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Panama papers, cosa fa l’Italia contro riciclaggio ed evasione

Non cala l’attenzione globale sull’evasione fiscale. Questa settimana l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), ha tolto il velo sull’inchiesta sui Panama Papers, la grande fuga di notizie dei documenti prelevati dalla Mossack Fonseca, uno dei principali studi legali panamensi specializzato nei conti offshore, mettendo a disposizione sul proprio sito un motore di ricerca per cercare informazioni sulle 200mila società coinvolte nell’inchiesta. Mentre sempre sulla scia dello scandalo Panama Papers il presidente Barack Obama sta studiando delle contromisure per rendere più trasparente la registrazione delle imprese e contrastare evasione fiscale e riciclaggio. E in Italia?

Secondo il “Rapporto di mutua Valutazione” redatto dal Gafi (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) e dal Fondo Monetario Internazionale i rischi di riciclaggio per il nostro Paese sono significativi e derivano soprattutto da illeciti fiscali, fenomeni di criminalità organizzata, reati di corruzione, traffico di droga, usura.  Ma – si legge nello studio – , funziona bene rispetto a tanti altri Paesi in quanto a trasparenza e controllo soprattutto in ambito societario. Domenico Cambareri, membro del Consiglio nazionale del Notariato commenta l’atteggiamento delle società anglosassoni, il ruolo delle organizzazioni internazionali e spiega la peculiarità italiana in una conversazione con Formiche.net.

LE MISURE DI OBAMA

Il presidente Barack Obama ha annunciato che emetterà un decreto esecutivo per eliminare le scappatoie utilizzate dagli stranieri negli Stati Uniti e per chiedere al Congresso l’approvazione delle nuove norme. Tra le misure previste per combattere il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo, l’evasione fiscale con una stretta alle regole di trasparenza ci sono nuove norme per evitare che entità straniere possano nascondere la propria attività finanziaria dietro a società anonime in Usa. Regole più severe nella verifica della clientela per le banche che gestiscono denaro per conto terzi.

Tra queste – ha spiegato Italia Oggi  – c’è quella che costringerà banche, broker e fondi di investimento Usa a registrare e conservare i nomi delle persone fisiche titolari di società. “L’obbligo è contenuto nella “procedura semplificata di vigilanza nei confronti dei clienti”, una norma amministrativa la cui adozione è stata annunciata dal dipartimento del Tesoro Usa. Le banche saranno dunque tenute a conoscere i titolari di una società e a trasmettere queste informazioni alle autorità. Qualsiasi persona fisica o giuridica proprietaria di oltre il 25% del capitale di una società dovrà essere soggetta a una verifica analoga. I cittadini stranieri che creano imprese individuali a responsabilità limitata saranno d’ora in poi obbligati a identificarsi presso l’Internal revenue service, il fisco Usa”.

IL RUOLO DELLE SOCIETÀ INTERNAZIONALI

Il quadro vede coinvolti e intrecciati i paesi tra di loro soprattutto con grandi flussi di denaro che vengono verso l’Europa e gli Stati Uniti dai nuovi mondi emersi negli ultimi dieci anni e verso i quali le organizzazioni internazionali hanno assunto un atteggiamento di prudenza: “Si sta creando una sensibilità internazionale molto forte su questo tema, mentre fino a qualche anno fa la sicurezza giuridica legata alle società era un tema quasi irrilevante che cedeva il passo all’ideologia liberista propria del mondo anglosassone che la riteneva un freno al mondo degli affari”, ha commentato Cambareri sottolineando che “l’aspetto forse più interessante è che il tema della sicurezza è stato sollevato in modo tecnico negli ultimi anni dalle grandi organizzazioni internazionali, come l’Ocse, la Banca mondiale e il Gafi”.

Questa maggiore consapevolezza è legata ad una circostanza: “Negli ultimi dieci anni si è creato un flusso gigantesco di fondi provenienti dai paesi dell’Est Europa, dall’oriente e da tutto il mondo finanziario che gravita attorno ai fondi sovrani dei paesi arabi, o dalla stessa Cina, verso soprattutto il mondo occidentale e dentro questi flussi si sono inseriti i finanziamenti al terrorismo e i proventi del mondo illegale soprattutto dell’evasione fiscale e del riciclaggio”, spiega il notaio.

LE CRITICITÀ DELL’ITALIA

Redatto dal Gafi, l’organismo internazionale deputato al controllo dell’antiriciclaggio e dal Fondo Monetario Internazionale, il rapporto dettagliato di valutazione del nostro paese distribuito qualche mese fa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze evidenzia note dolenti e punti di forza del nostro paese: “Si tratta di uno studio corposissimo dal quale sicuramente emergono criticità proprie del nostro paese in particolare, e di alcuni paesi latini in generale, cioè di una certa criminalità organizzata che investe in imprese dedite al riciclaggio”, commenta Cambareri.

I PUNTI DI FORZA

“In questo studio – prosegue il membro del Consiglio nazionale dei notai – il Gafi parte dall’assunto generale che il nostro Paese funziona bene rispetto a tanti altri Paesi perché ha due importanti pilastri: i registri, innanzitutto, in particolare il registro imprese, ricchissimo di informazioni, e molto trasparente. Se lo paragoniamo con gli analoghi registri delle imprese dell’Inghilterra o degli Stati Uniti d’America c’è un abisso: da noi si trova una quantità infinita di informazioni sui soci, sui bilanci e sulle vicende societarie, cosa che a fatica e senza alcuna attendibilità avviene in quei paesi dove molto spesso si è costretti a rivolgersi a studi legali pagando cifre stratosferiche per capire cosa c’è dietro una società”.

L’altra cosa che in questo rapporto evidenzia il gap di altri Paesi rispetto all’Italia è il ruolo del notariato: “I notai sono fortemente protagonisti perché la maggior parte dei dati che vengono pubblicati nel registro delle imprese soprattutto all’origine, quando una società nasce e nelle sue vicende modifiche, vengono dai notai, che lo fanno con la precisione tipica notarile e con l’attenzione all’antiriciclaggio dimostrata. Sul totale delle segnalazioni provenienti dai professionisti nel 2015, quelle inviate dal notariato continuano infatti ad essere la maggioranza, attestandosi sul 54% (su 5.979 di SOS totali, 3.227 vengono da notai)”.

SEMPLIFICAZIONE E CONTROLLO

Trasparenza societaria, ma non solo. Il sistema italiano sposa bene il controllo di legalità con la rapidità della costituzione societaria e quindi con la semplificazione: “Da noi una società di capitali la puoi costituire e scrivere in formato digitale ormai in un giorno e la conferma viene dal dossier sulla competitività mondiale Doing Business della Banca Mondiale dove l’Italia è al pari degli USA e decisamente davanti alla Germania nella sezione starting a business. C’è un’estrema rapidità ma la costituzione delle società passa sempre per il filtro notarile. Rapidità, quindi, trasparenza dell’informazione e controllo di legalità che svolge il notaio e se occorre anche andando incontro alle esigenze dei giovani per facilitare l’imprenditoria giovanile”, conclude Cambareri.



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