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Come e perché Usa e Russia battibeccano sulle elezioni in Siria

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Oggi, mentre a Ginevra riprendono i talks per chiudere con una soluzione politica la guerra (e viene segnalata l’esistenza di un’intesa segreta in merito, già siglata tra Russia e Stati Uniti), in Siria si terranno le elezioni per l’unica Camera del parlamento. Il rais Bashar el Assad ha deciso di chiamare i cittadini alle urne alla fine di febbraio, anche se potranno votare soltanto coloro che risiedono nelle aree controllate dal regime, ossia più o meno un quinto del paese per estensione territoriale (più per popolazione), lungo la fascia mediterranea.

A supervisionare l’andamento del voto sarà una delegazione inviata dalla Russia, e questo vuol dire che gli alleati migliori del regime controlleranno se il regime stesso commetterà brogli durante le elezioni. Quasi al paradosso. E infatti Sergej Gavrilov, deputato della Duma e membro della delegazione russa incaricata di supervisionare il voto, ha dichiarato già che “le elezioni confermeranno la continuità e legittimità del potere e contribuiranno ai preparativi per i colloqui di Ginevra”.

Sulla posizione opposta gli Stati Uniti: il portavoce del dipartimento di Stato Mark Toner ha definito le parlamentari “né legittime, né rappresentative del popolo siriano”. Già nel 2012 la Comunità internazionale aveva dichiarato illegittime le elezioni: quella di quattro anni fa fu la prima votazione dalla salita al potere del partito degli Assad (Hafez padre, Bashar figlio) nel 1972.

Intanto tutto intorno la guerra è ripresa, e come hanno raccontato alcuni capi ribelli ai media internazionali, il cessate il fuoco è “servito solo a riorganizzarci”. Entrambi i piloti di un elicottero d’attacco russo Mi-28 Havoc sono morti dopo che il loro velivolo s’è schiantato al suolo ieri pomeriggio nei pressi di Homs, in Siria centro-occidentale. L’Havoc (pare in versione “Night Hunter” per combattimento notturno) sarebbe precipitato dopo un non meglio definito malfunzionamento tecnico, ha annunciato il ministero della Difesa di Mosca, che precisa che i corpi dei due soldati sono stati recuperati rapidamente da una squadra di soccorso inviata dal comando russo.

Differentemente dalla versione fornita dal Cremlino, sui social network c’erano state dichiarazioni in merito all’abbattimento dell’Havoc da parte dei ribelli, ma sono informazioni non verificabili e spinte molto dalla propaganda. Qualsiasi sia la versione, per la Russia perdere un pezzo del genere è un colpo significativo.

I Mi-28, tra i più avanzati elicotteri in circolazione, erano già stati schierati in Siria ma sono stati messi in operatività da poco tempo insieme ad un altro tipo di elicotteri moderni, i Ka-50 Hokum (o 52 Hokum-B) “Alligator”, posizionati nella base aerea di al Shayrat, circa 50 chilometri a sudest di Homs, e ad Hmeymim, nei pressi di Latakia, con compiti CSAR (Combat Search And Rescue). L’aumento del loro utilizzo è coinciso con il parziale ritiro della flotta aerea annunciata dal presidente Vladimir Putin il 14 marzo.

Ci sono due considerazioni interessanti. La prima riguarda proprio il fatto che ultimamente sono stati segnalati molti voli dei Mi-28 e un calo degli attacchi aerei, e questo significa che la strategia russa è apparentemente cambiata, e consiste adesso in un supporto più ravvicinato verso i militari (esercito, milizie, iraniani) che combattono a terra: una strategia chiaramente più pericolosa e impegnativa rispetto a bombardamenti contro nemici che non hanno contraerea – per adesso. Ieri a El Eis i ribelli (più e meno estremisti) hanno ucciso decine di miliziani Hezbollah, e dunque per il momento questa nuova via non funziona granché.

La seconda considerazione si basa in parte su una speculazione: se fosse vero che l’elicottero è stato abbattuto, ma è improbabile, si tratterebbe del terzo evento del genere; cinque giorni fa era toccato ad un caccia siriano, e un altro il 12 marzo. La questione alimenta comunque le speculazioni già in corso secondo cui i ribelli hanno ottenuto i missili terra-aria, ossia quella contraerea che finora non hanno mai avuto. Gli americani da anni si rifiutano di inviare questo genere di armamenti, temendo che possano finire in mano a fazioni estremiste, mentre alcuni alleati come i sauditi pressano. Dare Manpads contraerei ai ribelli significherebbe “saltare lo squalo” sulla guerra, perché la riduzione del gap tecnico tra lealisti e ribelli, probabilmente comporterebbe l’allungamento dei combattimenti, rendendo vano ogni tentativo di negoziato; figurarsi le elezioni parlamentari.

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