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Ecco come il Pd di Renzi vuole regolare per le legge le primarie (vietate quelle on line di Grillo e Casaleggio)

Non è la prima proposta e non sarà nemmeno l’ultima. Ma potrebbe essere quella con più forza parlamentare. Parliamo di primarie e della volontà di regolarle per legge. Alla Camera è stata presentata una proposta di legge firmata da Dario Parrini, Edoardo Fanucci, Andrea Marcucci e Franco Mirabelli, tutti parlamentari del Pd con – si dice – il beneplacito di Matteo Renzi. “Dopo aver visto improbabili gazebarie e polemiche di tutti i tipi sulla partecipazione, pensiamo sia venuto il momento di mettere un punto legislativo e istituzionalizzare una prassi politica che, almeno per quanto riguarda il Pd, ormai è un’abitudine consolidata da circa quindici anni”, dicono i firmatari.

LE TRE STRADE

La nuova proposta di legge lascia aperte tre possibilità: primarie aperte (dove possono votare tutti, previa dichiarazione di essere un elettore di quel partito), semi-aperte (possono votare solo gli iscritti a un albo in cui bisogna registrarsi per tempo) e chiuse (dove possono esprimersi solo gli iscritti a quel partito). “Il Pd continuerà a preferire il modello semi-aperte, come abbiamo sempre fatto finora”, sottolinea Parrini. La scelta se farle o meno resta facoltativa: ogni partito potrà decidere in totale autonomia. Le primarie serviranno a selezionare solo i candidati alle elezioni dirette (sindaco, presidente di regione), quindi non vedremo più primarie per la premiership. “Non si terranno per i candidati alla presidenza del consiglio, perché il premier, secondo la Costituzione, non è eletto direttamente, ma nominato dal presidente della Repubblica su indicazione del Parlamento. Si potranno tenere, invece, per eleggere i segretari dei partiti. Ed è ormai chiaro che il segretario del maggior partito di una coalizione sarà anche il candidato premier”, osservano i firmatari.

LE SANZIONI

Naturalmente i partiti potranno scegliere di non farle, ma questo avrà un costo: non potranno usufruire del 2 per mille e saranno loro tolti una serie di sgravi fiscali di cui godono le forze politiche. “Io sono orgoglioso di far parte di un partito, il Pd, che utilizza da anni questo strumento”, osserva Mirabelli. Le primarie, con buona pace dei grillini, non si potranno svolgere on line, potranno votare solo i cittadini presenti nelle liste elettorali dell’elezione in questione, con il limite di età a 16 anni. Questo dovrebbe evitare polemiche sull’ingente ricorso alle comunità straniere, come si è visto a Milano con i cinesi pro-Sala. Naturalmente tutto questo avrà un costo, stimato in 15 milioni di euro l’anno, finanziati con un fondo dello Stato. Insomma, le primarie non saranno più a carico dei partiti, ma delle casse statali, quindi dei contribuenti. “Ma verrà stipulato anche un patto di lealtà: i partiti che violeranno le regole pagheranno delle penali, anche salate”, sottolinea Marcucci. Per partecipare alle primarie, infatti, le forze politiche dovranno pagare una cauzione che potrebbe essere non restituita in caso di violazioni. Come, ad esempio, se il vincitore delle primarie non sarà poi il candidato alla carica o se gli sconfitti non accettano il risultato della consultazione e lo contestano.

LE ALTRE PROPOSTE DI LEGGE

Quella appena presentata non è la prima proposta: in Parlamento giacciono già sette pdl depositati dal 2013. Con notevoli differenze tra loro. Ci sono quelle dei piddini Marco Meloni e Sandra Zampa, c’è quella di Eugenia Roccella (che le prevede anche per la selezione dei parlamentari), quella di Nello Formisano (che prevede il contributo di 10 euro da parte dell’elettore) e quella del fittiano Rocco Palese (che delinea delle primarie territoriali sul modello americano). Infine ci sono le proposte di Pierpaolo Vargiu di Scelta Civica e del parlamentare di Italia Unica Guglielmo Vaccaro. Nel 2011, infine, è stata depositata una legge firmata addirittura da Walter Veltroni. Molto simile a quella appena presentata dai quattro parlamentari Pd.



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