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Ecco come la Turchia mercanteggia con l’Ue sui migranti

AHMET DAVUTOGLU

La Turchia alza la posta sulla crisi migratoria che negli ultimi mesi ha colpito l’Europa e la stessa stabilità dell’Unione europea. Il vertice tra il premier di Ankara, Ahmet Davutoglu (nella foto), e i Ventotto Paesi dell’Ue si è chiuso con la richiesta da parte della Turchia di altri 3 miliardi per la gestione dei migranti, oltre all’accelerazione della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che viaggiano nell’area Schengen e una nuova apertura sul negoziato di adesione di Ankara all’Ue.

I TERMINI DELL’ACCORDO

L’accordo, ancora parziale e su cui i Ventotto si pronunceranno tra il 17 e 18 marzo, prevede che, a partire dall’inizio di giugno, la Turchia si prenda carico di tutti i migranti “economici” (quelli che non hanno diritto alla protezione internazionale) che sono arrivati in Grecia dopo aver attraversato illegalmente la frontiera. Inoltre, saranno rimandati indietro, a spese dell’Ue, anche i profughi che avrebbero diritto alla protezione internazionale (siriani compresi), ma che sono approdati illegalmente nelle isole greche dell’Egeo partendo dalle coste turche.

I CAMPI PROFUGHI GESTITI DALL’ONU E FINANZIATI DALL’UE

I richiedenti asilo rinviati dalle isole greche in Turchia saranno accolti nei campi profughi gestiti dalle agenzie Onu e finanziati dall’Ue. E per ogni siriano riportato in Turchia, l’Ue si impegna ad accogliere in un suo Stato membro, applicando i programmi volontari di reinsediamento, o “resettlement”, un altro rifugiato siriano, prelevandolo direttamente proprio dai campi profughi turchi. Tale misura dovrebbe bloccare il traffico di esseri umani, rendendo vani gli ingressi irregolari nell’Ue. La Turchia si impegna anche a riprendere sul suo territorio tutti i migranti che saranno salvati o comunque recuperati nel mar Egeo dalle navi di Frontex, l’Agenzia Ue per le frontiere esterne, e da quelle della missione Nato di supporto.

LE RICHIESTE DI ANKARA

Per mettere in atto le misure di gestione dei migranti, però, Ankara ha alzato la posta: raddoppia la richiesta di finanziamenti (da 3 a 6 miliardi di euro) versati dall’Ue alla Turchia; chiede l’accelerazione delle procedure (a fine giugno invece che a ottobre-novembre) sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che viaggiano nell’area Schengen; infine preme su una nuova accelerazione delle procedure di ingresso della Turchia nell’Unione europea, a lungo frenate.

IL MERITO DELLA PROPOSTA TURCA

Al di là delle contropartite chieste da Ankara per mettere in atto il nuovo piano sui migranti, il merito della proposta turca, si legge su Repubblica, sarebbe quello di “spostare drasticamente la logica con cui si è affrontata finora l’emergenza profughi, stroncando alla radice il traffico di esseri umani. La nuova regola – scrive Andrea Bonannidiventerebbe che non si può entrare clandestinamente nella Ue, ma ci si può arrivare solo attraverso una regolare procedura di domanda d’asilo“. Anche il giornalista francese Bernard Guetta, tradotto e pubblicato su Internazionale, spiega come la Turchia abbia saputo trovare una soluzione che i Ventotto non sono stati capaci di vedere e che se le richieste di Ankara saranno accettate “le attività dei trafficanti si interromperebbero immediatamente“. Per alcuni, però, questo modello di gestione renderà la Grecia una gabbia , senza contare che la chiusura della rotta balcanica aprirà alla ricerca da parte dei migranti di nuove canali di movimento.

IL CASO ZAMAN E LA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE

A fare da sfondo alle trattative sui migranti, però, non sono passate inosservate le incursioni che il governo di Erdogan ha messo in atto in molte redazioni dei giornali di opposizione. L’ultimo quotidiano ad essere stato “commissariato” dal governo è Zaman, uno dei giornali più letti in Turchia (600.000 copie vendute al giorno), in cui sono stati sostituiti direttore, editore e giornalisti – ora rigorosamente filo governativi – e che è tornato in edicola proprio oggi. Prima di Zaman, era stato il caso dei quotidiani Bugun e Millet, chiusi definitivamente nei giorni scorsi, l’arresto del direttore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet e l’arresto di l’incarcerazione di giornalisti rei di aver raccontato fatti scomodi per il governo (qui tutti i dettagli).

IL PREZZO DELLA SOLIDARIETÀ

In questo scambio tra Turchia e Europa c’è chi si interroga, però, sull’opportunità dell’ingresso di Ankara nell’Unione. Lo fa Ennio Di Nolfo, storico e esperto di relazioni internazionali, attraverso una riflessione sulla sua pagina Facebook in cui ricorda il testo dell’articolo 1 bis del Trattato di Lisbona, Trattato fondativo dell’Unione europea, che recita: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Di Nolfo si domanda fino a che punto il regime di Erdogan sia coerente con i principi dell’articolo 1 del Trattato di Lisbona – “non lo è (curdi, stampa, parità, tolleranza, solidarietà)” – e si domanda, ancora, se la sua domanda di ingresso nell’Ue possa essere accettata con tali premesse. “È appena il caso di notare che qui si tratta di paragonare il disprezzo per i principi con le urgenze della questione immigrati – scrive lo storico -. Non si può negare che la Turchia sia il paese più esposto, ma come anche immaginare che la solidarietà sia pagata a un certo prezzo in euro?”.

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