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Serraj arriva finalmente in Libia, via mare

Nel pomeriggio di mercoledì 30 marzo il premier libico designato da un processo politico sponsorizzato dalle Nazioni Unite, Fayez Sarraj, e i membri del suo Consiglio presidenziale, nonché futuri ministri del Paese, sono arrivati a Tripoli. Sono sbarcati superprotetti alla base militare Abu Seta poco fuori città, dopo aver viaggiato da Tunisi a bordo di unità navali libiche.

Il viaggio ha preso il mare perché le rotte aeree, e soprattutto l’aeroporto Mitiga della capitale libica, erano considerate poco affidabili. Dopo alcuni tentativi e vari annunci negli ultimi giorni, un nuovo approccio si era tentato, pare, anche all’alba odierna, ma il volo che accompagnava il gabinetto ministeriale ha dovuto fare retromarcia a Tunisi per ragioni di sicurezza. Nei giorni scorsi alcune milizie fedeli allo pseudo governo locale, che si oppone al nuovo esecutivo di concordia (Gna), avevano bloccato lo scalo aereo proprio perché si ventilava l’arrivo in città di Sarraj.

La situazione attorno al Gna è tutt’altro che sicura, basta pensare che sarà la base navale la sede momentanea del governo. Fino a stamattina i media sul posto segnalavano violente esplosioni e sparatorie lungo le strade di Tripoli, dove da giorni le milizie dei favorevoli al nuovo esecutivo si stanno scontrando con quelle dei contrari, in una prova di forza più che altro muscolare.

Inizialmente erano circolate voci sul fatto che il premier libico fosse arrivato a bordo di navi militari italiane, informazioni smentite dal colonnello Abdel Rahman al Tawil, capo della commissione sicurezza del Consiglio di presidenza del Gna, che ha dichiarato: “Nessuna forza straniera ha partecipato all’operazione condotta oggi di rientro a Tripoli dei membri dell’esecutivo”. Queste parole hanno un peso non relativo, se si considera che una delle maggiori critiche mosse a Sarraj è quella di guidare un governo creato e manipolato dagli stranieri, e su questo si basano le principali invettive ufficiali lanciate soprattutto da Tripoli, e i continui rinvii delle votazioni a Tobruk. In realtà dietro a queste posizioni contro il Gna ci sono lotte per il potere e per mantenere attivi gli interessi territoriali di politici, clan e milizie.

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