C’è un pezzo consistente di alto clero cattolico che ha deciso di giocare un ruolo di primo piano nel referendum del 17 aprile (qui il punto di Formiche.net). Ci sono vescovi scesi in campo con tanto di dichiarazioni di voto, pastori alla guida di comunità pronti a convocare riunioni dove al pari della pastorale si discute anche di politica energetica. Il tutto senza destare troppo scandalo in quello stesso mondo laico che di recente ha puntato il dito contro il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, reo di aver espresso la sua posizione sul ddl Cirinnà. Sulle questioni ambientali alla Chiesa pare sia concesso di parlare pubblicamente senza ricevere accuse di ingerenza, nonostante s’intervenga nella dialettica schierandosi con una fazione.
LA POSIZIONE DI MONSIGNOR GALANTINO
Questo attivismo sui temi ecologici coinvolge soprattutto le Diocesi del Mezzogiorno e ha trovato una sponda nell’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, citata di continuo nelle tesi per il sì al referendum. Su una linea di particolare attenzione alla difesa del Creato si è posto da tempo il segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino, bergogliano doc, che nei giorni scorsi, a conclusione del Consiglio episcopale permanente, si è visto costretto a piantare qualche paletto per ricordare che la Chiesa italiana non si schiera da nessuna parte in questo referendum. Nel comunicato finale i vescovi si sono infatti limitati a ribadire “l’importanza che essa (la questione ambientale, ndr) sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco”. In conferenza stampa monsignor Galantino, come riportato da Avvenire, ha poi aggiunto che “non c’è un sì o un no da parte dei vescovi al referendum”, anche se “il tema è interessante e occorre porvi molta attenzione”. “Gli slogan non funzionano – ha scandito -. Bisogna piuttosto coinvolgere la gente a interessarsi alla questione. Il punto, quindi, non è dichiararsi pro o contro alle trivelle, ma l’invito a creare spazi di incontro, di confronto”.
L’ARCIVESCOVO DI TARANTO ANNUNCIA IL SUO SI’
Chi non ha avuto remore nell’esprimere in maniera chiara la sua posizione favorevole al referendum (annunciando quindi di votare sì alla proroga delle concessioni per le trivelle entro le 12 miglia), è stato monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto vicino a CL nonché presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del Creato. “Le piattaforme petrolifere al largo delle coste dell’Adriatico e dello Ionio sono un’ulteriore aggressione a una realtà già fragile e vanno a intaccare la vocazione legata al mare, al turismo, alla pesca, all’agricoltura e all’artigianato di un territorio già ferito”, si legge in una nota dell’Arcidiocesi. “La tecnologia non può non tenere conto delle conseguenze di un suo abuso che non contempli le possibili ripercussioni”. Secondo il prelato, “gli equilibri dell’ecosistema dei mari, Ionio e Adriatico, sono estremamente fragili, e sono prospicienti territori che con fatica tentano di porre riparo ai danni che sono derivati da una discutibile e unilaterale gestione delle risorse”. Fino all’annuncio: “Tutto questo offre all’arcivescovo di Taranto, che si esprime in termini personali, ragionevole fondamento al Sì al referendum del 17 Aprile. Le ferite della nostra terra sono già molte e non devono aumentare”.
DAL PROFONDO SALENTO LA RISCOSSA DI ANGIULI
Ha fatto sentire in più occasioni il suo appoggio ai no Triv anche il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli. Già l’estate scorsa in un’intervista a Radio Vaticana aveva così tuonato: “Il Sud non può diventare una pattumiera con tutti questi problemi. Non si può aggiungere problema a problema. Non si vede il motivo per cui con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare, tanto più che non ci sarà nessun guadagno dal punto di vista economico”. In quel colloquio monsignor Angiuli si era anche avventurato in valutazioni tecniche: “Pare sia acclarato – aveva detto – che da noi ci sia poco petrolio, oltretutto di scarso valore. Non si vede quindi il motivo di impegnare questo nostro territorio, che si fonda sul turismo e non si capisce perché si debba deturparlo senza poi avere dei vantaggi, perché non ce ne sarà nessuno di carattere economico. La scelta non sembra quindi razionale”. A questo vescovo iper ambientalista aveva risposto su Formiche.net il professor Federico Pirro per controbattere alle sue tesi. In questi giorni monsignor Angiuli è tornato sull’argomento, anche se con toni più pacati, tramite un’intervista a Zenit.it, nella quale ha precisato come “quando la scienza non dà risposte certe, ai non addetti ai lavori non rimane che affidarsi al buon senso ed accogliere le tesi che sembrano più plausibili. Per questo mi sembra del tutto inverosimile ritenere che la tecnica dell’airgun utilizzta nelle prospezioni dei fondali marini non procuri uno sconvolgimento dell’ecosistema marino”.
GLI ALTRI VESCOVI MOBILITATI
Ci ha pensato a gennaio l’agenzia Sir (Servizio informazione religiosa) legata alla Cei a fare una rassegna di opinioni dei vescovi pro referendum (qui l’articolo). Dal titolare della Diocesi di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone (che ha espresso “timori e ansie” che la costa “possa divenire un orizzonte di piattaforme”), all’arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, monsignor Giovan Battista Pichierri (“Bisogna cercare altre fonti energetiche” ha detto spronando a “non avventurarsi in progetti dall’esito incerto al costo della rottura di labili equilibri dell’ecosistema”), i prelati interpellati si sono espressi tutti contro le trivellazioni in mare. Particolarmente netto il giudizio del successore di monsignor Galantino alla guida della Diocesi di Cassano allo Jonio, ossia monsignor Francesco Savino: “Speriamo che vengano bloccati i progetti di trivellazioni petrolifere sulle coste dello Jonio e dell’Adriatico” ha auspicato. Chiude il cerchio l’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, che in una recente intervista a Radio In-Bluche ha chiesto di “superare la logica della sola dipendenza dagli idrocarburi”.