Non c’è dubbio che l’islamismo politico appartenga alla famiglia delle concezioni del mondo illiberali e totalizzanti che hanno accompagnato il genere umano pretendendo di modellare le società e gli Stati. Concezioni che, come è noto, hanno avuto modo nel secolo scorso, cioè nel Novecento, di esplicare tutta la loro potenza di ferro e di fuoco. La loro offensiva, a dire il vero, è stata tanto radicale da puntare dritto al cuore di enormi masse all’interno del mondo occidentale. Le quali, man mano che l’onda montante dei totalitarismi (nazifascismo e comunismo) estendeva il suo dominio, erano come soggiogate e ammaliate o rispondevano con una cieca indifferenza.
Nel 1939, nel pubblicare un saggio in una raccolta collettanea americana, proprio mentre le sirene della guerra cominciavano a risuonare in Europa, Benedetto Croce si chiedeva cosa potesse fare l’uomo di cultura per contribuire nel suo specifico alla comune battaglia per la libertà. E rispondeva che il suo compito era quello di chiarificare i concetti di base che erano andati smarriti, anche e soprattutto fra gli intellettuali; concepire una retorica adeguata per renderli affascinanti agli occhi dei più; suscitare e rinvigorire quelle energie morali che si erano assopite contribuendo ad aggravare la “malattia morale” che in ogni ora sì aggravava. Detto altrimenti, la battaglia contro le forze antioccidentali maturate all’interno stesso dell’Occidente doveva svolgersi, contemporaneamente, a suo dire, sul fronte esterno, diciamo politico e militare, e sul fronte interno, dando una scossa alle coscienze stesse di tanti occidentali smarriti e senza più consapevolezza delle proprie libertà.
D’altronde, questa del contributo che gli uomini di cultura potevano dare fu una discussione che segnò in quegli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, e poi in quelli immediatamente successivi, il pensiero della più parte dell’intelligenza liberale, consapevole tutta del fatto che l’Occidente si era trovato impreparato e senza strumenti nel momento della necessità. Opere come quelle scritte allora, oltre che da Croce, da Popper, Hayek, Berlin, diventate in poco tempo dei classici o delle pietre miliari, volevano essere un contributo a capire certo, ma anche ad evitare che in futuro ci si potesse trovare ancora impreparati di fronte all’emergere di nuovi e diversi attacchi alla libertà. Quel futuro, per il nostro continente, è ora arrivato.
Dagli attentati di Madrid del 2004 a quelli di ieri a Bruxelles, gli attacchi di guerra compiuti in nome di quell’ideologia politica a matrice religiosa che si chiama islamismo politico si sono moltiplicati a dismisura. Siamo in guerra: una guerra contro il totalitarismo fisica e anche culturale, proprio come l’altra. E culturale per due ordini di motivi: da una parte, perché il mondo che si vuole forgiare è ancora una volta unidimensionale, ove la verità che si vuole imporre è uguale per tutti e precostituita, ove non c’è possibilità di dissentire, criticare, irridere, cioè in una parola progredire; dall’altra, perché non crediamo più in noi stessi e nella nostra civiltà. La nostra “malattia morale”, la nuova disaffezione per la libertà che ci ha preso, ha le facce del pacifismo e antimilitarismo astratti, per cui bisogna porgere l’altra guancia e “capire” le ragioni di chi ci attacca; del relativismo multiculturalista, con la sua idea che tutte le credenze e le prassi politiche si equivalgono; del buonismo, che ci porta ad avere “sensi di colpa” per un nostro passato considerato senza senso storico e senza la consapevolezza del lungo cammino che ci è costata la libertà.
C’è in giro una fiacchezza morale e un conformismo “politicamente corretto” che mina dall’interno il nostro mondo e che ci fa sentire ancora più accerchiati dalle forze illiberali che ci combattono. Riprendere in mano i grandi classici del pensiero liberale è essenziale per non ripetere i vecchi errori davanti alla barbarie ritornante.
ECCO GLI APPROFONDIMENTI DI FORMICHE.NET SU ISIS E GLI ATTENTATI A BRUXELLES:
Tutte le sciocchezze su Isis, Bruxelles, Servizi e Corano. Il corsivo di Stefano Cingolani
Bruxelles, la guerra di Isis e l’eutanasia dell’Europa. L’analisi di Benedetto Ippolito
Chi finge di non vedere la guerra di Isis. Il commento di Gennaro Malgieri
Benvenuti a Bruxelles, capitale di un’Europa imbelle e inconcludente. Il corsivo di Bruno Manfellotto
Attentati a Bruxelles, come combattere con efficacia il terrorismo. L’analisi di Ennio Di Nolfo
Salah, Molenbeek e il jihad made in Europe. Il post del sociologo Marco Orioles
Tutte le bufale circolate sui media dopo la strage a Bruxelles. La ricostruzione di Alma Pantaleo
Così Clinton e Trump si rintuzzano anche sugli attentati a Bruxelles. L’articolo di Giampiero Gramaglia
Attacco terroristico a Bruxelles, tutti i dettagli. La ricostruzione di Emanuele Rossi
Bruxelles, da “non luogo” a capitale del terrore. Il corsivo di Guido Mattioni
Vi racconto tutto di Molenbeek. La testimonianza di Enrico Martial
Perché il Belgio è considerato “la culla del jihadismo” in Europa. L’approfondimento di Rossana Miranda