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Tutte le idee di Vincenzo Boccia su fisco, energia, Europa, contratti e bicameralismo

VINCENZO BOCCIA CONFINDUSTRIA

Vincenzo Boccia è il nuovo presidente di Confindustria. Lo ha designato oggi il Consiglio generale dell’associazione. Per l’elezione dovrà attendere il voto di conferma dell’assemblea privata del 25 maggio. Boccia succederà a Giorgio Squinzi e guiderà l’associazione per i prossimi quattro anni. Ha vinto sul collega Alberto Vacchi. Una vittoria sul filo di lana. Nella corsa per la presidenza di Confindustria il salernitano Boccia ha sconfitto Vacchi per un soffio: 9 i voti di scarto. Nella gara che vide contrapposti, nel 2012, Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei, i voti di differenza furono 11. A votare il successore di Giorgio Squinzi, sono stati i 192 imprenditori presenti sui 198 aventi diritto di voto. Tra gli assenti, oltre a Vittorio Merloni al quale è stato tributato un lungo applauso, Mauro Moretti, Claudio Andrea Gemme e Giuseppe Bono impegnati in una missione in Qatar.
Mancavano all’appello anche Luigi Galdabini e Gennaro Zecca. (
Redazione Formiche.net)

Confindustria deve restare no-partisan, non c’è alternativa all’Europa, bisogna fare industria, incoraggiare gli investimenti e completare la riforma del lavoro, della giustizia e dell’amministrazione pubblica. Ecco tutte le idee di Vincenzo Boccia, eletto questa mattina nuovo presidente di Confindustria al posto di Giorgio Squinzi, secondo il programma presentato dall’imprenditore il 17 marzo nel corso del consiglio generale della confederazione di viale dell’Astronomia.

NO-PARTISAN

“Voglio essere chiaro. Confindustria deve restare nopartisan e questo è un valore irrinunciabile. Ma deve essere un attore-protagonista, capace di interpretare anche i copioni più difficili per portare sulla scena i bisogni e le proposte delle imprese”.

ADDIO BICAMERALISMO

“Si annuncia la fine del bicameralismo, diventato nel corso del tempo una ragione di paralisi e distorsione dell’azione legislativa, invece che garanzia di equilibrio. Tornano allo Stato fondamentali competenze per la gestione dell’economia e, cosa ancor più importante, si ristabilisce la prevalenza dello Stato in tutti i casi in cui lo richieda la tutela dell’interesse nazionale”.

COSA DEVE FARE CONFINDUSTRIA

“Davanti a questo scenario, immagino una Confindustria di progetto, proposta e denuncia, dove convivano armoniosamente imprese grandi, medie e piccole, inclusiva e non elitaria, capace di fare sintesi nell’interesse trasversale di tutta l’industria italiana e ponte tra le esigenze dell’industria e quelle del Paese”.

NON C’È ALTERNATIVA ALL’EUROPA

“Serve più Europa: occorre rafforzare la dimensione federale rispetto a quella nazionale e a quella intergovernativa, condividendo sovranità per governare più efficacemente insieme. Da soli, i paesi membri non possono gestire fenomeni così drammatici e complessi”.

COME RILANCIARE L’ECONOMIA ITALIANA

“Nel complesso, l’Italia resta un Paese nel quale gli impieghi produttivi sono scoraggiati e quelli improduttivi sono alimentati da protezioni e, spesso, da un’allegra distribuzione delle risorse pubbliche. Se non si affrontano con decisione queste distorsioni, se non si rimuovono i vincoli che impediscono di fare industria e scoraggiano gli investimenti, l’Italia non riuscirà ad uscire dalla stagnazione”.

LA QUESTIONE INDUSTRIAL-CULTURALE

“La questione industriale è anche, e prima di tutto, culturale: bisogna contrastare il paradosso del secondo Paese industriale d’Europa in cui vivono ancora rilevanti dimensioni di cultura antindustriale. Dobbiamo saper raccontare con orgoglio a tutti, a partire dalle generazioni più giovani, l’importanza della identità industriale e produttiva dell’Italia. In questo un contributo determinante è nel documento dei nostri Giovani Imprenditori”.

LE RELAZIONI INDUSTRIALI

“L’Italia si è a lungo caratterizzata per il divario più largo e persistente tra salari e produttività del lavoro, che addirittura è peggiorato negli anni della crisi. Con il Jobs Act il governo ha aperto la strada al superamento del mercato del lavoro rigido e dualistico. Spetta a noi ora la grande responsabilità di completare la riforma con un assetto di relazioni industriali adeguato alle sfide competitive che abbiamo di fronte”.

IL DOSSIER CONTRATTI

“Lo spostamento della contrattazione richiede di dare piena attuazione agli accordi che abbiamo firmato il 28 giugno 2011 e il 31 maggio 2013, coerenti con tale percorso. Su questo voglio però dire una cosa chiara: la questione contrattuale e della rappresentanza appartiene alle forze sociali. A noi il diritto e la responsabilità di affrontarla in modo ambizioso. Al Governo il dovere di porre in essere le condizioni affinché imprese e lavoratori possano fare fronte alla sfida del recupero di produttività. In altre parole, non vogliamo regole imposte dall’esterno, ma una politica fiscale di detassazione e decontribuzione del salario di produttività strutturale negli anni, che, senza tetti di salario e di premio, incentivi modelli virtuosi”.

LA RIFORMA DELLO STATO

“Quella dello Stato resta la riforma delle riforme per sbloccare il Paese. E vi rientrano la riforma della giustizia e quella dell’amministrazione pubblica. Qui torna al centro la questione della cultura anti-industriale, che ancora permea il modo di pensare e di agire di una gran parte degli attori di questi sistemi. Su questi temi dobbiamo condurre una battaglia anche culturale per far cambiare mentalità, far dialogare meglio giustizia e amministrazione, da un lato, ed economia, dall’altro, far capire a queste il linguaggio delle imprese ed esercitare un vero e proprio ruolo di controllo sociale”.

CAPITOLO FISCO

“Dovremo ragionare sulla possibilità di un grande scambio: basse aliquote, base imponibile semplificata, da un lato, fine della moltitudine dei trattamenti privilegiati, le famose ‘tax expenditures’, dall’altro. Nel quadro di una riforma organica, dobbiamo spingere per una drastica semplificazione della tassazione del reddito d’impresa, avvicinando sempre più la base imponibile all’utile civilistico”.

DOSSIER ENERGIA

“Dobbiamo puntare su alcune leve prioritarie: rilanciare il ruolo strategico dell’Italia come hub del Sud Europa per il mercato del gas naturale; riconoscere il ruolo chiave dell’industria petrolifera in un Paese di trasformazione come l’Italia e la centralità della raffinazione e distribuzione dei prodotti petroliferi e creare un sistema di prezzi in grado di promuovere in modo sinergico rinnovabili, termoelettrico e comportamenti di consumo efficienti”.

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

“In questo progetto un ruolo chiave lo giocano le politiche commerciali. Per questo dobbiamo essere ancora più presenti ed efficaci là dove si decide, a partire dall’Europa. TTIP e MES Cina sono due dossier sui quali si gioca un bel pezzo di futuro dell’industria europea”.

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