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Libia, tutte le mosse petrolifere della Cirenaica

La petroliera “Distya Ameya” ha caricato al porto di Harriga, in Cireneaica, 650.000 barili di greggio pompato dai giacimenti petroliferi di Messla e Sarir, ha raccontato Omar al Zwain, portavoce dall’Arabian Gulf Oil Corporation a Bloomberg. Il carico partito da Beida sarebbe dovuto arrivare a Malta lunedì, ma è ancorata a sette miglia dalla costa senza permesso di entrare in acque maltesi. Si tratta di uno dei tentativi più concreti di vendere greggio da parte di realtà associate al governo dell’est libico (lo pseudo esecutivo di Tobruk), che nonostante le operazione di credito internazionale fornite al governo sponsorizzato dall’Onu e insediatosi a Tripoli sotto la guida di Fayez Serraj, persegue ingressi molto personali (e spinti da sponsor esterni).

Mohamed Elharari, portavoce della Noc, la società petrolifera nazionale, ha definito la vendita “illegale”, sottolinenando l’esigenza di muoversi in un’ottica unitaria e condannando il tentativo di esportare petrolio in modo indipendente. L’acquirente del carico partito dalla Cirenaica sarebbe stata la Dsa Consultancy Fzc, società con sede negli Emirati Arabi già in predicato per l’affare a inizio marzo. La linea di collegamento è nota: emiratini ed egiziani stanno da tempo fornendo sostegno e facilitazione al governo cirenaico, nonostante le pressioni internazionali affinché il parlamento HoR esiliato a Tobruk voti il sostegno politico a Serraj.

Durante una conferenza giovedì scorso a Parigi, il capo della Noc, Mustafa Sanalla, ha dichiarato l’intenzione di triplicare la produzione attuale della Libia, che è membro dell’Opec, portandola più o meno a un milioni d barili al giorno (quasi la metà degli 1,6 milioni dei tempi antecedenti alla caduta di Gheddafi). Un progetto comunque legato all’unificazione della Libia: anche per questo il nuovo governo ha chiesto alla Comunità internazionale un aiuto per proteggere i pozzi.

Dell’esistenza di una Noc parallela, soprannominata “Noc Beida” si parla da diverso tempo perché fa parte di quel progetto di divisione/partizione libica pensato da Tobruk con la sponda egiziana. L’agenzia di intelligence Stratfor il mese scorso aveva spiegato che a Beida si sentono autenticati come compagnia nazionale. Il progetto è spostarne poi la sede a Bengasi, per avere un contorno più formale. Là il generale Khalifa Haftar sta avanzando con forza sulle milizie islamiste e che controllano la città, la cui riconquista da parte delle forze di Tobruk significherebbe un ulteriore ostacolo alla riunificazione libica promossa dall’Onu e dalla linea ufficiale delle cancellerie internazionali. In questi giorni ad Haftar è arrivato anche un grosso carico di armi e mezzi da combattimento, anche quello probabilmente legato al link Emirati-Egitto.

Bloccare le vendite di petrolio, passaggio a cui si sono ostacolati sia gli Stati Uniti che l’Europa, anche attraverso alle Pfg, le guardie degli impianti, è stato da sempre uno dei paletti necessari per evitare che la Cirenaica ricevesse troppa indipendenza, ma sono presenti altri attori esterni, come gli Emeriti Arabi e l’Egitto, che hanno agende diverse. Nel 2014 Washington inviò un team di Navy Seals che fecero incursione per bloccare una petroliera carica che stava lasciando le coste libiche.

(Foto: il porto di Bengasi)

 

 


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