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Ecco le idee clou di Stefano Parisi e Giuseppe Sala per Milano

Maria Stella Gelmini e Stefano Parisi

Nei giorni scorsi a Milano sono scesi in campo, affiancando i candidati di riferimento, sia il premier Matteo Renzi che Silvio Berlusconi. Quest’ultimo ha attribuito al voto per scegliere il nuovo inquilino di Palazzo Marino il significato di un (possibile) sfratto di un altro inquilino, quello di Palazzo Chigi. Com’è sempre stato, nel nostro Paese il voto amministrativo si riflette sugli equilibri politici generali, ma non necessariamente li determina. Il voto di Milano ha un’indubbia valenza politica ma è interesse di tutti mantenere un prevalente profilo amministrativo. Del resto Beppe Sala e Stefano Parisi sono due ottimi candidati che i cittadini dovrebbero valutare per le loro proposte e per le loro capacità. Se il confronto elettorale di giugno dovesse essere percepito dagli elettori come una sorta di pre-referendum istituzionale, gli scenari potrebbero confondersi e riservare qualche imprevisto ad entrambi gli schieramenti.

Negli ultimi giorni Sala ha messo in luce gli innegabili effetti positivi di Expo, di cui  il punto debole è oggi la mancanza di un progetto organico per il futuro dell’area. Per il passato le istituzioni preposte debbono intervenire, senza ulteriori indugi, per evitare il fallimento di alcune imprese che hanno contribuito al successo dell’evento e non sono state pagate dai committenti. Ma sarebbe assurdo circoscrivere il giudizio su Expo 2015 ai soli risultati economico-patrimoniale della società (marginali rispetto al volume degli investimenti) e non discuterne le ricadute positive sul territorio.

Sala ha anche proposto un confronto pubblico con Parisi e con gli altri candidati per discutere dei programmi, ipotizzando come sede il Forum di Assago che contiene fino a diecimila persone. I contraddittori sono necessari, al ballottaggio indispensabili, ma bisogna evitare di trasformare i dibattiti, che richiedono chiarezza e concretezza, in una rissa tra sostenitori di avversi schieramenti.

Da parte sua Stefano Parisi ha affrontato alcuni argomenti importanti.  Il primo è quello delle occupazioni illegali, su cui è stato chiarissimo. Chiunque occupa il bene di un altro, sia pubblico che privato, deve liberarlo. E la situazione è tanto più grave per i beni pubblici come le case popolari, sottratte alle 23mila famiglie in lista di attesa che non possono ricevere le chiavi perché sono occupate. Se sarà eletto sindaco chiederà al prefetto di sgomberare case e palazzi occupati. E’ una questione di principio fondamentale che va applicata con gradualità ed equilibrio ma che, oltre a combattere il  racket delle occupazioni abusive organizzate, risponde a elementari criteri di giustizia. Tanto più se si considera che l’assegnazione delle case popolari, un diritto di cui godono tutti i cittadini in disagiate condizioni economiche secondo una precisa graduatoria, è stata riservata per il 50% agli sfrattati proprio per rispondere a questa drammatica emergenza.

Il secondo è un programma per il trasporto dove, all’insegna della parola d’ordine “basta distinzioni tra centro e periferie”, si sceglie di privilegiare le linee di superficie con quattro anelli concentrici attorno a Milano per rendere più fluido il traffico e potenziare il trasporto pubblico. Nessun aumento del biglietto ordinario, nessuna nuova linea di metro, un biglietto unico per entrare nella città metropolitana. Il tutto finanziato dagli scali ferroviari e realizzato in cinque anni.  E’ una visione globale ed armonica che risponde ai bisogni della città? La proposta è chiara, sarebbe bene che i cittadini e le forze politiche e sociali (pare che i sindacati dei trasporti l’abbiano apprezzato) ne discutessero entrando nel merito.

Il terzo riguarda una proposta di “welfare competitivo” che è una sfida insidiosa per lo schieramento di centrosinistra che vive la solidarietà come proprio valore identitario. Secondo Parisi, che pone il  welfare in testa al suo programma elettorale, la chiave di volta di un salto di qualità sta nella determinazione dell’efficienza della spesa e della qualità del servizio. Di conseguenza, le risorse disponibili vanno distribuite ai soggetti erogatori, siano essi pubblici o privati, in funzione della loro capacità di soddisfare i bisogni. Parafrasando Deng Xiao Ping, si potrebbe dire che l’importanza del gatto non sta nel suo colore ma nel fatto che acchiappi i topi.

Ce n’è a sufficienza per alimentare un confronto di merito che, al di là delle differenti opinioni, sarà apprezzato dai cittadini di Milano.

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