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Cosa combinano Francia e Haftar in Libia

Nell’ultima settimana alcuni media internazionali (Monde, Reuters, Associated Press) hanno diffuso notizie incrociando fonti libiche, europee e americane, riguardo il dispiegamento di unità speciali occidentali in una base vicino Bengasi, Libia centro-orientale, controllata dai soldati che rispondono al generale Khalifa Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk.

LE FORZE SPECIALI FRANCESI AL FIANCO DI HAFTAR 

Secondo queste informazioni le forze speciali francesi, presenti nella base (forse insieme ad americani e inglesi), starebbero addirittura conducendo clandestinamente azioni dirette contro lo Stato islamico e altre “milizie islamiste” presenti nell’area di Bengasi. Alcune di queste ultime sono alleate del governo di Tripoli (mentre per il generale sono tutti “terroristi” senza distinguo): lo pseudo governo tripolitano è dunque molto contrariato dal fatto che Haftar stia conquistando territorio nella zona di Bengasi combattendo non solo il Califfato e sbloccando situazioni militarmente in stallo da mesi. Vittorie che con ogni probabilità arrivano grazie all’impegno straniero (sia a terra che dall’aria, da dove si susseguono le segnalazioni di attacchi aerei probabilmente operati dall’Egitto con l’aiuto francese).

PARIGI NON CREDE NELL’ONU (?)

La decisione di Parigi di appoggiare i soldati di Haftar, ossia Tobruk, una delle fazioni in lotta, è ovvio che ha un grosso valore politico e rischia di sbilanciare la già critica situazione. Le notizie sono uscite a pochi giorni dal voto di fiducia al governo del premier designato con appoggio Onu Fajez Serraj, che lunedì presenterà una nuova lista di ministri senza Haftar al governo di Tobuk (che ha la legittimazione internazionale per votarne la fiducia). Evidentemente Parigi non crede troppo nell’iniziativa delle Nazioni Unite, che aveva come fine di porsi super partes per favorire la concordia nazionale, e decide di avvantaggiarsi schierandosi direttamente da un lato della lotta.

LE DIVISIONI SU HAFTAR

“Ora che ha il vento in poppa dubito che Haftar sosterrà mai un processo politico”, commenta in una conversazione con Formiche.net Mattia Toaldosenior analyst presso l’European Council on Foreign Relations di Londra. “Vorrà certamente fare in modo di consolidare la propria posizione in Cirenaica, cercando di qualche escamotage per perpetrare lo stallo politico”, aggiunge Toaldo: “Di fatto, scacciando lo Stato islamico (e le altre milizie combattenti. ndr) anche grazie aiuti esterni, ha creato quella zona cuscinetto intorno a Tobruk che è da sempre uno dei principali interessi anche egiziani”. L’Egitto, che è uno dei principali sponsor di Haftar e dell’esecutivo di Tobruk insieme agli Emirati Arabi, rivendica da anni la propria influenza sulla Cirenaica.

IL GOVERNO

C’è ancora scetticismo sul fatto che lunedì si voti realmente la fiducia alla lista-Serraj: “È probabile che non si voti la fiducia nemmeno la prossima settimana, nonostante ci sia una dichiarazione firmata dalla stragrande maggioranza dei parlamentari (101. ndr) che si dichiarano favorevoli all’esecutivo: è possibile però che l’Occidente impugni la carta come una base politica per riconoscere il governo”, dice Toaldo. Uno dei nodi è sempre il ministero della Difesa assegnato a Mahdi al Barghuthi, uomo forte di Bengasi, sgradito ad Haftar: “A quel punto, se ci sarà un qualche riconoscimento internazionale, i misuratini e i tripolitani potrebbero comunque invitare a Tripoli il governo e avviare le procedure di insediamento”.

LA POSIZIONE ITALIA SECONDO GENTILONI

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni intervenendo venerdì al programma “Voci del Mattino” su Radio1 Rai ha chiarito i contorni della posizione italiana. Augurandosi che al voto di fiducia si arrivi nei prossimi giorni, ha spiegato che il fatto che “101 componenti del Parlamento di Tobruk, cioè la stragrande maggioranza, abbiano scritto su un pezzo di carta di voler approvare la lista dei ministri del nuovo governo unitario” è già di per sé una sorta di garanzia politica. Ma ha aggiunto che processo politico e lotta allo Stato islamico si incrociano su due piani diversi: “Non possiamo aspettare la fiducia al governo libico per puntare i riflettori su eventuali minacce terroristiche e sulla loro prevenzione”.

UNO STALLO CONTINUATIVO

Il rischio, come spiega Toaldo, è che quella fiducia non arrivi proprio, perché Haftar continuerà a muoversi per fare ostruzionismo, soprattutto in un momento come questo, favorevole dal punto di vista militare: “Così tutto resterà fermo allo stato attuale, ma sarà una partizione con un grande distinguo, perché a Tripoli si insedierà un governo riconosciuto dalla Comunità internazionale grazie al fronte variegato dei 101 che hanno firmato il documento, il quale avrà il controllo della maggior parte del Paese; mentre a Tobruk continuerà a comandare Haftar”.

L’ITALIA HA OPERATORI PRONTI “AD ESSERE INVITATI”

Le parole di Gentiloni si allineano con quanto trapelato dal Consiglio supremo di Difesa in merito alla possibilità di schieramento immediato di unità speciali dell’esercito italiano per la lotta al terrorismo, appena ci sia garanzia di un invito da parte dei libici: in questo caso, stando alle parole del ministro, potrebbe anche bastare la presenza del riconoscimento alla lista dei 101 favorevoli e un successivo invito.

 


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