Oggi non si è tenuto alcun cda straordinario di Telecom Italia Sparkle, come invece si vociferava da tempo. In ballo comunque, secondo cronache e indiscrezioni del Fatto Quotidiano e del Corriere della Sera, c’è la presidenza della controllata del gruppo Telecom che è attiva nei servizi per l’infrastruttura di rete. La società fattura circa 1,3 miliardi di euro e ha 500 mila chilometri di cavi in fibra ottica (sì, 500mila chilometri) che s’intrecciano nel Mediterraneo e che attraversano pure l’Oceano Atlantico e quello Indiano. Una sorta di “Eni dei cavi di tlc”, si dice in ambienti diplomatici.
Al momento Alessandro Talotta è sia presidente che amministratore delegato della società: è amministratore delegato dal dicembre 2014 e presidente da pochi mesi, da quando il predecessore è andato alla Olivetti. Dunque, Talotta è una sorta di presidente ad interim. Il Fatto Quotidiano con Francesco Bonazzi due giorni fa ha scritto che è in pole position per la nomina Andrea Bacci, “amico e finanziatore del premier”. Ieri il Corriere della Sera ha aggiunto anche l’ipotesi che alla presidenza di Sparkle possa andare Franco Bernabè, già ai vertici di Telecom. Oggi Bonazzi è tornato sul tema disegnando un quadro secondo cui Bacci farebbe parte del cerchio renziano che farebbe perno sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, e Bernabè farebbe parte di un altro cerchio renziano che farebbe perno su Marco Carrai, manager e imprenditore amico di Renzi.
Questo è quanto è stato scritto.
Pochi, però, si pongono una domanda: con un gruppo Telecom magari a controllo francese, per l’Italia è indifferente che questi 500 mila chilometri di cavi in fibra ottica in cui passano dati e informazioni siano controllati da azionisti non italiani?
E’ un asset strategico per l’Italia o no una società che entro la fine dell’anno completerà il cavo sottomarino sulla rotta Asia-Europa tra Singapore e la Francia? L’infrastruttura di rete, realizzata da un consorzio di 15 società di tutto il mondo, collegherà direttamente Singapore e l’Estremo Oriente con l’Italia e la Francia, e sarà pronto a fine 2016, ha scritto Reuters. Sono previsti 18 “landing point” nel mondo di questo cavo, inclusi quelli europei di Catania e Toulon, nel sud della Francia. E c’è Catania in quanto nel consorzio c’è Sparkle, altrimenti l’Italia non ci sarebbe. Il nuovo cavo fornirà una connettività attraverso 17 Paesi: Singapore, Malesia, Indonesia, Myanmar, Bangladesh, Sri Lanka, Pakistan, Qatar, Oman, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Gibuti, Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Francia e Italia.
E’ o non è strategica una società che, prima tra le aziende occidentali, sta per aprire un Pop (Point of presence, un punto di accesso alla rete) in Iran dopo un’intesa firmata quando Rouhani è venuto in Italia?
E’ o non è strategica una società che ha aperto in Sicilia un data center dove confluiscono i cavi che arrivano da Nordafrica e Medio Oriente e quelli da e verso Nord Europa e Atlantico? “A Palermo, nel Sicily Hub di Sparkle, Google metterà i suoi server per gestire in maniera più rapida e efficace il traffico dei paesi del bacino del Mediterraneo”, ha scritto Gianluca Paolucci della Stampa lo scorso novembre della controllata del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato dall’ad, Marco Patuano.
E’ o non è strategica una società che finanzierà il primo cavo che collegherà New York a San Paolo del Brasile dal 2017?
Domanda delle domande: in Spagna, in Francia, in Germania, le Telecom di quei Paesi si lascerebbero sfilare da aziende di altri Stati una Sparkle del genere?