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Poste Italiane, ecco chi spinge (e chi no) sul monopolio degli atti giudiziari

Francesco Caio poste italiane

Un ultimo assalto, prima di gettare definitivamente la spugna. La legge sulla concorrenza in discussione al Senato si avvia alla fase finale (la prossima settimana la commissione Industria dovrebbe terminare i lavori, poi toccherà all’Aula) portando in dote quella proroga al giugno del 2017 del monopolio sulla consegna degli atti giudiziari concessa a Poste all’ultimo miglio alla Camera, oltre quattro mesi fa.

I NODI DEL CONTENDERE

In ballo non ci sono soltanto i soldi (per il gruppo guidato da Francesco Caio la riserva legale corrisponde a  introiti per 300 milioni, l’1% dei ricavi di Poste), quanto una liberalizzazione del settore postale che in Italia tarda ad arrivare, come lamentano diversi osservatori. E forse tarderà ancora visto che al Senato, come già successo alla Camera, è arrivato l’ennesimo stop alla fine anticipata dell’esclusiva sulla consegna degli atti, che aprirebbe la porta ai privati. I beneficiari – secondo le previsioni degli analisti – sarebbero ovviamente i cittadini che, dopo la liberalizzazione, potranno beneficiari di servizi più efficienti e costi più contenuti di la notifica.

IL BLITZ  DEL GOVERNO IN COMMISSIONE

Cosa è successo mercoledì in commissione Industria sul fronte postale? Secondo quanto è in grado ricostruire Formiche.net, sul tavolo della commissione c’erano parecchi emendamenti trasversali all’articolo 25 del ddl, quello relativo alla liberalizzazione del settore postale, con cui le forze politiche chiedevano l’anticipo di sei mesi della scadenza del monopolio, al 1 gennaio 2017. Il governo però, rappresentato dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonio Gentile, nonostante il pressing di quasi tutti i partiti, Pd compreso e dei relatori, si è opposto, dando parere contrario e respingendo tutte le proposte di modifica. Salvo tre, quelle recanti la firma dei senatori Paola Pelino (Fi), Francesco Scalia (Pd) e Riccardo Mazzoni (Ala), i quali chiedono all’unanimità l’anticipo del termine da giugno a gennaio 2017. Tali emendamenti hanno per il momento evitato la tagliola del governo, finendo per essere accantonati, ovvero né votati, approvati o respinti, con la possibilità di essere riformulati e riproposti in commissione prima che il ddl approdi in Aula. Il tempo però stringe, e le riformulazioni, se arriveranno, dovranno essere presentate martedì o mercoledì al massimo. Altrimenti Poste avrà davanti a sé un altro anno di monopolio.

GLI ALTRI STOP&GO SULL’ESCLUSIVA DI POSTE

Lo schema del Senato ricorda un po’ quello della Camera. Lo scorso settembre infatti, a ridosso della privatizzazione del gruppo i relatori al ddl, i deputati Pd Silvia Fregolent e Andrea Martellapresentarono un emendamento in Aula che rinviava di 365 giorni, dal 10 giugno 2016 al 10 giugno 2017, lo stop all’esclusiva sulla notifica di atti giudiziari e contravvenzioni. Il testo licenziato dalla commissione Finanze e Attività Produttive infatti, prevedeva la fine del monopolio addirittura dalla metà di quest’anno. E invece non se ne fece nulla, perché l’emendamento dei relatori fu approvato in extremis a Montecitorio, suscitando non poche proteste da parte degli operatori postali privati, tra cui quelle della Fise Are, l’associazione degli operatori privati in seno a Confindustria. Anche se la confederazione ora presieduta da Giorgio Squinzi, anche in occasione di audizione al ddl, ha sollevato dubbi circa la fina anticipata della riserva legale, anche se va precisato che le obiezioni degli industriali erano contestuali all’imminente quotazione del gruppo. Di parere opposto, da diversi anni, l’Antitrust, per la quale l’esclusiva di Poste è un’anomalia di mercato.



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