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Tutti gli effetti in America latina dell’impeachment di Dilma Rousseff

“Se il Brasile starnutisce, l’Argentina prende la polmonite. Siamo uniti per sempre”. L’affermazione è del ministro degli Affari esteri dell’Argentina, Susana Malcorra. Il caos politico nel quale è sprofondato il Brasile influisce su tutti i Paesi dell’America latina. Quattro anni fa, anche il Paraguay ha vissuto una situazione simile, a causa della destituzione del presidente Fernando Lugo. Il Brasile, però, è “un continente dentro il continente”, con uno spessore economico e geopolitico molto diverso e la crisi politico-istituzionale che lo attraversa non riguarda soltanto i suoi abitanti.

L’impeachment contro il presidente del Brasile, Dilma Rousseff, sta dividendo i leader della regione in due: il gruppo “bolivariano” (Venezuela, Bolivia, Nicaragua e Cuba), che respinge il processo politico e ha cercato di applicare la clausola democratica in Unasur e Mercosur per fermare le indagini; e il gruppo più a destra (Colombia e Argentina) che preferisce restarne fuori, poiché considera la situazione una congiuntura interna del Brasile.

L’ECONOMIA ARGENTINA IN CRISI

L’Argentina è il grande partner commerciale del Brasile e il presidente argentino Mauricio Macri si è già reso conto di come l’industria del suo Paese risenta degli effetti della recessione brasiliana. Nel 2015 gli scambi commerciali tra Brasile e Argentina sono stati di 23 miliardi di dollari: secondo il quotidiano argentino El Clarin si tratta della cifra più bassa registrata negli ultimi tre anni. I due Paesi sono i più importanti soci del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale. Senza denunciare il “colpo di Stato”, il presidente argentino ha chiesto di mantenere la calma e rispettare i procedimenti previsti dalla Costituzione brasiliana per risolvere la crisi. Nonostante manchi la condivisioni di ideali politici, al governo di Macri conviene che Rousseff resti al potere, per evitare di mettere a repentaglio la stabilità istituzionale del suo Paese. I media argentini coprono le notizie che arrivano dal Brasile come se avessero rilevanza nazionale: se il Brasile crolla trascinerà con sé l’economia argentina, si dice.

IL POVERO ALLEATO VENEZUELANO

Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, insiste nel sostenere che le proteste contro Dilma Rousseff e il processo politico avviato oggi contro di lei facciano parte di “un colpo di Stato contro la sinistra latinoamericana”. L’ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è stato un grande sostenitore di Hugo Chávez, anche nei momenti più critici, ma certo è che le preferenze dell’elettorato siano cambiate. Il governo di Maduro ha perso le elezioni legislative e sta cercando di annullare le attività del nuovo Parlamento. L’opposizione venezuelana ha raccolto in poche ore più di 2,5 milioni di firme per convocare un referendum revocatorio contro Maduro; ne erano necessarie soltanto 1,7 milioni. Il Comitato elettorale nazionale ha approvato il processo, ma sta prendendo tempo per controllare le firme. Il Tribunale supremo di giustizia ha denunciato l’illegittimità del processo. La totale mancanza di divisione di potere complica la situazione, ma molti analisti sostengono che, con il colpo inflitto all’alleato brasiliano e il crollo del prezzo del petrolio, il regime venezuelano ha le ore contate.

LA PAURA DI EVO MORALES

Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha chiesto una riunione di emergenza del vertice di Unasur per fermare quello che considera un colpo di Stato della destra in Brasile. “Dobbiamo difendere la democrazia in Brasile, difendere Dilma, difendere la pace, il compagno Lula e tutti i lavoratori […] Speriamo che il fratello presidente di Unasur, presidente pro tempore, Tabaré Vázquez, ci chiami rapidamente per manifestare la nostra solidarietà ed evitare qualsiasi colpo di Stato del Parlamento o un colpo giudiziario”, ha detto Morales. Il segretario generale dell’Unasur, Ernesto Samper, ha detto che l’impeachment a Rousseff è “un linciaggio al presidente”, ma l’organizzazione, di fatto, non si è ancora pronunciata.

“Ho molta paura – ha detto il presidente boliviano – perché se c’è un colpo di Stato, i lavoratori si organizzeranno di nuovo in guerriglie e ci saranno scontri armati. Chi perde? Perde il popolo”. Negli ultimi 10 anni, durante i mandati di Lula Da Silva e Rousseff, gli scambi commerciali con la Bolivia sono aumentati del 600%, secondo il canale brasiliano TVNBR. Morales ha visto sfumare la possibilità di rinnovare, per la quarta, volta il mandato dopo che ha perso il referendum per la riforma costituzionale.

IL SOSTEGNO DELL’AMICA BACHELET

Michelle Bachelet non è solito pronunciarsi sulla situazione politica interna ai Paesi vicini, ma il rapporto con Dilma Rousseff è sempre stato diretto e pieno di affetto e ammirazione, anche dal punto di vista personale. Per questo motivo, il presidente del Cile è stato chiaro nell’esprimere il suo sostegno all’omonima brasiliana: Rousseff è “una donna onesta e responsabile che sta facendo il meglio per il Brasile”. Il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, ha preferito invece restare in silenzio sulla crisi brasiliana, nonostante il governo di Rousseff abbia sostenuto il processo di pace con le organizzazioni terroristiche Farc ed Eln.


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