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Suning, ecco i segreti del colosso cinese che farà gol con l’Inter

Internazionale. Nome docet. E se nella politica evoca i fasti di un comunismo che non c’è più, nel calcio da sempre è la squadra dei Moratti (Angelo papà, Massimo il figlio) che l’hanno resa grande e che adesso diventerà cinese. Sembra quindi destinata a finire a breve termine, dopo appena tre anni, l’era di Erik Thohir, visto che i neroazzurri conoscono un nuovo investitore uscito allo scoperto con tanto di comunicato ufficiale.

Il gruppo cinese Suning è pronto a rilevare una quota iniziale del 20% dell’Inter F.C. per 50 milioni di euro con l’opzione, più che probabile, di arrivare alla maggioranza nell’arco di una stagione calcistica. Un marchio poco conosciuto in Italia quello di Suning ma che in Cina è un vero e proprio colosso, quotato alla Borsa di Shenzhen, creato da due fratelli, Zhang e Guiping Jiundolg, nel 1990 a Nanchino, città con 9 milioni di abitanti, come catena di elettrodomestici.

Alla plancia di comando siede solo Zhang, il fratello ha preferito puntare sul mattone altro settore in grande espansione in Cina, e la catena Suning nel giro di un ventennio, grazie soprattutto alla spinta del Partito Comunista che nella grande distribuzione non ha mai permesso ad aziende straniere di invadere il territorio, è diventata una società da 17,6 miliardi di dollari di fatturato – circa 15,5 miliardi di euro – con 13 mila dipendenti e più di 1700 negozi tra Cina, Giappone e Hong Kong. Da sola Suning – una sorta di Unieuro cinese – controlla circa il 20% del mercato asiatico dei prodotti elettronici e nel 2013 è stata la prima azienda straniera di ricerca e sviluppo ad aprire uno store alla Silicon Valley.

Artefice di questo successo è mister Zhang, partito negli anni Ottanta lavorando in una fabbrica di tessuti, la Haowei Group, ha poi puntare tutto sul business dei condizionatori. Oggi a 53 anni è il ventottesimo uomo più ricco della Cina e il numero 403 al mondo, secondo la rivista Forbes, con un patrimonio personale di oltre 4 miliardi di dollari. Imprenditore di successo anche negli incroci azionari, basta guardare come è riuscito a vendere il 20% di Suning ad Alibaba, azienda leader nel commercio elettronico in Asia per 4,6 miliardi di dollari e, come, allo stesso tempo, ne ha acquistato l’1,1% per 2,3 miliardi di dollari.

Il suo interesse per il calcio è assai recente e non è affatto casuale. Ma segue uno sviluppo ben preciso voluto dal presidente Xi Jinping convinto che sia il pallone il vero “oppio dei popoli” con il quale continuare a rendere grande il Partito Comunista e migliorane l’immagine a livello globale. Lo stesso presidente in diverse occasioni ufficiali è stato immortalato mentre palleggia in pubblico, basta ricordare lo show a Manchester con il primo ministro inglese David Cameron e Sergio Aguero, attaccante del City. Da qui un vero e proprio piano voluto da Xi per creare 50 milioni di nuovi giocatori entro il 2020, grazie alla costruzione di 20mila Scuole Calcio e 70mila campi con l’introduzione del soccer come materia scolastica, a partire dalle primarie, per 5 ore alla settimana. Obiettivo è prima partecipare ai Mondiali di calcio, poi ospitarli nel 2030 e vincerli entro il 2050. Pazzie? Visioni da impero? Neanche tanto. Intanto i “gendarmi imprenditoriali” si sono già mossi. Basta guardare ad un altro colosso, il gruppo Wanda che ha nel suo portafoglio Infront la società che detiene i diritti della serie A e di altri grandi eventi sportivi, oltre al 20% nell’Atletico Madrid.

Anche l’ascesa di mister Zhang è da leggere in questa direzione. Il suo interesse al calcio, come si diceva, è molto recente, risale appena allo scorso dicembre quando per 83 milioni di dollari ha acquistato il Jiangsu Sainty, squadra di calcio di Nanchino, cambiando anche il nome al club in Jiangsu Suning, chiamando in panchina Dan Petrescu (in Italia conosciuto per aver allenato il Foggia e il Genoa) e candidandosi al comando del Campionato cinese.

Ora arriverà all’Inter. Non si sa se cambierà nome alla società. Ma Internazionale dovrebbe andar bene. Almeno se i cinesi sono ancora comunisti.


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