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Panama Papers, evasione o elusione fiscale? Parla De Nicola

“Se si tratta di evasione o elusione, lo scopriremo solo vivendo!”. Per Alessandro De Nicola, avvocato e presidente dell’Adam Smith Society, le carte svelate dall’inchiesta Panama Papers non fotografano necessariamente comportamenti illeciti da parte dei personaggi coinvolti. “Potrebbero esserci dei comportamenti border line (tipo intestarsi lo yacht a Panama) – spiega ancora l’intellettuale liberista De Nicola – che rientrano ancora nell’ambito del lecito se fatti in un certo modo, altri che invece rientrerebbero nella famosa categoria di abuso del diritto ed altri ancora che sono evasione vera e propria”.

Ecco la conversazione di Formiche.net con De Nicola.

Avvocato, innanzitutto, perché un cittadino apre un conto offshore in un cosiddetto “paradiso fiscale” come Panama?

Ci sono quattro possibilità per le quali si può costituire una società offshore, due lecite e due illecite. La prima è che ci sono affari legittimi in quel paese o nell’area, quindi Centro America o Sud America, quindi è più semplice avere una società a Panama sia per vicinanza che per una maggiore consuetudine ad aver a che fare con interlocutori internazionali. Quindi la prima ragione è questa: si fanno affari o a Panama o in America Latina.

E la seconda ragione lecita?

E’ una ragione di protezione del proprio patrimonio, cosa che facciamo tranquillamente anche in Italia. In Italia, oggi, se uno vuole proteggere il proprio patrimonio va dal notaio, fa un fondo patrimoniale per la famiglia dove mette i beni suoi e della sua famiglia e quel fondo fa sì che i beni siano protetti da eventuali creditori e così via, perché servono appunto al sostentamento della famiglia.

E al di fuori dell’Italia?

C’è un istituto che si chiama “Trust”, un istituto di origine anglosassone che serve per la protezione dei propri beni che prevede, appunto, l’amministrazione fiduciaria dei beni a favore di un fiduciario, non aggredibili dai creditori. Analogamente è possibile lo spostamento dei propri beni in un posto come Panama, per proteggerli da privati, ad esempio creditori o futuri creditori – si pensi a un amministratore delegato di una società che preferisce avere i suoi beni da qualche parte lontana rispetto alla sua area di attività. Ci possono essere anche motivi di riservatezza altrettanto rispettabili. Questo è il secondo motivo, ed è legittimo se rispetta la legge (ad esempio in Italia nel quadro RW della dichiarazione dei redditi bisogna esporre i beni posseduti all’estero) : poi si può questionare sull’opportunità che venga fatto da personalità della politica che gestiscono la cosa pubblica, ma è legittimo.

Mentre quelli illeciti?

Il terzo motivo – il primo illecito – è di evasione fiscale, ovviamente. Si tratta quindi di soldi che passano attraverso società offshore per essere occultati dal fisco attraverso una serie di scatolette: ad esempio dalla Svizzera si apre da un conto corrente cifrato – quindi solo numerico – un altro conto a Panama che viene posseduto da una fondazione nel Liechtenstein e via dicendo. questo sistema permettere di eludere il fisco del proprio paese e di evadere le tasse.

Si è parlato molto anche di corruzione e tangenti…

Rientrano nella quarta ragione: non solo evasione fiscale, ma si usano società offshore per riciclare soldi che provengono da reati veri e propri, come la corruzione o peggio (non vorrei essere macabro, ma anche il compenso di un killer non verrà mai dichiarato). Ed è questa la cosa più eclatante di questo scandalo, ossia il fatto che ci siano dei politici che mettono enormi quantità di denaro da parte e nessuno di questi ha dichiarato di avere patrimoni particolari. O amici di politici che riescono a muovere cifre come due miliardi di dollari, facendo solo i violinisti. Questi movimenti fanno nascere il sospetto – seppure non presumibile al 100% – che siano soldi che derivano da reati, il più classico dei quali è la corruzione.

Le banche possono – se possono – distinguere tra comportamenti leciti e illeciti?

Mi sembra che si sottostimi il controllo che già fanno le banche: tra le “operazioni sospette” che le banche devono segnalare ai fini della normativa antiriciclaggio ce ne sono tantissime che tranquillamente sono indice anche di evasione fiscale; quindi, per lo meno gli istituti italiani sono ben attrezzati e utilizzano spesso software sofisticati con algoritmi che individuano automaticamente l’indicatore di “allarme” e poi lo fanno verificare anche da esseri umani.



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