd in Italia ed in Europa; mentre dall’altro si porrà sempre più la questione se il Pd si evolve in un nuovo soggetto di centrosinistra che guarda anche al centro con vocazione maggioritaria nazionale, o se sta diventando un vero e proprio partito di centro con sbiadite caratteristiche di centrosinistra.
Il fatto che vecchia e nuova centralità sono due linee politiche a tutto tondo richiederebbe candidati sindaci di chiara formazione politica.
Sala e Parisi, invece, provengono da esperienze quasi esclusivamente tecnico-manageriali. Vi è stato chi ha visto in queste scelte una sorta di abdicazione della politica a favore della tecnocrazia.
Appare invece preferibile un’altra lettura.
Da un lato e dall’altro la centralità è in via di definizione: tra il vecchio e il nuovissimo centrodestra vi è infatti la diversa collocazione nei confronti del governo di Matteo Renzi. L’Ncd è infatti in maggioranza, mentre tutto il tripartito è all’opposizione.
Le elezioni amministrative, ed particolare l’elezione del sindaco di Milano, ci diranno se si tratta di una divaricazione destinata a terminare o se occorrerà attendere le decisioni conseguenti al referendum istituzionale del prossimo autunno per valutare la compatibilità della convivenza della vecchia centralità del vecchio centrodestra con l’evoluzione della Lega di Salvini.
A loro volta, le prossime elezioni amministrative ed in particolare l’elezione del sindaco di Milano diranno se l’aspirazione alla nuova centralità renziana avrà fatto un decisivo passo in avanti, sempre che eventi internazionali non intervenissero in senso contrario.
La battaglia di Milano, pertanto, più di quanto allo stato attuale possa ritenersi per le altre città, appare gravida di conseguenze politiche particolarmente rilevanti.
Una sola centralità può infatti affermarsi e nulla sembra allo stato far ritenere che l’elezione del sindaco di Milano possa essere il risultato di altre pur legittime candidature.