Il mondo cattolico (gerarchie ecclesiastiche comprese) non era molto unito prima e non lo è nemmeno dopo l’approvazione definitiva alla Camera del ddl sulle unioni civili. Non c’è accordo né sulla sostanza (l’opportunità o meno di approvare questo provvedimento, con quali e quanti paletti) e nemmeno sulla strategia, se è vero che proprio oggi un gruppo di parlamentari del centrodestra annuncia iniziative per un referendum abrogativo mentre dagli organizzatori del Family Day arrivano prese di distanza verso questo percorso. Tuttavia, proprio adesso che il ddl è legge il fronte appare più compatto su questi temi. Anche se le cose non stanno proprio così.
L’INTERVENTO (TARDIVO?) DELLA CEI
Le parole di monsignor Nunzio Galantino contro il via libera definitivo alla legge (e in particolare contro il ricorso alla fiducia da parte del Governo) sono parse agli occhi degli ambienti cattolici più critici verso la legge un po’ troppo tardive. Così come l’intervista odierna al Corriere della Sera dell’arcivescovo di Chiesti-Vasto, monsignor Bruno Forte (peraltro segretario speciale dei due Sinodi sulla famiglia). In entrambi i casi, si tratta di due prelati bergogliani accusati di fare la voce grossa soltanto ora, a giochi già fatti, mentre quando la partita era ancora aperta, cioè durante la discussione al Senato, le loro posizioni sono state ben più caute e dialoganti. “E’ come se affiorasse bruciante la sensazione di non avere lottato abbastanza, di non avere opposto resistenza in modo unito e compatto”, scrive oggi la vaticanista Franca Giansoldati sul Messaggero, ricordando come Galantino abbia lasciato solo il Popolo del Family Day che a fine gennaio ha riempito il Circo Massimo, e come pure Papa Francesco abbia in sostanza ignorato quelle istanze, salvo poi ricevere in udienza nei giorni scorsi il portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli, Massimo Gandolfini. “Per certi versi – scrive la vaticanista del quotidiano diretto da Virman Cusenza – una specie di contentino, altrimenti sarebbe stato imbarazzante”.
Chi però non può essere accusato di interventi tardivi è il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che sin dall’inizio ha fatto sentire la sua voce contro questa legge, esponendosi anche alle critiche quando ha sollevato dubbi sulla mancata opportunità del ricorso al voto segreto in Senato. Ma nelle settimane di discussione del ddl Cirinnà a Palazzo Madama, il presidente Cei è rimasto piuttosto isolato. Segno che in Vaticano preferivano sposare un’altra linea.
REFERENDUM SI’, REFERENDUM NO
Dai senatori di Idea Eugenia Roccella, Gaetano Quagliariello e Carlo Giovanardi a quelli di Fi Maurizio Gasparri e Lucio Malan, fino ai leghisti Gian Marco Centinaio e Nicola Molteni, insieme ad altri esponenti fittiani, di Fratelli d’Italia e pure di Democrazia solidale (Gian Luigi Gigli e Mario Sberna) o di Italia Unica (Guglielmo Vaccaro). Sono tutti pronti, con Maurizio Sacconi, a proporre un’iniziativa referendaria per abrogare la legge Cirinnà appena approvata dalla Camera. Dal Comitato organizzatore del Family Day già ieri era però è arrivato uno stop in tal senso; l’avvocato Simone Pillon, membro del direttivo, così ha scritto su Facebook: “Non voglio sentir parlare di referendum abrogativo. Sarebbe un modo elegante per far lavorare per mesi il popolo del Family day e profittare poi dell’astensione per deresponsabilizzare i politici e cristallizzare per sempre la legge. No cari politici. Non commetteremo lo stesso errore dei tempi del divorzio e dell’aborto. Voi avete fatto il guaio e voi dovrete rimediare. Per prima cosa spazzeremo via Renzi e C. con il no alle riforme di ottobre. E poi alle prime elezioni politiche voteremo solo quei partiti che metteranno al primo punto del loro programma la integrale abrogazione di questa orribile legge”. Tuttavia, lo stesso portavoce del Comitato, Gandolfini, ha aperto in alcune dichiarazioni alla possibilità di referendum abrogativo (“useremo qualsiasi arma contro la legge, compreso il referendum abrogativo” qui l’articolo), senza però citare questa eventualità nella dichiarazione ufficiale diramata dopo l’ok della Camera in cui ha scritto che “oggi si uccide la democrazia”.
IL FRONTE SI RICOMPATTA (MA NON TROPPO)
Avvenire suona la carica titolando in prima pagina “Una legge sbagliata”, alla quale fa le pulci in un articolo che ne svela “ambiguità e svarioni”. Quindi il quotidiano della Conferenza episcopale italiana intervista alcuni parlamentari cattolici, tra cui il capogruppo di Area Popolare (sponda Ncd) alla Camera, Maurizio Lupi, che assicura: “Sui temi etici questa legislatura ha finito il suo lavoro, non consentiremo che tutto ciò che è uscito dalla porta rientri dalla finestra”. E a proposito di referendum abrogativo, lo bolla come “un grave errore” perché “spaccherebbe la società come accaduto per divorzio e aborto e spaccherebbe noi cattolici”. Si fa sentire anche il Forum delle Famiglie guidato da Gigi De Palo, che boccia una legge che “non tiene conto del Paese reale, dei milioni di famiglie che incontriamo ogni giorno e che non solo faticano ad arrivare alla fine del mese, ma che in Italia hanno smesso di credere nel futuro”. Durissimo l’intervento firmato ieri dal presidente Centro Studi Livatino, Mauro Ronco insieme allo stesso Gandolfini, in cui si denuncia l’introduzione di un regime “identico a quello del matrimonio” e “il rischio di una deriva eutanasica” (qui l’intervento). Nel frattempo, c’è spazio anche per una polemica tutta interna all’ala più conservatrice del mondo cattolico: quella tra la Bussola Quotidiana, e in particolare il direttore Riccardo Cascioli, e il direttore de La Croce nonché candidato sindaco a Roma con il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, accusato di aver aperto alla legge sulle unioni civili nella prima edizione del suo volume Voglio la mamma. Ciliegina sulla torta, il tweet che s’è beccato l’appellativo di sessista contro la ministra Maria Elena Boschi e vergato dal profilo di Generazione Famiglia, associazione tra le principali promotrici del Family Day, la quale però si è difesa dicendo che si trattava di un intervento esclusivamente politico.