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Isis, ecco come vengono addestrati i bambini nel Califfato

Tra le file dell’Isis ci sono circa 31.000 donne incinte e almeno 50 bambini provenienti dal Regno Unito. Inoltre, solo negli ultimi sei mesi la propaganda del Califfato ha pubblicizzato 12 bambini-boia, oltre a uno che ha “solo” assistito a pubbliche esecuzioni. Sono i dati più impressionanti del report realizzato dalla Quilliam Foundation di Londra sul tema dei bambini nel Califfato.

Per i reclutatori i bambini sono una risorsa importante perché possono ricoprire diversi ruoli, combattenti e non, e diventano cruciali in tempo di guerra. “I bambini – è scritto nel report – sono usati come soldati, scudi umani, messaggeri, spie e sorveglianti, senza citare i matrimoni forzati e gli stupri ai quali sono costrette le ragazze”. Inoltre, cinicamente, i bambini sono considerati più economici degli adulti perché mangiano meno e non hanno bisogno di molto denaro. La guerra in Siria ha avuto un effetto devastante sul sistema scolastico. Si calcola che alla fine di settembre del 2015 oltre un quarto delle scuole era distrutto e almeno 700.000 bambini erano senza scuola su 2 milioni di rifugiati. Complessivamente, però, sono 5 milioni i bambini coinvolti nella guerra. Un bacino nel quale l’Isis pesca facilmente: l’indottrinamento che comincia nelle proprie scuole, scrive la Quilliam Foundation, “si intensifica nei campi di addestramento dove ragazzini tra i 10 e i 15 anni sono istruiti sulla shari’a, desensibilizzati sulla violenza e vengono insegnati specifici mestieri per servire meglio lo Stato islamico e impugnare la bandiera della jihad”. Le ragazze imparano a cucinare, pulire e sostenere i loro mariti “così possono essere buone mogli e madri mentre i ragazzi vengono preparati al combattimento imparando materie militari”, come l’uso delle armi.

La prima cosa insegnata ai bambini è diventare delle spie per raccogliere informazioni tra i familiari, i vicini e gli amici che non rispettano le regole e le pratiche del Califfato. Se superano questa prova, vengono “promossi” a ruoli con maggiori responsabilità e “una volta che si trovano in prima linea e impegnati in battaglia con il nemico, sono allenati anche a spiarlo”.

Una delle fasi più atroci della vita nel Califfato è quando i bambini imparano a diventare boia e a uccidere chi non rispetta le regole. Viene spiegato che uccidere è normale e spesso alcuni di loro assistono alle esecuzioni impugnando coltelli di combattenti adulti mentre altri bambini le effettuano. Si insegna che è un privilegio e un onore: un video mostra sei ragazzini, ai quali è concesso di giustiziare prigionieri siriani, che festeggiano correndo in un labirinto dopo aver trovato e ucciso gli ostaggi. Non mancano, naturalmente, i baby kamikaze. Sono allenati anche a questo, tanto che qualche volta viene loro ordinato di indossare giubbotti esplosivi mentre svolgono altri lavori nel caso dovessero essere attaccati. Inoltre, imparano anche a guidare veicoli pieni di esplosivo. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nel 2015 (fino a luglio) ci furono almeno 19 casi di bambini kamikaze.

Per le ragazze la vita è diversa ma certo non migliore. Viene loro data un’educazione domestica per soddisfare i bisogni dei mariti, crescendo i figli secondo l’ideologia dell’Isis e curando la loro casa. Conosciute come “fiori e perle del Califfato”, è noto che devono essere completamente vestite, vengono controllate e non possono lasciare la loro casa se non in circostanze eccezionali. Le regole di base sono drammaticamente semplici: costrette al matrimonio tra i 9 e i 16-17 anni, nello Stato islamico devono contribuire a costruire la comunità islamica, fare figli e mandarli in battaglia.

La soluzione? La Quilliam Foundation propone di creare una commissione per proteggere le generazioni future dal radicalismo, monitorando la situazione e cercando di reintegrare i ragazzi all’interno dell’Unione europea. Occorrerebbe anche un network con organizzazioni non governative e, in generale, semplificare le procedure di deradicalizzazione per far cambiare vita a quei giovanissimi, prevedendo un supporto psicologico. Ma come si fa a prenderli nelle file dell’Isis? Bussando alla porta di un campo di addestramento?

(Scarica il pdf del Report “The children of islamic state” della Quilliam Foundation)


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