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Pensionamento flessibile, ecco quanto costa il progetto di Cesare Damiano

Cesare Damiano, autorevole presidente della Commissione Lavoro della Camera e “santo patrono’’ dei c.d. esodati, in attesa di proporre un’ottava salvaguardia, ha incaricato il Coordinamento attuariale dell’Inps di predisporre delle relazioni tecniche (ne sono già state presentate due: la prima il 9 e la seconda il 22 febbraio) con riguardo ai costi che deriverebbero dall’approvazione della proposta di legge di cui Damiano stesso è primo firmatario (AC 837). Il provvedimento prevede la c.d. flessibilità del pensionamento mediante la possibilità di accedervi al compimento dei 62 anni e 7 mesi di età (incrementabili sulla base dell’attesa di vita) con almeno 35 anni di anzianità contributiva sempreché l’ammontare della pensione risulti non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. In questo caso, sulla quota di pensione calcolata con il sistema retributivo verrebbe applicata una riduzione (o un incremento se si continuasse a lavorare fino a 70 anni) in dipendenza dell’età e dell’anzianità all’interno di un range dell’8%.

Insieme alla proposta dell’uscita flessibile è inclusa (all’articolo 3 del progetto di legge)  la possibilità di accedere al pensionamento – a prescindere dal requisito anagrafico – facendo valere almeno 41 anni di anzianità contributiva che restano stabili nel tempo e non sono adeguati agli incrementi dell’attesa di vita. In questo caso non opererebbero penalizzazioni economiche, qualunque fosse l’età anagrafica.

Agli attuari dell’Inps sono state richieste diverse ipotesi, allo scopo di ridurre dei costi oggettivamente insostenibili, dopo che, nella relazione del 9 febbraio, era emerso che l’integrale applicazione della normativa proposta nell’AC 837 (comprensiva di ambedue i canali di uscita) comporterebbe già nel 2017 un numero maggiore di pensioni pari a 366mila ed un onere di 7,4 miliardi. Tra dieci anni questi importi salirebbero rispettivamente a 750mila trattamenti in più  e a 14miliardi.

Altre ipotesi – illustrate nella relazione del 22 febbraio – comportano costi inferiori, ma si rimane sempre nell’ambito di diversi miliardi. In sostanza si tratta di un’operazione in grave perdita per i conti pubblici.

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Nessuna nostalgia per i tempi in cui il codice Rai obbligava le ballerine ad indossare dei calzoni alla zuava che lasciavo scoperto solo il polpaccio. Assistendo ad una puntata dell’Ispettore Coliandro, mi sono chiesto, però, se fosse proprio indispensabile che il baldo protagonista si esprimesse, in prima serata, attraverso quel gergo, intessuto di riferimenti ai genitali, che una volta si chiamava turpiloquio. E soprattutto se fosse proprio indispensabile realizzare una scena di sesso spinto, consumato su di una tomba nella Certosa di Bologna. Ovviamente nella parte monumentale.

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