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Banca Popolare di Vicenza, tutte le pene del fondo Atlante di Penati

Alessandro Penati, Popolare di Vicenza

Alla fine è accaduto quel che da giorni si temeva: il fondo Atlante si è dovuto fare carico di gran parte delle nuove azioni emesse dalla Banca Popolare di Vicenza (Bpvi), nell’ambito dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi che sarebbe dovuto servire alla quotazione a Piazza Affari. Ma oggi Borsa italiana ha decretato che Bpvi non può essere ammessa: “Non sussistono i presupposti per il regolare funzionamento del mercato”, visto lo scarso flottante.

I RISULTATI DELL’OFFERTA

Come annunciato dallo stesso istituto guidato da Francesco Iorio, l’offerta di azioni nell’ambito dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro finalizzato alla quotazione in Borsa si è chiusa con la sottoscrizione di appena il 7,66% dei nuovi titoli, per un controvalore di circa 115 milioni. La parte dell’aumento non sottoscritto, spiega sempre la nota, verrà rilevata dal fondo Atlante, che quindi investirà nell’aumento la super cifra di 1,35 miliardi di euro, corrispondente a quasi il 92% dell’offerta. Questo significa che il fondo “di sistema” presieduto da Alessandro Penati (è il presidente di Quaestio, la sgr che gestisce il fondo) dovrà subito sborsare ben 1,35 sui 4,25 miliardi totali raccolti in 15 giorni tra 67 diversi investitori italiani. Senza l’intervento di Atlante, che peraltro ha sostituito Unicredit, che inizialmente aveva garantito l’aumento ma poi ha preferito tirarsi indietro, per la Popolare di Vicenza sarebbe scattato il tanto temuto “bail-in”, il salvataggio attraverso il meccanismo di risoluzione entrato in vigore da gennaio.

CHE FARA’ ATLANTE

Dunque che farà Atlante ora che è di gran lunga primo azionista di Bpvi? Poiché l’esito dell’aumento di capitale era prevedibile, Penati aveva messo le mani avanti svelando la sua ricetta per la banca vicentina già in occasione della presentazione del fondo del 29 aprile: “Per una ristrutturazione bancaria di solito ci vogliono tre anni, ma io conto di riuscirci se possibile anche in 18 mesi. Se poi riesco anche a uscire dall’investimento in 18 mesi significa che sono Warren Buffet. Ci provo”. Per attuare questo processo di ristrutturazione, Penati ha dichiarato che “sarebbe quasi forse meglio che Bpvi non fosse quotata: posso prenderla, posso venderla, posso fonderla, posso spaccarla, posso fare una nuova Ipo magari a un prezzo più alto, posso fare una scissione degli npl (crediti deteriorati, ndr) magari con qualche altra banca”. In effetti lo sbarco in Borsa era in forse a causa del minimo del 25% del flottante richiesto (contro il nemmeno 8% ufficiale). E oggi Borsa Italia ha deciso, come si legge in una nota, “di non disporre l’inizio delle negoziazioni della banca” sul listino italiano, poiché in base ai risultati dell’offerta globale “non sussistono i presupposti per garantire il regolare funzionamento del mercato”.

INCOGNITA CREDITI DETERIORATI

Nel frattempo, il fondo Atlante ha anche alzato il velo su quella che sarà la propria strategia generale, non soltanto in relazione al caso della Popolare di Vicenza. In particolare, hanno colpito molto le affermazioni di Penati sui crediti inesigibili in pancia alle banche, i cosiddetti non performing loan o npl. Il presidente di Quaestio Sgr Penati ha, infatti, tenuto a sottolineare che “questo dogma per cui compriamo a valore di libro io non l’ho mai detto e non l’ho mai scritto. Dico semplicemente che c’è uno spread denaro-lettera e bisogna ridurlo”. Per capire cosa sia questa forbice di cui parla Penati bisogna considerare che gli npl, nei bilanci delle banche italiane, sono valutati a circa il 40% del loro valore originario, mentre sul mercato oggi valgono meno del 20% (basti pensare che il fondo statunitense Apollo non aveva messo sul piatto nemmeno il 18% per i crediti inesigibili di Carige, che ha appena rifiutato l’offerta). E Atlante, va ricordato, è stato concepito come fondo di sistema con la doppia finalità di garantire gli aumenti più a rischio (appunto Bpvi ma anche Veneto Banca) e di comprare gli npl in pancia agli istituti a un prezzo più alto dei nemmeno 20 centesimi a euro offerti dal mercato. Qualcuno aveva così pensato che questo significasse che il fondo guidato da Penati comprasse gli npl al valore di libro, cioè dei bilanci bancari. Ma poiché lo stesso Penati lo ha negato questo farebbe pensare a una via di mezzo tra i due estremi, magari intorno al 30% del valore originario di questi prestiti di difficile riscossione. Anche in questo caso solo il tempo ci dirà la verità.



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