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Pubblica amministrazione, i sindacati sbuffano per una lettera del ministro Madia

Il governo prende fischi per fiaschi? O la presidenza del Consiglio, tramite il dicastero retto da Marianna Madia, preferisce traccheggiare? E’ quello che si stanno chiedendo in queste ore le organizzazioni sindacali che da poco hanno ricevuto una lettera firmata dallo stesso titolare del dicastero della Semplificazione e la Pubblica amministrazione e indirizzata ai vertici dell’Aran, della conferenza delle Regioni e dell’associazione dei Comuni.

Antefatto: da 6 mesi le Confederazioni sindacali della Pubblica amministrazione attendono di leggere l’atto di indirizzo della Funzione pubblica sul CCNQ, in particolare sulla ridefinizione dei comparti pubblici ai sensi del nuovo art. 54 del d.lgs. 150/200 e del nuovo art. 41 dello stesso 165/2009, come modificato dalla legge 208/15, evidenziano gli addetti ai lavori testi di legge alla mano.

Il ministro Madia ha scritto, in merito, una lettera di due pagine (in verità senza data, gulp) ricevute dai destinatari tra il 12 e il 15 febbraio.

Tutto bene? Non tanto, sottolinea alcune fonti sindacali: il primo capoverso della seconda facciata della lettera contiene o un errore o un’imprecisione o una voluta bugia. Il futuro si periterà di accertare la faccenda.

Nella lettera si legge: “Poiché l’ARAN, con nota del 10 Febbraio us, ha informato che – anche grazie alla citata modifica dell’art.41-  dal confronto con le parti sindacali emergono concrete possibilità che la trattativa si concluda in modo positivo, viene proposto il seguente atto di indirizzo ai fini dell’accordo che non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Questo il testo. Ma la trattativa in atto all’ARAN – ampiamente documentata da tutti i verbali stesi dall’ARAN in questi 6 mesi – dimostra il contrario, sottolineano diversi addetti ai lavori tra ministeri, regioni e comuni. In altri termini – dice un sindacalista che preferisce l’anonimato – “non ci sono concrete possibilità che, stando così le cose, ossia in assenza di un impegno governativo scritto sulla conferma della rappresentatività raccolta tra dicembre 2014 e marzo 2015, si esca dallo stallo”.

Uno stallo, aggiunge peraltro, una fonte del governo che vede la maggioranza delle confederazioni sedute al tavolo Aran indisponibili ad accettare la proposta di questi 4 comparti proposti dalla parte pubblica: Ministeri, Regioni, Sanità, Scuola.

Dice un dirigente sindacali: “La maggioranza delle Confederazioni non accetterà questo schema in assenza di una fase transitoria chiara e sottoscritta dalle parti in causa ed in assenza di una collocazione di università e ricerca nel comparto centrale e non nel comparto scuola. Inoltre la maggioranza delle Confederazioni non accetterà che la Presidenza del Consiglio dei Ministri non possa essere un comparto a parte, come previsto dalle leggi vigenti”.. In altri termini, continuerà ad esserci stallo finché non saranno garantiti i diritti sindacali acquisiti con le rilevazioni 2014-2015.

La maggioranza delle Confederazioni e tutte le Confederazioni autonome sono concordi su questi aspetti. Dal 16 dicembre 2015 aspettano un impegno scritto, del governo e dell’Aran, su questi fondamentali aspetti di democrazia, aggiunge un altro sindacalista: “Anzi, le Confederazioni Autonome, chiedono -ancora una volta – a Regioni, Province e Comuni di esprimere un parere scritto su questi aspetti, ricordando (tra l’altro) alla Madia che la nuova articolazione dei comparti e delle aree sarà immediata fonte di nuove spese, per le nuove collocazioni contrattuali del personale, dirigente ma non solo”.



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