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Clinton e Trump, come procede la baruffa sulle dichiarazioni dei redditi

E’ battaglia sulle dichiarazioni dei redditi tra Hillary Clinton e Donald Trump: un assaggio di quello che sarà lo scontro dopo le convention tra i candidati democratico e repubblicano alla Casa Bianca. Il magnate dell’immobiliare di New York si rifiuta, per il momento, di renderle pubbliche, perché – dice – “agli americani non interessa” e perché “non c’è nulla da scoprire”. Ma la ex first lady incalza ricordando che lei e suo marito Bill le rendono note da trent’anni e invitando a “chiedersi perché Trump non voglia farlo”.

I democratici possono già concentrare attenzioni e attacchi sullo showman conservatore, mentre c’è ancora fermento fra i repubblicani sull’opportunità di appoggiarlo o meno nella sfida di novembre. Il rivale di Hillary, Bernie Sanders, che resta in corsa, pur senza speranze, punta sul fatto di avere, a suo dire, carte migliori dell’ex first lady contro Trump.

Che, all’offensiva sulle dichiarazioni dei redditi, risponde con argomentazioni diverse, nessuna delle quali davvero convincente. Inizialmente, aveva sostenuto di non poterlo fare perché esse sono oggetto di accertamento: il che può valere per l’ultima, o le ultime, ma non certo per tutte. E ieri ha bruscamente risposto “Non sono affari vostri” a chi gli chiedeva qual è l’aliquota fiscale che paga. Stessa risposta aveva già dato a giornalisti della Abc e dell’Ap: “Dalle mie dichiarazioni la gente non apprenderà nulla di nuovo. Quando l’esame sarà finito, le diffonderò, non ho problemi a farlo”. E nega di avere conti offshore.

Secondo il magnate, gli elettori non hanno diritto di conoscere la sua dichiarazione dei redditi, né sono interessati a farlo. Ma la Clinton ci batte sopra: i candidati dei due partiti, infatti, rendono normalmente pubbliche le loro dichiarazioni. E l’ex first lady trova alleati inattesi, come il candidato repubblicano 2012 alla Casa Bianca Mitt Romney, che a suo tempo, durante la campagna, pubblicò le sue dichiarazioni. “C’è solo una spiegazione logica al rifiuto del signor Trump di diffonderle: contengono una bomba”, scrive Romney su Facebook.

Com’è nel suo stile, lo showman non resta sulla difensiva: attacca Jeff Bezos, fondatore e ceo di Amazon e proprietario del Washington Post, che userebbe il giornale per non pagare le tasse. Bezos ”usa il Washington Post per condizionare i politici così che questi non decidano di tassare Amazon come dovrebbero”. Le dichiarazioni di Trump seguono l’annuncio del Washington Post, giornale non certo amico, che si appresta a pubblicare un libro su di lui. Il direttore Martin Barron respinge le accuse. ”Non abbiamo ricevuto istruzioni da Bezos” sulla copertura della campagna elettorale; e la decisione di pubblicare un libro sui Trump è stata solo editoriale.


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