Servono più uomini, più mezzi e più risorse per i Servizi segreti. E’ l’auspicio risuonato nel corso di un convegno sull’Intelligence organizzato venerdì scorso dal Movimento 5 Stelle.
IL CONVEGNO E I RELATORI
“Intelligence Collettiva: Storia dei Servizi Segreti” era il titolo del seminario organizzato dal gruppo parlamentare del movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Quello che si è tenuto la scorsa settimana era il secondo degli appuntamenti sul tema e aveva come argomento centrale l’evoluzione delle tecniche di ricerca, analisi e gestione delle notizie “che il decisore politico utilizza per fare le sue scelte”, hanno spiegato gli organizzatori. Oltre a Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera ed esponente del direttorio a 5 Stelle, hanno partecipato al convegno come relatori Bruno Marton, membro del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR) e altri esperti del settore, tra cui Aldo Giannuli (docente di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Milano, consulente per importanti commissioni parlamentari e autore di molte pubblicazioni sui temi dell’Intelligence e dei Servizi Segreti), Alfredo Mantini (ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde e direttore editoriale del magazine Lookout News di cui è direttore scientifico Mario Mori) e Adriano Soi (docente di Security studies alla Scuola Cesare Alfieri dell’Università di Firenze, già prefetto e consigliere della Camera dei deputati, ex responsabile della comunicazione istituzionale del DIS).
LE PAROLE DI DI MAIO
“L’Unione europea dovrebbe farsi carico, attraverso una direttiva o addirittura attraverso un regolamento, di uniformare l’accesso ai segreti, cosicché si possano scambiare più facilmente informazioni”, ha detto il vice presidente della Camera Luigi Di Maio. Particolarmente calcato l’aspetto politico-amministrativo della questione. “C’è oggi in Europa un problema normativo che non riguarda le banche dati, ma lo scambio di informazioni. Alcune norme, in alcuni Paesi, non consentono alle agenzie di intelligence di trasferire le informazioni raccolte ad altre nazioni”, ha aggiunto Di Maio, che non si è fatto sfuggire di criticare il governo: “L’obiettivo dell’intelligence è prevenire i pericoli per la sicurezza della Repubblica e quindi dei cittadini italiani. Per fare questo c’è bisogno di una politica credibile, perché ricordiamo sempre che i servizi segreti hanno gli input da Palazzo Chigi. Renzi oggi non gode di questa credibilità, soprattutto dopo il caso Carrai”. Marco Carrai è il manager e imprenditore vicinissimo a Matteo Renzi in procinto di essere nominato dal governo come super consulente sulla Cyber Security.
LA MANCANZA DI FONDI PER L’INTELLIGENCE
Secondo uno dei relatori, il professore Umberto Saccone, 33 anni nell’Arma dei Carabinieri e nel Sismi, nonché ex direttore della Security dell’Eni, sul tema Intelligence l’Italia in generale dovrebbe ritornare indietro di qualche decennio, all’efficienza prodotta nella lotta alla mafia e nel fronteggiare il terrorismo politico che ha segnato gli anni Settanta. Per il professore serve “un modello che non deve imitare nessuno” ma piuttosto “imitare noi stessi” negli anni passati. “Il problema attualmente è noto – ha spiegato Saccone – dal momento che qualche volta i nostri Servizi si trovano in condizione di poter esprimere un potenziale addirittura inferiore a quello delle Forze di Polizia”.
LE TESI DELL’EX SISMI SACCONE
“I governi europei non hanno ancora pienamente compreso la gravità della minaccia terroristica, e lasciano i servizi di intelligence a corto di uomini e mezzi”, ha rimarcato Saccone: “Il fatto che non si siano potuti prevenire attentati come questo di Bruxelles o quello del 13 novembre a Parigi, non è colpa dei Servizi, ma delle leggi che legano le mani, costringendo spesso a lasciare sospetti a piede libero, e della politica che non pensa a modificare le normative. Inoltre si continua a non dotare i Servizi di messi e personale adeguato”, ha criticato l’ex Sismi. Si parla molto, ha concluso Saccone, “della necessità di una migliore cooperazione a livello europeo. E’ importante ma secondario. La prima cosa è che i Servizi di ogni Paese siano messi in condizione di lavorare meglio. Perché se restano deboli, anche la cooperazione europea non aiuterà”.